Total War: Warhammer è l’ultimo titolo del franchise Strategico-Tattico della serie Total War, che per la prima volta si distacca dalla rappresentazione di scenari storici e si getta in un universo fantasy – più precisamente quello di Warhammer Fantasy, creato da Games Workshop negli anni ’80 come ambientazione per vari giochi da tavolo.
Al primo impatto Total War: Warhammer non si discosta troppo dagli altri capitoli della serie, ma a ben vedere opera una lunga serie di grandi e piccole modifiche che gli permettono di impostare un ritmo di gioco decisamente inedito. Ma, tra il cambio totale di contesto e le scelte più radicali che gli sviluppatori hanno fatto, qual è il risultato finale? Cerchiamo di capirlo.
Nota: generalmente per le recensioni utilizzo solo immagini catturate personalmente da me, in modo da essere assolutamente sicuro che rappresentino il gioco reale. Il problema, in questo caso, è che il mio PC (che monta una scheda video sopra ai requisiti minimi, ma largamente al di sotto di quelli consigliati) non mi permette di andare neanche vicino a giocare a Total War: Warhammer rendendo giustizia ai suoi settaggi massimi.
Per questa ragione, seppure utilizzerò comunque alcune immagini catturate da me, le integrerò con altri screenshot presi dall’Hub di Steam, segnalando ovviamente di caso in caso la provenienza originale.
Fede, acciaio e polvere da sparo
Vecchio Mondo, nuovo gameplay
La campagna di Total War: Warhammer è a prima vista quella tradizionale di qualsiasi altro titolo della serie: si sceglie una tra 4 fazioni (Impero, Orchi e Goblin, Nani o Conti Vampiro), che controllano delle regioni del mondo predeterminate e da lì devono iniziare ad espandersi armando eserciti, potenziando le proprie città e cercando di utilizzare la diplomazia per forgiare alleanze, con un’impostazione generale a turni. Chiunque abbia giocato anche un solo Total War da Rome 1 in avanti conosce già perfettamente tutti i fondamentali, e gli altri non ci metteranno molto ad interiorizzarli.
Le novità sul fronte generale della campagna, tuttavia, sono diverse. La prima, e più evidente, è che il sistema di conquista è stato in una certa misura reso asimmetrico, e di conseguenza “binarizzato” (in mancanza di un altro termine altrettanto preciso). Non ogni razza sulla mappa di campagna può infatti occupare e colonizzare ogni città: le fazioni di Umani del continente (Impero, Bretonnia, Kislev, Tilea, Estalia e Principati di Confine) e i Conti Vampiro possono occuparsi gli insediamenti a vicenda, ma non hanno modo di insediarsi nelle terre di Nani, Orchi e Norsmanni. Nani e Orchi, a loro volta, possono solo sottrarsi regioni a vicenda, mentre i Norsmanni non possono possedere alcuna città all’infuori di quelle nella loro penisola.
Tutto questo può sembrare estremamente limitante sulla carta, ma nella pratica ha l’effetto interessante di dare un peso diverso alle varie guerre in cui potreste finire coinvolti. Se è vero che l’impossibilità materiale di espandersi in una certa direzione è un indirizzamento forzato verso le altre opzioni possibili, questo sistema crea automaticamente per tutti quanti un nuovo tipo di potenziale nemico, cioè uno che effettua razzie di confine, ma non può spingersi in profondità nel vostro territorio con l’usuale estrema facilità.
In parallelo al potenziamento e al ribilanciamento delle – da Shogun 2 in avanti di fatto inutilizzate – opzioni di saccheggio e distruzione di un insediamento assaltato con successo, il risultato finale è un po’ meno “aperto” che in passato, ma non per questo meno sistemico. Insomma, se anche si è (già comunque per via degli obiettivi di campagna, in ogni caso) spinti con un po’ più forza che in passato in una data direzione, l’imprevedibilità degli scenari che si producono rimane alta, e tutta la partita ne risulta un po’ più variegata.
