The Witcher 3 è l’ultimo titolo della serie polacca ispirata ai libri di Andrzej Sapkowski, con protagonista il witcher Geralt di Rivia, uccisore di mostri professionista dalle capacità sovrumane. Si tratta di un RPG completamente open world, che pure mantiene una forte preponderanza narrativa e ruota tutto attorno alle vicende e al carisma del protagonista. Ma come le intenzioni si traducono in fatti? Vediamo di capirlo.
Preciso che tutte le immagini e i video che vedrete nel corso dell’articolo sono stati catturati da me personalmente dalla versione PS4 del gioco.
Magia pura
Lupo bianco in caccia
The Witcher 3 è impostato su una struttura open world ad esplorazione ed azione quasi totalmente libera, ma in cui la trama principale si prende un certo rilievo in quanto a motrice degli eventi generali e dei tempi della partita (contrariamente, per esempio, a The Elder Scrolls, dove ogni missioni principale è tecnicamente e ludicamente parlando identica a tutte le altre).
L’antefatto della vicenda è che Geralt reincontra la sua amata Yennefer, una maga, ed entrambi vengono incaricati dall’imperatore di Nilfgaard di trovare Ciri, di cui si è trovata qualche traccia dopo anni. Ciri è la figlia illegittima dell’imperatore, ma è anche una quasi-witcher a cui Geralt aveva praticamente fatto da padre adottivo; la ragazza è però inseguita dalla Caccia selvaggia, per ragioni ignote, e Geralt deve ricostruire il suo viaggio e ricongiungersi a lei prima che sia troppo tardi, questo muovendosi in un paese lacerato dalla guerra.
La storia principale dètta i ritmi della partita, sbloccando man mano nuove regioni della mappa, aprendo la strada ad alcune sequenze di eventi e obbligando a prendere delle decisioni le cui conseguenze diventano evidenti solo col passare del tempo. Ma, per quanto la vicenda di Ciri sia approfondita e curata, non può che diluirsi fin quasi a perdersi nell’oceano che è tutto The Witcher 3.
Il mondo è diviso in cinque mappe, e complessivamente è immenso. Se Vizima è poco più che un hub necessario alla trama e Bianco Frutteto e Kaer Mohren sono spazi tutto sommato contenuti, sia la regione di Novigrad che le isole Skellige potrebbero benissimo fare ciascuno da mappa di un intero RPG, e ne avanzerebbe ancora. Mi è difficile fare delle misurazioni, ma stando a tutta una serie di numeri che ho trovato (e a quello che ho visto coi miei occhi) non credo di sbagliare di molto se parlo di più di tre volte l’estensione totale del mondo di Skyrim.
Se la dimensione della mappa da sola può impressionare, quello che lascia sconvolti è la cura messa in essa: il grosso degli ambienti è stato visibilmente creato a mano, producendo anche un buon numero di visuali suggestive, e le “zone riempitivo” tra i tantissimi punti di interesse sono ben costruite e non sembrano mai distese di asset ripetuti meccanicamente, ma reali tratti di pianura, foresta o campi, ognuno con qualche piccolo sentiero, edificio o elemento distintivo.
In poche parole, ogni metro quadrato del gioco è sostanzialmente credibile, anche e soprattutto inquadrandolo nell’insieme, e se si moltiplicano i metri quadrati totali per la cura riposta in ognuno di essi si arriva ad un livello di impegno che raramente credo sia stato usato per l’ambientazione di qualsiasi titolo con pretese grafiche di questo livello.
E se il mondo è già pieno, ricco e vario visivamente, il livello del gameplay che lo concerne non è da meno. Le quest presenti nel gioco sono una quantità esorbitante, e molte di esse si legano in qualche modo all’ambiente e presentano una situazione credibile e un minimo articolata.
Come promesso non c’è l’ombra di fetch quest (ovvero non c’è nessuno che vi dice una battuta in croce e vi consegna una lista della spesa di oggetti generici da portargli), e ogni singola missione ha davvero un suo perché e una sua compiutezza, dai lunghi e articolati viaggi alla ricerca di Ciri all’imboscata che alcuni banditi vi tendono pagando un bambino per ingannarvi e trascinarvi in un vicolo buio. Per quanto una missione possa essere modesta, veloce ed accessoria non lascia mai l’impressione di avere giocato un riempitivo che serve solo a far allungare artificialmente il conteggio sull’orologio.
Le stesse quest, in aggiunta a quanto già detto, occasionalmente “dialogano” anche le une con le altre, producendo nel risultato finale un intreccio degno della trama di una serie televisiva. Una missione può alterare il corso o le opzioni di altre, personaggi che appaiono in più filoni di missioni hanno frasi o comportamenti diversi in base a cosa avete fatto prima e come, il gioco spesso si accorge se per caso avete già fatto per conto vostro qualcosa che non vi era ancora stato chiesto esplicitamente, e una vicenda che sembra finita e conclusa apre improvvisamente a nuovi eventi inaspettati.
