AGGIORNAMENTO (28/04/2015):
La feature è stata completamente rimossa da Steam in seguito alle vaste e prolungate proteste della community. Per maggiori dettagli, potete leggere qui.
ARTICOLO ORIGINALE (25/04/2015):
Due giorni fa Valve ha annunciato e reso immediatamente operativo un sistema di vendita di mod sul Workshop di Steam. La proposta è stata immediatamente accolta con estrema negatività da moltissimi utenti, e anche se i grandi giornali in gran parte sono rimasti abbastanza silenziosi sull’argomento c’è parecchia agitazione alla base della piramide.
Molte persone stanno esprimendo molte opinioni diverse, ma praticamente nessuno sembra appoggiare apertamente e basta quello che sta succedendo. Tutto questo, comunque, adesso non mi interessa: vorrei guardare solo alla fredda realtà delle cose e analizzare meglio la struttura del mercato del modding che Steam ha lanciato.
Il sistema, a mio avviso, ha alcune falle fatali che minano sia le garanzie dei consumatori che la sua tenuta intrinseca nel lungo periodo. Ho pensato di esporle in alcuni punti, per maggiore chiarezza e facilità di lettura.
1) La suddivisione degli incassi
Attualmente solo una parte minoritaria degli incassi delle mod vendute va al modder stesso: il 25%. Dove vadano a finire esattamente gli altri soldi è piuttosto confuso e ci sono teorie discordanti, quindi non scendo oltre nei dettagli, ma sta di fatto che non è certo il realizzatore a tenere il coltello dalla parte del manico.
Per di più, a quanto pare il modder non vede un solo centesimo fino a quando non ha accumulato 100$ di introiti per se stesso (quindi la mod deve avere venduto per 400$ totali), al che avviene il pagamento da parte di Steam, esclusivamente in dollari. Questo significa che se una mod vende ma non arriva mai a 400$ di incassi totali i soldi guadagnati dal modder non sono neanche il 25%, ma lo 0%.
La quota ottimale è uno dei punti più dibattibili, perché siamo davanti ad un caso senza precedenti e non abbiamo paragoni sicuri con cui fare confronti, ma sta di fatto che il sistema attuale lascia a chi effettivamente ci mette il lavoro solo le briciole. Tutto questo avrà l’effetto di disincentivare enormemente eventuali modder davvero capaci e disposti ad impegnarsi che intendessero trasformare la loro passione in professione, bloccando sul nascere l’unica cosa buona che potrebbe venire fuori da un’iniziativa di questo tipo.
2) I vari problemi di copyright
In neanche due giorni alcune mod messe in vendita sono state ritirate per problemi di copyright. La spiegazione è molto semplice: è molto facile che mod o parti di mod vengano riutilizzate da altri modder, e ci sono alcuni tool di scripting amatoriali per Skyrim che vengono impiegati da centinaia di altre mod. Tutto va bene e nessuno dice niente finché si è in amicizia e si lavora per passione, ma quando i soldi entrano nell’equazione il sistema si rompe.
Giustamente alcuni modder si sono chiesti perché altre persone dovrebbero guadagnare sfruttando pezzi del loro lavoro, e sono iniziati immediatamente i guai. Chesko, l’autore della prima mod rimossa per problemi di copyright, ha spiegato che neppure i legali di Steam si erano posti particolarmente il problema, e gli avevano dato l’ok per vendere “Art of the Catch” nonostante richiedesse degli script da un’altra mod, non sua e distribuita gratuitamente.
E questo copre solo i casi più “leggeri” legati al copyright. Alcune persone hanno già letteralmente rubato delle mod gratuite da vari siti e hanno tentanto di rivenderle come proprie su Steam, venendo segnalati poi da altri utenti o dai realizzatori originali.
Ovviamente anche cercare di vendere mod create ispirandosi a libri, film o altri videogiochi verrebbe facilmente impedito, e il salto da un ambiente amatoriale e senza scopi di lucro ad un mercato in piena regola potrebbe facilmente fare adottare ai detentori di proprietà intellettuali famose una politica di tolleranza zero nei confronti di tutte le mod, anche quelle gratuite.
3) La garanzia di 24 ore
Chi ha provato a chiedere un rimborso su Steam in passato sa che le speranze di ottenerlo sono una su un milione. Lo Store non offre restituzioni mai e comunque, neppure per i titoli in Early Access, neppure se lo sviluppo viene dichiaratamente fermato a metà (o prima, vedi The Stomping Land).
Con le mod la situazione è poco diversa: l’utente ha fino a 24 ore dal momento dell’acquisto per chiedere un rimborso, che in quel caso gli verrà garantito senza se e senza ma, ma poi fine. Scaduta la prima giornata, la transazione è irreversibile.
Ci sono un miliardo di possibili modi in cui tutto questo può andare storto per il consumatore, e non credo di doverveli elencare uno per uno. Più mod potrebbero andare in conflitto tra loro (magari anche dopo un aggiornamento successivo alla pubblicazione), il gioco stesso potrebbe venire modificato dallo sviluppatore in qualsiasi momento e generare problemi, o più banalmente la mod acquistata potrebbe avere bug o conflitti che non si rivelano immediatamente (pensate ad un’intera storyline di quest).
Finché una mod è gratuita nessuno pretende nulla dai creatori, e a volte alcune cose smettono semplicemente di funzionare col tempo per un motivo o per un altro; capita, e ce ne si fa una ragione. Ma, se per quel qualcosa si ha pagato, la situazione è drasticamente diversa.