Le altre meccaniche della fase strategica del gioco hanno goduto a loro volta di qualche piccola opera di razionalizzazione e variazione. Ora tutti i personaggi, cioè i Lord (ex Generali) e gli Eroi (ex Agenti), hanno degli alberi di livellamento più chiari, aperti e variegati, possono equipaggiare oggetti magici in aggiunta agli aiutanti e non esiste alcun invecchiamento, ragione per cui si è più incentivati a tenerli in vita sul campo. Il sistema di costruzione a Province non è cambiato troppo da Rome II, ma la gestione delle città è stata rimescolata in modo da avere dagli edifici solo bonus, senza malus, eliminando l’obbligo di produrre contrappesi e relegando l’ordine pubblico ai fattori esterni (che sicuramente si sono fatti più pressanti).
La diplomazia (probabilmente per la prima volta nella serie) funziona in tutto e per tutto come dovrebbe, senza tradimenti improvvisi e incomprensibili da tutte le parti, e con un sistema che premia la costanza e la coerenza, che vi obbliga a lavorare sodo per ottenere dei risultati ma allo stesso tempo dà loro un vero valore tangibile. Pur mancando un paio di opzioni che potrebbero risultare utili (ad esempio “cessa la guerra con” e “cedi/richiedi Insediamento”), l’aggiunta della funzione di “inglobamento” delle fazioni affini e molto amiche, dotata anche di contrappesi interni, fa della politica un gioco sufficientemente ragionato, ma comunque incapace di sostituirsi per importanza alla vera e propria azione militare.
Per come si sviluppa la campagna col passare dei turni, con gli inevitabili “accorpamenti” di territori sia leggermente contenuti nella forma che resi meno rapidi nel tempo rispetto al passato da una serie di fattori, anche l’end game funziona meglio. Dopo un certo numero di turni inizierà infatti la discesa del Caos, suddivisa in più ondate, e a quel punto le fazioni più a nord e senza solidi rapporti di alleanza rimarranno col cerino in mano, mentre gli altri li useranno come scudi umani in preparazione allo scontro. È bene notare però come nella maggior parte dei casi il Caos non rappresenti la fine della partita, ma solo un enorme fattore passeggero di ribilanciamento, che “svuota” grandi porzioni di territorio seguendo il percorso che offre minore resistenza e crea, a giochi apparentemente fatti, lo scenario per nuovi conflitti.
Il risultato complessivo sulla mappa di campagna per Total War: Warhammer è un qualcosa di decisamente più coerente ed equilibrato di Rome II, che segue un proprio flusso e ritmo piacevole e gestibile dal giocatore, incentrato su meno elementi conflittuali e sparsi, e che riporta la gestione degli aspetti puramente militari al centro di tutto.
Chi si aspetta grandi quantità di micro-management e ama tenere dietro ad ogni piccola cifra che compone il totale forse rimarrà deluso e potrebbe vedere nelle novità una “semplificazione” del gioco, ma a mio modesto parere le cose funzionano più di quanto non si sia mai visto in passato, e tanto basta per promuovere il nuovo sistema.
… poi diventerò davvero kattivo
Se la campagna e gli aspetti “Grand-Strategy light” sono da sempre una buona metà dei Total War, le battaglie sul campo sono l’elemento che sa attirare di più l’attenzione, e per buoni motivi. Warhammer non fa eccezione, e riesce ad integrare nelle meccaniche delle iterazioni più recenti una lunga serie di novità, un sistema fisico più tangibile e una struttura di tipo “carte forbice sasso” più sfumata e malleabile.
Le novità palesi, anche qui, sono tante. Cominciando dalla magia (a volte utilizzata come abilità del comandante più potenti, più spesso per causare danni diretti di varia natura), ben regolata dal sistema dei Venti della magia (ogni esercito ha un pool finito a due scompartimenti di punti spendibili per lanciare incantesimi, con i punti che si trasferiscono lentamente da quello di riserva a quello attingibile), per passare a tutte le tipologie di unità volanti, le strategie fondamentali di gioco sono sicuramente cambiate, e per ogni vecchia tattica bene o male a prova di bomba si apre lo scenario a molti più potenziali inconvenienti.