Penso che questo e Baldur’s Gate 2 siano gli unici RPG della storia in cui gli eventi sistemici sono scriptati (passatemi la battuta). Un giorno stavo camminando per Oxenfurt, quando un gruppo di soldati mi ha fermato e ha cercato di estorcermi dei soldi; mi sono rifiutato, è arrivato un comandante e li ha fatti tornare alle loro postazioni; ero passato da quello stesso punto decine di volte, ma non era successo nulla fino ad allora; non so cosa abbia attivato l’evento, ma ci sono svariati altri esempi simili che potrei fare. Ho smontato la predica di un fanatico religioso, e alcuni giorni dopo dei mercenari inviati da lui sono venuti a cercare di uccidermi. Ho mandato via degli uomini che insidiavano una ragazza e l’ho riaccompagnata a casa, sentendomi rispondere che non era necessario, e poco dopo me la sono vista saltare fuori dal nulla e aiutarmi nel mezzo di un combattimento con dei criminali, per dimostrarmi che sapeva badare a se stessa. Penso che l’apice assoluto comunque rimanga la volta in cui Geralt si è messo a litigare con un barbiere per il taglio di capelli che gli aveva fatto.
Il flusso della parita è comunque regolato, in qualche misura. Ogni quest ha una “difficoltà” prefissata, legata al livello di Geralt. Il bilanciamento è tale per cui periodicamente è bene completare un discreto numero di missioni secondarie prima di proseguire con la questline maggiore, ma allo stesso tempo se si continua ad ignorare la trama principale vi troverete a raccimolare troppi pochi punti esperienza per fare il salto necessario ad affrontare gli incarichi accessori “di grado successivo”.
Si è quindi lasciati liberi di fare tutto quando si vuole, ma per forza di cose ci sono attività che hanno la priorità su altre, indicando una sorta di ordine generale che da una parte limita forse il senso di avventura e casualità degli eventi, ma che dall’altra assicura che dall’inizio alla fine della partita si abbia sempre per le mani una buona varietà di incarichi.
Fuori da quelle che definirei “quest” nel senso stretto del termine c’è un’altra lista di attività a cui partecipare, luoghi da visitare e cose da fare. Dalle corse di cavalli (che, ad essere franchi, sono forse la parte che rende meno onore al gioco), al recupero di tesori ed oggetti, all’eliminazione di tane di mostri alla semplice ricerca per vostra iniziativa di ingredienti per una pozione, è veramente difficile dire che il gioco manchi di varietà e stimoli.
Un accenno a parte lo merita sicuramente il Gwent, un gioco di carte collezionabili dentro al gioco che permette a Geralt di acquistare, trovare e vincere nuove carte, costruire mazzi tematici e confrontarsi con decine di giocatori che offrono un livello di sfida molto variabile. L’IA è sorprendentemente abile a leggere le situazioni e adottare strategie di base in risposta allo stile di gioco che tenete, e anche se occasionalmente si nota qualche mossa un po’ strana o sconveniente da parte sua basta a tenere vivo il Gwent per tutta la durata del gioco principale. C’è da dire che questo nuova soluzione per avere un “gioco nel gioco” è un po’ più fuori tema rispetto a quanto visto in passato (e inspiegatamente auto-referenziale su The Witcher 3 stesso), ma l’aggiunta di un ulteriore livello di gameplay nell’insieme male non fa di sicuro.
Tra la caccia ad un wraith e una partita a carte, ad ogni modo, l’orologio continua a girare, e i contenuti di The Witcher 3 sembrano esaurirsi molto più lentamente del vostro tempo libero, intanto mantenendosi sempre approfonditi, curati e vari ad un livello basilare. Non so quanto ci voglia per fare tutto, ma anche solo per fare molto le 100 ore non sono davvero un traguardo impossibile.
In termini di tempo più qualità per ogni euro speso, The Witcher 3 ha una delle migliori offerte che il genere abbia mai visto. Quest principale a parte, potrebbe tranquillamente essere spaccato in due giochi e ciascuno di essi sarebbe ancora perfettamente accettabile e apparirebbe compiuto e pieno. Se avete il difetto di farvi prendere dagli RPG state attenti, da questo potreste non uscire letteralmente più.
Una spada è per i mostri…
The Witcher 3 è giocato tutto in terza persona con tradizionali controlli di movimento oggettivi (quindi non da carro armato/Resident Evil). Geralt può correre, saltare, arrampicarsi e nuotare, grazie ad un moveset ampliato rispetto allo scorso capitolo che dà allo strigo gli strumenti per spostarsi davvero in totale libertà nel mondo di gioco, senza percorsi prefissati da seguire e intere zone rese off-limits da muri invisibili.