4) I modder hanno tutto il potere, gli utenti nessuno
I due punti precedenti sarebbero infinitamente meno seri, se non ci fosse anche quest’altro piccolo inconveniente: una volta che la mod è venduta, il modder se ne può completamente lavare le mani. Steam non lo lascia intendere, lo scrive esplicitamente nelle regole del Workshop:
In poche parole, si deve sperare che il modder sia così gentile da fixare eventuali problemi incontrati. Aggiungeteci che nessun dipendente di Steam, o anche solo collettivo di utenti, è incaricato di provare le mod prima che vengano messe in vendita, quindi nulla presuppone che dei problemi non possano esserci già in partenza.
La follia di tutto questo cresce esponenzialmente quando si considera che i venditori delle mod stesse fanno da moderatori nelle discussioni sui loro prodotti, bannando nel caso vogliano gente a destra e a sinistra, e che per di più solo gli acquirenti di una mod hanno accesso alle discussioni sulla medesima.
Quindi eventuali nuovi compratori hanno 24 ore non solo per provare la mod loro stessi e controllare personalmente che non ci siano problemi, ma anche per scorrere il forum e studiare i report passati – perché, ripeto, prima di avere pagato si possono leggere solo i titoli dei topic dei vari oggetti in vendita, e non le discussioni intere. Tutto questo, comunque, nel caso il modder non censuri le lamentele e basta, cosa apparentemente in suo pieno potere.
5) Steam se ne sta a braccia conserte e incassa
Questo è più un problema etico che di diritti dei consumatori, ma sono anche convinto che sia la cosa che sta facendo infuriare di più la gente.
Qualcuno non vuole che i modder facciano soldi in nessun caso. Molti non vogliono un paywall per certi contenuti. Ma nessuno, tra tutti quelli che si stanno esprimendo contro questa iniziativa, trova una giustificazione nelle richieste economiche di Steam in rapporto all’impegno che ci mette, e sono convinto che questa sia la fonte maggiore della rabbia e dell’indignazione generale. Valve non sta permettendo ai modder di guadagnare col loro lavoro, sta sfruttando la loro potenziale disperazione per guadagnarci lei per prima.
E questo è qualcosa che praticamente nessun utente “consapevole” accetterà di buon grado, ora o mai.
Si potrebbe creare un gruppo di dipendenti che come minimo visioni le richieste di monetizzazione sulle mod, imponga certi requisiti minimi e riduca l’enorme flusso di proposte ad una piccola élite di lavori di qualità superiore. In questo modo si avrebbe almeno la certezza di pagare per qualcosa al di sopra della media, testato ed approvato, similmente a quanto già in atto da tempo per Counter Strike e Team Fortress 2. Sarebbero sempre DLC third-party, ma DLC testati e promossi da qualcuno che ci metta la faccia, e con la certezza che i beneficiari dei pagamenti siano persone dalle capacità di livello professionale, e non potenziali ladri o truffatori.
Steam è in una posizione di assoluta dominanza nel mercato videoludico su PC, e ha quasi il monopolio della distribuzione digitale. Ha tutto il potere nelle proprie mani, e tutte le risorse per gestire un mercato simile con criterio e un minimo di equità. Ma non ha nessuna intenzione di farlo, perché dal caos più totale ha solo da guadagnarci, almeno sul breve periodo.
In questa vicenda, Steam è a tutti gli effetti come un vassallo medievale: se vuoi passare dal ponte nelle sue terre, devi pagare il pedaggio. Non vuoi pagare? Vai a nuoto, e prega il Signore di non annegare, già che ci sei. Invece di usare la propria influenza per promuovere un’iniziativa, regolarla e darle una forma costruttiva, si sta facendo pagare una quota per il solo esistere ed essere lì, in una posizione da cui ormai è impossibile non transitare.
Mi chiedo anche seriamente se in queste circostanze non si stia sforando il limite imposto dalle leggi antitrust americane, che vietano a qualsiasi compagnia l’abuso di posizione dominante (e fare letteralmente soldi sulla sola inesistenza di alternative concorrenti non mi suona particolarmente pro-pluralismo).
Nel frattempo…
La petizione contro la vendita di mod sul Workshop sta per sfondare la soglia delle 100’000 firme, e stanno nascendo alcuni gruppi su Steam stesso, il più grande dei quali conta già 8’000 partecipanti. Il grosso della gente chiede l’eliminazione di ogni forma di paywall, ma molti sono favorevoli all’idea di donazioni su base volontaria, che sarebbe una sorta di blando compromesso.
La popolarità di Steam ha subìto un calo immenso tra la sua base d’utenza più attiva, e praticamente tutte le sotto-comunità di giocatori su PC in siti e forum vari hanno preso molto a cuore la questione e hanno agito unanimemente con un responso negativo. Il dissenso è molto più esteso e razionalizzato di quanto a prima vista si potrebbe pensare, e questo braccio di ferro non sembra affatto destinato a svanire da solo in breve tempo – e lo scrive qualcuno che di sicuro non vede una rivoluzione mondiale ogni volta che una minoranza arrabbiata fa un po’ di casino.
Cosa succederà, solo il tempo potrà dirlo. Ma siamo davanti ad un punto di svolta, comunque vada a finire. Valve ha spezzato un equilibrio con implicazioni molto più profonde della sola apertura di un’altra pagina del negozio su Steam.