Questo non significa che il ritmo e il sentore generale delle battaglie non sia simile a quello già visto in Rome II. Con ingaggi potenzialmente veloci e cruenti, unità da tiro capaci di decimare reggimenti poco corazzati e un sistema di inerzia finalmente all’altezza, gli elementi “realistici” di logica militare non vengono sicuramente messi da parte o in ombra dalle novità meno realistiche. È, al contrario, proprio la fusione di componenti concrete e tangibili con altre impossibili e fantastiche a rendere intense e sentite le battaglie.
Ci tengo a spendere un paragrafo per parlare degli assedi, se non altro per fare presente che finalmente – dopo 15 anni e più di Total War durante i quali la miglior reazione che suscitavano erano tanti punti di domanda e la peggiore tanti punti esclamativi misti ad asterischi, nuvolette nere e teschietti – c’è un senso tangibile dietro ad essi. Il prezzo da pagare è stato ridurre la mappa ad una sezione di città, assaltabile solo da uno o due lati e non più da tutti e quattro, ma ora c’è veramente un combattimento sentito per prendere il controllo delle mura, le poche alternative a disposizione possono tutte più o meno avere un senso in determinate circostanze, e ogni bug legato al pathfinding sembra essersene andato per sempre.
Un’altra considerazione impossibile da evitare è quella riguardo l’estrema asimmetricità delle varie fazioni. Se fino ad oggi, bene o male, ogni armata aveva a disposizione un paio di tier di fanterie leggere e pesanti, picchieri, arcieri e cavalieri, in Total War: Warhammer si ha attinto a piene mani al lavoro pluridecennale di Games Workshop nella scrittura del background e degli eserciti dell’universo di Warhammer Fantasy, arrivando ad un qualcosa di molto più tematico e radicale.
L’Impero è la fazione “a tutto tondo”, più rappresentativa di un tradizionale esercito di Total War, con fanterie un po’ di tutti i tipi, cavallerie leggere e pesanti, tiratori e artiglieria in abbondanza. I Pelleverde hanno a loro volta un po’ di tutto, ma puntano più sul numero che sulla qualità e riservano gran parte delle scelte d’élite a mostri di varia stazza e natura. I Nani sono molto più statici, dotati solo di fanterie pesanti, tiratori e artiglieria, ma compensano con la resistenza e la tenacia di ogni singola unità. I Conti Vampiro, per finire, sono completamente privi di ogni forma di attacco a distanza, ma hanno mostri e creature volanti in abbondanza, e gestiscono la perdita di morale in modo diverso dagli altri (iniziando a subire danni extra anziché fuggire).
Il mix è perfettamente riuscito, e produce un roster tanto ampio quanto vario, ma in cui i giocatori tanto di Total War quanto di Warhammer Fantasy riusciranno facilmente ad individuare delle logiche intelligibili di army-building.
Pittura acrilica
Sulla grafica di Total War: Warhammer non dirò molto, in primo luogo perché come ho già scritto sono impossibilitato per causa di forza maggiore (il mio PC che inizia davvero ad avere bisogno di una GPU nuova) a spingere al massimo il titolo, e in secondo perché l’estetica generale è semplicemente ottima, coesa e vivace, producendo risultati più che apprezzabili su macchine di ogni fascia.
Il gioco è anche davvero scalabile in termini grafici, e i report di problemi seri di esecuzioni in condizioni normali (ovvero, non con 160 unità in gioco) sembrano rari. I modelli e le texture, in particolare, passano da qualcosa dell’epoca di Shogun 2 ad un grado di dettaglio che fino a qualche anno fa era lecito aspettarsi solo in titoli dalla scala visiva ben più ridotta.
La parte più sorprendente e lodevole di tutto quanto resta sicuramente la trasposizione visiva della lore e delle miniature di Warhammer Fantasy, che prendono vita come mai prima d’ora. Creative Assembly si è anche saputa giostrare perfettamente nel difficile lavoro di separare i design del gioco da tavolo da replicare esattamente e quelli troppo vecchi o dall’aspetto fuori tema, che era consigliabile rivedere almeno in parte.