La prima aggiunta degna di nota sono appunto i salti (), che se eseguiti vicini ad un ostacolo o una sporgenza permettono di scavalcare o arrampicarsi. È attivo anche un sistema fisico automatico che regola gli spostamenti di salita e discesa dei pendii, che se non è exploitabile ai livelli assurdi a cui The Elder Scrolls ci ha abituato rimane lo stesso imperfetto e funzionante solo al punto di impedire (quasi sempre) che si prendano delle scorciatorie poco ortodosse nei rari casi in cui gli sviluppatori vi dicono chiaro e tondo “No, si va per di là o niente”.
Questa nuova aggiunta sarà particolarmente apprezzata da chi si ricorda ancora le circumnavigazioni chilometriche a cui gli steccati di The Witcher 1 obbligavano, ma in generale non viene sfruttata molto come meccanica di gioco, e tecnicamente è poco più che abbozzata. Le cose sono scombinate a tal punto che occasionalmente mentre si scivola verso valle si può rotolare in salita, con totale sprezzo dell’inerzia e del buon senso.
Altra aggiunta degna di nota è quella dell’interazione con l’acqua. Si può ora nuotare: come a terra, ci si sposta con la sola levetta sinistra e si accelera con , mentre e fanno procedere perfettamente verso il basso e l’alto. Si può addirittura combattere in acqua, ma gli scontri sono limitati all’uso della balestra (R1), e consistono di fatto nello sparare ripetutamente pregando che la vita dei nemici finisca prima della vostra.
Se si vuole arrivare su un’isola ma non ci si vuole bagnare, l’alternativa è usare una barca. I controlli sono molto semplificati ( accelera, freno/retromarcia), ma perfettamente funzionali per qualcosa che alla fin fine si usa molto di rado. Le barche possono anche subire danni sbattendo contro qualcosa o venendo colpite da dei mostri fino ad affondare, ma bisogna mettercisi davvero apposta per vederlo succedere anche una sola volta in tutta la partita.
L’ultima grossa novità nelle meccaniche di gioco libere è ovviamente la possibilità di cavalcare. Geralt può chiamare a sé in qualsiasi momento Rutilia, la sua cavalla, salirle in groppa () e partire al galoppo (di nuovo , si va più veloce se si preme rapidamente due volte). Il cavallo si tiene automaticamente sui sentieri battuti senza bisogno di sterzare manualmente, ma non capisce dov’è la destinazione e come arrivarci, e ogni tanto si impelaga da solo contro un muretto o un albero, quindi non potete solo “lasciarvi trasportare”, il grosso del tempo dovete comunque stare attenti a dove state andando.
Il cavallo è estremamente comodo per raggiungere un luogo lontano senza viaggi rapidi attivi nelle vicinanze, perché (oltre alla velocità in sé) vi fa evitare con grande facilità di dover combattere con ogni singolo lupo e nekker del continente ogni volta che mettete piede fuori da una città. Ma, spesso, può essere sostituito appunto dai viaggi rapidi, le cui postazioni sono presenti in gran quantità e permettono di spostarsi immediatamente dall’una all’altra, a patto di avere già visitato di persona la destinazione almeno una volta.
A regolare le statistiche, e quindi l’efficacia in combattimento di Geralt, è in primo luogo il suo livello: ad ogni aumento di livello le statistiche crescono automaticamente, si possono equipaggiare oggetti migliori (armi e armature hanno un livello minimo per essere usati) e si ottengono punti da spendere. Si accumulano punti esperienza uccidendo nemici (davvero pochissimi) e completando missioni, con le missioni principali in prima linea nell’aiutarvi a crescere rapidamente e a fare, di conseguenza, da ritmo della partita.
L’inventario di gioco è notevole, ed è ben impostato e gestito. Tra gli oggetti che troverete esplorando i punti di interesse della mappa e quelli per cui recupererete gli schemi di crafring, rivedrete l’arsenale base di Geralt innumerevoli volte. Armatura, guanti, pantaloni, stivali, le due spade e la balestra sono tutti sostituibili individualmente, e anche se la statistica fondamentale di ogni pezzo d’equipaggiamento di norma è “danno” o “armatura” troverete alcune armi più efficaci contro gli avversari corazzati, altre che potenziano i vostri segni, altre ancora che hanno una probabilità di incendiare, congelare o avvelenare i nemici, e così via. Alcuni oggetti sono anche potenziabili incastonandoci degli appositi glifi, che aggiungono ulteriori bonus specifici.