L’audio segue ancora la strada intrapresa da Rome 2, con un narratore/consigliere doppiato (molto bene) in italiano e tutte le altre voci lasciate in inglese. Devo dire che in questo caso, con una presenza e un ruolo più marcati e distaccati del consigliere dal resto della partita, come scelta ha almeno un po’ di senso; l’effetto si fa un po’ strano quando si entra in una Battaglia Incarico (l’equivalente delle vecchie Battaglie storiche, che ora però sono giocabili anche durante la campagna in condizioni particolari) e si è accolti dal parlato in inglese, d’ufficio senza sottotitoli, del generale.
Il resto dell’audio è solido e competente, con una colonna sonora non propriamente memorabile ma decisamente viva e piacevole, e degli effetti sonori per la maggior parte credibili e calzanti.
Avaria!
Tenendo a mente che sto scrivendo con ancora solo la patch del Day 1 installata, e premettendo che il gioco non ha problemi di esecuzione diffusi o particolari, ci sono diverse piccole cose che si potrebbero sistemare.
Nella campagna, il problema principale riguarda l’IA: è troppo scaltra. Quando si alza il livello di difficoltà sopra a “Normale”, come di consueto, l’IA riceve una serie di bonus nascosti ad economia, cap vari e statistiche; il problema è che l’IA di Warhammer si rende conto di questi bonus, e li sfrutta al massimo per barare nel modo più efficiente e sfacciato possibile. I due risultati principali sono, alle difficoltà più elevate, uno spam senza pietà di Eroi usati per assassinare e danneggiare a destra e a sinistra in modo quasi incontrastabile, e l’abuso del movimento maggiorato sulla mappa, che le permette di attaccare una città e nello stesso turno fuggire sempre immediatamente oltre la portata degli eserciti del giocatore.
Anche sul campo di battaglia ci sono diverse cose da rivedere, soprattutto in termini di bilanciamento. Se tutto l’insieme regge più che bene, è palese come alcune unità e incantesimi siano molto più efficaci di altri a parità di costo, e abbiano bisogno di una risistemata.
I problemi più gravi riguardano gli incantesimi di danno diretto (perché il loro danno non scala a seconda dell’opzione grafica di dimensione delle unità, quindi in base a come si imposta il gioco possono diventare decisamente troppo potenti o troppo deboli) e alcune cavalcature mostruose (principalmente i draghi), che per una serie di ragioni complesse legate al funzionamento della fisica e della logica di gioco subiscono troppi danni troppo in fretta appena finiscono in corpo a corpo; ma la lista potrebbe andare avanti, e ogni esercito ha almeno un’unità troppo versatile e una completamente da evitare.
Fa particolarmente specie anche l’albero di potenziamento di Lord ed Eroi, dove tutte le abilità costano indistintamente 1 punto, ma alcune sono indubbiamente utili, mentre altre sono sostanzialmente ininfluenti (si veda, per esempio, la scelta tra aumentare discretamente la Disciplina di tutte le unità vicine al Generale, oppure ridurre del 10% il cooldown di un singolo incantesimo).
Tutto questo si può decisamente notare giocando, ma non me la sento di dire che intacchi veramente l’esperienza in senso lato. Non ne sto tenendo conto nel dare un voto al gioco, ma sappiate comunque che lo Steam Workshop, come extrema ratio, offre una serie di semplici soluzioni artigianali a diversi problemi segnalati.
La parte di TW: Warhammer più abbandonata a se stessa, ad ogni modo, è il multiplayer, dove si può scegliere solo tra hostare una partita privata o mettersi in un matchmaking comune, e dove (ovviamente) tutti gli squilibri già presenti nella campagna si fanno ancora più gravi, in alcuni casi anche grazie ad un prezzaggio delle unità discutibile. Il multiplayer, in sostanza, al momento è una sorta di abbozzo su una pagina per la maggior parte ancora bianca, e di cui non sappiamo ancora cosa Creative Assembly abbia intenzione di fare.