Anche il sistema di crafting è incredibilmente esteso, forse persino più di quello che è ragionevole impiegare nel corso della partita. Geralt può creare un lungo compendio di sostanze alchemiche, pozioni, unguenti, mutageni e via dicendo semplicemente conoscendone la formula e avendo a disposizione gli ingredienti; buona parte di questi oggetti non è veramente “consumabile”, perché dopo averla creata la prima volta si ha sì un numero limitato di usi immediati (le bombe e le pozioni si possono impiegare una manciata di volte prima di esaurirsi), ma non appena si fa passare qualsiasi lasso di tempo meditando gli utilizzi vengono ripristinati automaticamente spendendo alcoholest o, in mancanza di quello, con qualsiasi altro liquido alcolico in possesso dello strigo.
Si possono realizzare su commissione anche armi ed armature, per cui bisogna rivolgersi ad un fabbro (e servono comunque anche il progetto e i materiali richiesti). Si possono forgiare sia oggetti generici sia leggendari unici impossibili da ottenere altrimenti, i cui progetti si recuperano in missioni apposite e che possono venire realizzati soltanto da uno di due fabbri esperti presenti in tutto il gioco, anch’essi da contattare e mettere in condizione di lavorare tramite delle missioni. I fabbri possono poi “smontare”, per ricavare dei materiali utili, non solo equipaggiamenti veri e propri, ma anche una lunghissima serie di oggetti generici che si trovano in giro e a cui una tasca dell’inventario è dedicata.
Una cosa che vi troverete a fare parecchio nel corso del gioco è seguire tracce di vario tipo usando i sensi sovrannaturali di Geralt. L’interfaccia è praticamente identica a quella già usata in The Witcher 2, solo che questa volta non serve bere nessuna pozione per attivare la “visione alternativa”, solo tenere premuto R2: in questo modo gli oggetti interagibili del mondo si colorano di giallo, e tutto quello che è legato alla missione in corso, come orme, macchie di sangue o persino odori, diventa rosso. I sensi da witcher si possono usare in qualsiasi momento, e anche quando non è previsto che vi appoggiate ad essi sono utili per individuare persone e mostri a grande distanza, che vengono indicati con delle onde bianche in corrispondenza della loro direzione e i cui suoni vengono amplificati, permettendovi di fare qualche iposeti su cosa state per incontrare prima ancora di essere a gittata per vederlo.
Esclusi i dialoghi con tutte le loro ramificazioni, l’attività “progredente” che occupa più tempo è probabilmente il combattimento, che credo sia il caso di spiegare un po’ meglio.
Le meccaniche generali ricordano sostanzialmente il modello Arkham, ovvero i controlli sono liberi ma Geralt tende ad “agganciare” da solo un bersaglio ad ogni colpo e a regolare portata e movimenti in base alla sua posizione, ma i tempi con cui vanno presi gli scontri sono un po’ particolari, e spesso si gioca più di rimessa che d’offesa. È anche possibile mirare un nemico nel senso più immediato del termine, alla Dark Souls per intenderci, ma sembra più che altro un’opzione di comodo pensata per quando si sta affrontando un unico avversario in modo da evitare di dargli le spalle accidentalmente o di perdersi con la telecamera; contro svariati nemici (il grosso dei combattimenti) è preferibile mantenere una visione più ampia della situazione e una maggiore mobilità di bersaglio.
Gli attacchi base sono due, uno leggero () e uno pesante (); il primo è, come da copione, più rapido ma meno potente, mentre il secondo causa più danni e fa più facilmente perdere la parata al nemico, ma impiega più tempo per essere lanciato. Attaccare e basta non consuma nessuna barra della stamina o del fiato e si può continuare ininterrottamente a concatenare colpi, anche alternando i due tipi. Spesso buttonmashare e basta però non funziona, perché molti nemici tendono a liberarsi dalle vostre serie di fendenti e a contrattaccare in vari modi: alcuni schivano, altri parano, altri ancora sono semplicemente troppo grossi per venire storditi e rallentati dalle ferite subite.
E Geralt ha a disposizione, a sua volta, ben tre mosse per difendersi: bloccare/parare (si tiene premuto L2 per deviare i colpi, si para e contrattacca in automatico alzando il blocco nel momento in cui parte l’attacco nemico), schivare con un saltello o una piroetta () e fare una lunga rotolata evasiva (). Anche in questo caso la scelta migliore dipende dal tipo di avversario: contro gli umani di solito si riesce a parare facilmente, mentre nemici più rapidi e che attaccano ripetutamente in massa, come un branco di lupi o un gruppo di drowner, si gestiscono meglio continuando ad eseguire schivate corte e mirate; quando si combatte un mostro di grandi dimensioni, come una viverna o un golem, la rotolata è utile per evitare colpi lenti e prevedibili ma dalla grande portata.
Rotolare è l’unica di queste mosse che consuma una piccola quantità di vigore; ma il vigore ha soprattutto un’altra funzione, quella di alimentare i segni. I segni sono cinque magie che Geralt conosce fin dall’inizio del gioco e che si possono usare durante un combattimento per ottenere vari effetti. Quelli che si impiegano più spesso sono Igni (vampata di fiamme) e Aard (ondata telecinetica che sbilancia o atterra i nemici), ma Quen (il primo danno subìto viene ignorato) è ottimo contro nemici che attaccano poco ma fanno molto male, Axii (un avversario viene bloccato sul posto con le difese abbassate finché non lo si ferisce) facilita l’uccisione di avversari che parano spesso, e Yrden (area circolare che rallenta i nemici all’interno) permette di gestire avversari molto rapidi e rende più vulnerabili gli spettri.
Usare un segno (R2) svuota l’indicatore del vigore, che deve riempirsi completamente prima di poterne usare di nuovo uno. Tutti i segni hanno anche una funzione alternativa (tenere premuto R2), che va prima sbloccata spendendo i punti dell’aumento di livello.
Un combattimento contro alcuni drowner; non la mia migliore esibizione, ma un ottimo esempio di come quando si affrontano svariati avversari alla volta basti distrarsi un attimo o fare la mossa sbagliata per venire soverchiati e andare in difficoltà. Se non fossi stato di un livello molto maggiore dei mostri, sarei probabilmente morto.
(Preciso che questo video è stato registrato con la sola patch del day one installata, e quindi la performance che vedete non è indicativa di quella attuale del gioco.)
Geralt può avere con sé anche alcune armi extra, principalmente una balestra e delle bombe di vario tipo (che crea lui stesso). Tutti questi oggetti (e il segno attivo) si equipaggiano da un menu di scelta rapida che si apre con L1, e poi si usano con R1 (con un tocco la mira è automatica sul bersaglio a cui si guarda, mentre tenendolo premuto si mira manualmente e il tempo rallenta).
Altro accessorio a disposizione del witcher, ed elemento distintivo del personaggio, sono proprio le pozioni. Dal menu dell’inventario si possono assegnare due consumabili ad altrettanti slot rapidi (legati alle frecce in su e in giù del d-pad) che si possono usare anche durante uno scontro. I principali sono appunto le pozioni e i decotti, i cui effetti sono i più disparati: le più semplici rigenerano la salute o aumentano la forza d’attacco, ma la maggior parte produce risultati più strani, come l’aumento della resistenza per ogni ferita subita, vedere tutto in bianco e nero per orientarsi meglio al buio o migliorare le proprie doti di nuoto. L’effetto di tutte le pozioni si smaltisce col tempo e finché rimane attivo accresce la tossicità del corpo di Geralt, fino a un punto limite in cui si inizia a perdere salute da soli.
Anche i vari cibi vengono assegnati agli stessi due slot delle pozioni e si possono usare durante uno scontro, ma tutti, indistintamente, rigenerano un po’ di salute e basta. E sì, ci si può ancora ubriacare, anche se l’effetto sul gameplay è meno pesante di una volta.
Per finire, con l’alchimia Geralt può creare una serie di unguenti, da applicare alle proprie spade prima di uno scontro per ottenere un bonus limitato nel tempo contro tipi diversi di nemici. Tutti gli avversari sono legati ad un unguento (che può essere, ad esempio, anti-vampiri, anti-costrutti, anti-ibridi e così via), ma di tutti quanti vanno trovati, come per il resto, prima la formula e poi gli ingredienti.
Tutti i nemici nel gioco hanno un livello, che ne determina le statistiche; lo stesso tipo di mostro, quindi, può presentarsi con livelli di sfida abbastanza diversi, tutti legati puramente a quanta salute ha e quanta ne toglie. Questo sistema è un po’ a doppio taglio, perché da una parte permette di non buttare via completamente nessun mostro in nessun momento del gioco, ma dall’altra rimuove personalità e unicità ai nemici, artificializzandoli molto e cancellando il senso di realismo che ci si aspetterebbe da un mondo di questo tipo. Perché quel lupo muore con un colpo, mentre questo mi uccide con un colpo? Sono sempre lupi! Ah, già, il numerino sulla sua testa è diverso…
Detto questo, i mostri sono comunque abbastanza ben caratterizzati e distinti, almeno per quello che è lecito aspettarsi da un open-world con così tanti pezzi a comporre il puzzle. Con avversari diversi bisogna adottare tattiche fondamentali diverse, e in qua e là sono stati aggiunti piccoli tocchi per rendere più unici e personali gli scontri. I mostri volanti volano sul serio e attaccano con delle rapide picchiate, obbligando ad abbatterli con la balestra o con il segno Aard, si affrontano umani a cavallo, e i nemici più grossi possono facilmente stordire Geralt quando lo colpiscono, se non farlo volare per svariati metri, e così via.