Per finire, ci tengo a spendere qualche altra parola sulla localizzazione italiana, che vive degli squilibri evidenti e difficili da comprendere. Per due terzi buoni il gioco è stato tradotto con cura, precisione e una particolare attenzione a mantenere tutte le diciture canoniche italiane di Warhammer Fantasy; per il rimanente terzo, si vedono errori di battitura o coordinazione grammaticale, uno stesso termine tecnico del gioco tradotto in modi diversi in pannelli diversi, frasi dal significato confuso e alcune scelte di lessico completamente fuori contesto. Total War: Warhammer è perfettamente giocabile e comprensibile in italiano, ma la sensazione che almeno il lavoro di rilettura finale sia stato lasciato a metà la trasmette.
WAAAGH
Total War: Warhammer non è una rivoluzione totale, non è un qualcosa che mantiene il nome e poco più della sua saga di appartenenza, ma è sicuramente un discreto salto rispetto a tutti gli altri capitoli della serie. Tra il nettissimo cambio di contesto, l’alterazione di un buon numero di meccaniche e la produzione anche con quanto è rimasto invariato di dinamiche nuove pongono inevitabilmente uno steccato tra esso e il suo franchise madre, e fanno sì che lo si possa definire “qualcos’altro”.
Cosa sia questo “qualcos’altro”, ho cercato di spiegarvelo al meglio nel corso della recensione: è un gioco per molti versi più snello, più intuitivo e con meno varietà d’azione, che presenta un set più coeso di regole e situazioni, ma che allo stesso tempo fa di tutto per dare il maggiore valore possibile a ciascuna di esse, puntando a rendere ogni interazione più pregnante.
Ci saranno scuole di pensiero diverse a riguardo, ma la mia personale opinione è che Warhammer funzioni meglio di quanto abbiamo visto sfornare da Creative Assembly come minimo nel recente passato, e possibilmente da sempre. L’ambientazione fantasy e la ben maggiore varietà a cui si presta sono di certo una parte fondamentale dell’equazione, ma credo non vadano minimizzate le molte scelte prese a livello sistemico.
Sul buon risultato generale, comunque, penso non ci sia molto margine di dibattito.
In termini di contenuti, con le 4 fazioni del gioco base (ognuna con una campagna formalmente simile ma nella sostanza asimmetrica e dall’approccio diverso), tutti i livelli di difficoltà, le battaglie personalizzate e la (per il momento magra) modalità multiplayer c’è di sicuro materiale a sufficienza per garantire come minimo 50 ore di gioco, e potenzialmente già molte di più.
Benché siano stati promessi molti altri contenuti, sia gratuiti che a pagamento, anche così Total War: Warhammer è tutt’altro che un guscio vuoto; ma soprattutto è un titolo ben funzionante, vario e in definitiva divertente.
Pur non potendolo (almeno per il momento) chiamare un successo assoluto su tutta la linea, TW: Warhammer non solo integra alla perfezione il brand di Games Workshop nella propria formula canonica, ma dà vita ad un titolo ben impostato e ricco di contenuti, comprensibile ma all'occorrenza complesso, e in definitiva uno degli apici del franchise.
Resta da vedere come si muoveranno nella pratica Creative Assembly e SEGA per il supporto post-lancio, ma il primo passo è sicuramente stato fatto nella direzione giusta, e già ora non necessita di particolari correzioni.
- Gameplay ben studiato, razionalizzato e internamente coerente, sia sulla mappa di campagna che sul campo di battaglia.
- Praticamente per la prima volta nella serie, gli assedi hanno un loro senso e non sono più basati su bug ed exploit.
- Rappresentazione quasi maniacale del gioco da tavolo e della lore di Warhammer Fantasy.
- Lavoro artistico ottimo e comparto grafico più che degno.
- Sonoro piacevole, anche se non indimenticabile.
- Supporto allo Steam Workshop, di cui la community sta già facendo ampio uso.
- Al momento il multiplayer è poco più che una bozza.
- Si sente il bisogno di qualche passata di ribilanciamento generale.
- Localizzazione italiana un po' singhiozzante, a tratti ottima e a tratti confusionaria e imprecisa.
- Alcune meccaniche della serie, prima su tutte le battaglie navali, sono andate almeno temporaneamente perdute.