Una possibile critica al sistema di combattimento è che il grosso dei nemici ha a disposizione un solo “livello” di attacchi, che siano lenti e ampi o veloci e precisi; questo significa che la risposta migliore richiesta è sempre una sola per ciascuno, e che se un trucco funziona la prima volta si può banalmente continuare ad usarlo all’infinito.
È poi forse un po’ più grave che alcuni segni diventino facilmente exploitabili proseguendo nella partita, e che uniti ad un’IA di solito poco aggressiva (e in casi eccezionali quasi apatica) rendano tutta una serie di scontri completamente sbilanciati a vostro favore anche quando non dovrebbero esserlo. Spammare la versione alternativa di Igni, schivare per un po’ e poi ripetere mi ha tirato fuori con estrema facilità da un po’ troppe situazioni, e la versione alternativa di Quen potenziata al massimo vi regala salute a volontà senza quasi nessun rischio. Ma anche questo, tutto sommato, è un po’ parte della partita, e quando si affrontano nemici veramente forti a difficoltà alta la tensione non manca comunque.
In conclusione, il combattimento di The Witcher 3 è piacevole da vedere e sorprendentemente facile da controllare una volta che ci si fa la mano, raggiungendo un’ottima via di mezzo tra il rendere Geralt finto e fluttuante e il farne un carro armato impacciato e frustrante da controllare; lo strigo ha il potenziale di danzare tra i colpi degli avversari e rispondere con fendenti mirati, ma dovete metterci voi il lavoro di coordinazione e riflessi per riuscirci, e quanto i nemici sono semplicemente troppi o troppo veloci bisogna pensare in fretta a un piano B, dando fondo al vostro arsenale di pozioni e ammenicoli vari.
Ci sono un po’ di alti e bassi, e la progressione non è gestita o bilanciata sempre con precisione chirurgica, ma nel grosso dei casi combattere in tempo reale in situazioni e contro nemici anche molto diversi non annoia né fa aggrottare le sopracciglia – che in un titolo di questo tipo e con questa impostazione è un risultato per niente scontato. Per farla breve, il gioco non vi tiene di sicuro per mano, ma non vi mette neanche su un pulman per l’inferno con un biglietto di sola andata.
Vista da gatto e udito da pipistrello
Polemiche sui “downgrade” a parte, che per ovvie ragioni resteranno fuori da questa recensione, il risultato tecnico raggiunto da The Witcher 3 è per certi versi lodevole, mentre per altri un po’ sofferente per via delle immense ambizioni della struttura di gioco. Preciso anche che questo capitolo parla solo ed esclusivamente della versione PS4 del gioco, perché quella ho visto e giocato.
La parola chiave per descrivere l’aspetto generale di The Witcher 3 è “atmosfera”. Il grosso delle vedute funziona principalmente grazie ad un ottimo lavoro artistico di composizione degli ambienti, scelta dei colori, dinamicità che il mondo stesso trasmette e uso mirato di alcuni tocchi aggiuntivi molto efficaci.
Molti paesaggi che si incontrano, nonostante l’enormità della mappa, sono stati chiaramente rifiniti a mano per evitare l’effetto “stesura automatica” di asset e la ripetizione di schemi che facciano apparire tutti i contesti simili come copie di un unico modello. Questa cura maniacale nella creazione del mondo nasconde bene il riciclo di asset ambientali e aiuta tantissimo a dare una personalità distinta ad ogni angolo di terra in cui si finisce. Se le varie regioni mantengono sempre elementi ben distintivi, con una propria vegetazione e morfologia distintiva, il Velen non è solo un’infinita distesa di prati e alberi, e le Skellige non sono un’unica pianura giallastra con qualche conifera. Spesso ogni angolo di mondo sembra avere una propria storia da raccontare, anche solo con l’aspetto.
Parlando da un punto di vista più puramente tecnico, il solo difetto evidente del gioco è il livello di dettaglio di molti degli asset presi individualmente. Illuminazione, ombre, simulazione fisica del vento e quant’altro sono praticamente impeccabili, ma qualche volta non bastano comunque a nascondere i limiti di texture a bassa risoluzione e una vegetazione con qualche alto e molti bassi.
Uno dei problemi maggiori, alla fine, rimane il pop-in. Se in condizioni normali il level of detail tenuto della versione PS4 è più che buono, in certi ambienti si vedono letteralmente le cose cambiare completamente di definizione o persino aspetto a pochi metri dal giocatore; sembra più un problema di streaming degli asset che di level of detail vero e proprio (ovvero, il gioco non ha l’ordine di caricare la texture migliore a pochi metri da voi, ma se continuate a spostarvi non ce la fa materialmente a stare dietro a tutto quanto, quindi qualcosa esce dal ciclo ideale e viene posticipato). Per dirne una, nel Velen più di una volta Rutilia verrà spawnata senza accessori addosso o persino senza coda, e i pezzi vanno ad aggiungersi con calma.
In generale, la tenuta del gioco sotto il profilo tecnico sembra dipendere molto da situazione a situazione, con la città di Novigrad probabilmente l’ambiente più critico in assoluto, ma va detto che gli sviluppatori si sono impegnati per costruire un ordine di proprità per la console che appunto causi pop-in, anche di componenti non puramente grafiche (a volte, per esempio, vengono caricate le persone ma ci vuole qualche secondo in più perché diventi possibile iniziare con loro un dialogo), ma praticamente mai cali sostenuti nel tempo del frame rate, che invece con tutte le patch installate non è proprio perfetto, ma assolutamente accettabile per un titolo di questo tipo.
Cercando di riassumere, The Witcher 3 raggiunge un ottimo compromesso tra un comparto tecnico necessariamente indebolito dalla struttura open world e un lavoro artistico e effettistico eccellente. La pecca più grande, più che alcuni asset a bassa risoluzione, risiede probabilmente nei fenomeni che spezzano il continuo, cioè i pop-in più decisi e piccoli glitch vari legati ai movimenti di NPC e nemici; di questi solo una parte è tecnicamente legata alla “grafica”, ma per un titolo che appunto fonda la propria efficacia visiva anche e soprattutto sul quadro complessivo tutto ciò che intacca il flusso della partita ha delle ripercussioni.
Si tratta comunque di fenomeni abbastanza sporadici da poterli considerare più l’eccezione che la norma, e per questo non me la sento di penalizzare eccessivamente uno degli open world più suggestivi, curati e tecnicamente sontuosi che abbia mai visto.
Il comparto audio, da parte sua, non delude per quello che ci si aspetterebbe da un universo così vasto e variegato. Vagando tanto per una città quanto per una foresta si sentono svariati suoni che creano un’atmosfera perfetta. Il bilanciamento dei volumi interno ad ogni tipologia – voci, musiche, suoni – è quasi sempre ottimo (con i ciclopi unica chiassosa eccezione), e con un buon impianto audio o un paio di cuffie il mondo di gioco suona persino più vivo di quanto non appaia.
Qualche biasimo agli effetti sonori va però fatto, soprattutto riguardo le sequenze scriptate e le cinematiche in-engine, dove molte azioni al contrario non sono accompagnate da nessun rumore o da uno poco calzante. Se durante una sequenza di dialogo Geralt dà un pugno a qualcuno che cade per terra, per esempio, il riscontro audio è poco o nullo, facendo apparire molte azioni goffe e finte. Segnalo anche alcuni sporadici colpi di spada “muti” durante i combattimenti, ma quello è un bug poco evidente o presente.
Tutto il resto è buono, ma non eccellente. La colonna sonora è piacevole, ma non è né indimenticabile né molto varia, e le voci fanno il loro lavoro, ma la recitazione dei singoli personaggi è abbastanza monodimensionale. Nel complesso il sonoro di The Witcher 3 è più che discreto, e se in certi momenti dimostra di poter prendere in mano la situazione in altri getta miseramente (e inspiegabilmente) la spugna.
Il lupo perde la barba, ma non il vizio
Il gioco preso nel suo complesso ve l’ho descritto al meglio delle mie capacità, e spero vi sia servito almeno un po’ per capirlo. A questo punto si potrebbe concludere, ma ci tengo a specificare ancora una volta uno dei problemi più evidenti, ma diluiti, del titolo: la sua natura sistemica, che per di più combina elementi di gameplay così complessi e variegati, porta in varie occasioni ad assistere a circostanze strane o a cui può essere difficile fare fronte.
Un esempio: state combattendo dei nemici sull’orlo di una scogliera; fate una schivata di troppo, e scivolate giù dalle rocce. Siete ancora in combattimento, perché i nemici sono a pochi passi da voi, quindi il moveset è ancora quello dei combattimenti, ma non riuscite a risalire le rocce perché solo camminando in salita continuate a scivolare giù. Una via d’uscita si trova praticamente sempre (di solito finire di scendere e prendere il giro largo per tornare su), ma eventi palesemente irrealistici e potenzialmente fastidiosi si incontrano svariate volte, nel corso della partita. Venire attaccati mentre si è in barca, poi, è una delle situazioni più frustranti in assoluto, perché un colpo e un salto ogni due fanno cadere fuori bordo.
Il cavallo, come ho già scritto, è un altro dei punti più deboli delle meccaniche di gioco, perché quando si esce di strada ogni tanto si resta bloccati contro qualcosa, e muoversi in certi ambienti con molto saliscendi può essere complicato. La cosa si trasmette in una certa misura a Geralt stesso, soprattutto per quello che riguarda i movimenti di scalata o discesa; andate a Skellige, a metà di un sentiero di montagna iniziate a correre dritti verso la vetta e assisterete in anteprima a una tech demo di The Witcher SSX (che, devo ammettere, probabilmente giocherei).
Non aiuta neanche la gestione del danno da caduta, che opera secondo logiche folli e rimane una delle lamentele maggiori che ho da fare al gioco in assoluto. A volte potete “calarvi” (cioè lasciarvi cadere a peso morto) da vari metri con poche o nessuna conseguenza, mentre altre vi ridurrete in fin di vita per avere osato affrontare un dislivello che anche vostra zia potrebbe scendere senza particolari ripercussioni; in alcuni casi giuro di essere rimasto ferito per il solo correre in discesa e urtare un piccolo ostacolo, come un arbusto o un macigno, perché venivo “sparato in aria” dall’inerzia e poi subito “trascinato” di nuovo verso terra, il tutto a velocità impossibili. Se sono morto forse una quindicina di volte ucciso da qualcuno o qualcosa (alla terza difficoltà su quattro), la gravità mi ha portato via almeno venti.
Non posso però anche non ripetere per l’ennesima volta che tutto questo, alla fine, entra semplicemente nel flusso della partita, e raramente risalta come un vero difetto che compromette l’esperienza. Questo non è un titolo action alla radice, ed eventuali compromessi sugli aspetti action hanno un peso minore di quanto potrebbe valere in altre circostanze.
Per dirla molto brutalmente, se siamo sopravvissuti ai sistemi di movimento e di combattimento di Oblivion e Skyrim senza che il gioco nel complesso ne perdesse troppo, possiamo tranquillamente digerire The Witcher 3 (o i sassi, se è per questo).
Restare strigati
Per concludere: The Witcher 3 non è un gioco intonso dal primo all’ultimo secondo, studiato fin nel più infimo dettaglio e rifinito maniacalmente a tavolino; non può esserlo.
Quello che può essere – e che è – è un RPG immenso, profondo, vario, ben scritto, interessante e coinvolgente. Il filone in cui inserirlo è probabilmente più quello di The Elder Scrolls che della sua stessa serie, ma da The Witcher 1, e soprattutto 2, questo terzo capitolo si porta dietro la capacità indiscussa di giocare con la narrazione e costruire una storia perfettamente naturale, per quanto di proporzioni epiche.
Se vi piacciono gli RPG open world, The Witcher 3 è un must buy. Questo gioco ha tantissimo da dire e da raccontare, e non gli mancano certo neanche le capacità o i mezzi per mantenere alta l’attenzione tra un evento e l’altro. Non tanti titoli con una trama e un inizio e una fine durano quanto questo, e ancora meno possono vantare un livello di cura e un numero di effettivi contenuti originali simile.
Gli unici casi in cui penso potreste trovarvi delusi è se non sopportate i giochi con molti dialoghi (perché qui ce ne sono continuamente) o se vi aspettate che il sistema di combattimento sia il centro dell’esperienza e dell’attenzione degli sviluppatori e faccia da portata principale (perché semplicemente non lo è). Altrimenti, non ho veramente nessun particolare motivo per consigliarvi di tenervi lontani da The Witcher 3.
Estremamente solido sul comparto narrativo, sistema di combattimento ben caratterizzato e bilanciato, diverse attività extra, lavoro artistico di costruzione del mondo encomiabile e un numero monumentale di quest uniche. In breve, The Witcher 2 migliorato in tutte le sue componenti più critiche, moltiplicato per due e svincolato dalla struttura su binari.
La combinazione di vari sistemi di gameplay ogni tanto genera dei problemi, il sonoro ha qualche lacuna e il livello di sfida è un po' altalenante, ma The Witcher 3 resta un eccezionale RPG a forte componente narrativa, e qualcosa che vi terrà piacevolmente impegnati per un numero spropositato di ore.
- Narrazione ottima, decine di quest a pieno titolo, migliaia di linee di dialogo e la sensazione che niente di quello che succede, fino alla cosa più marginale e insignificante, sia stato creato senza ispirazione.
- Il mondo è enorme, ma è soprattutto vario, fitto e tetro al punto giusto per risultare credibile ed affascinante.
- Meccaniche RPG (livellamento, looting ecc.) abbastanza ben calibrate e piuttosto estese.
- Sistema di combattimento valido e con una propria personalità, anche se un po' exploitabile e non esente da difetti.
- Grafica curata e suggestiva, capace di nascondere i propri limiti tecnici intrinseci con l'adozione di uno stile complessivo di grande effetto.
- Traduzione italiana (scritta) di buon livello, anche se spesso "semplifica" l'originale.
- Il danno da caduta è ridicolo. Sul serio, perché?
- Sui controlli e sulla fisica di Geralt (quando non si combatte) si potrebbe lavorare ancora un po'.
- Qualche occasionale problema con IA e logica.
- Durante le sequenze di dialogo gli effetti sonori sono spesso trascurati al punto in cui si nota chiaramente.
- Il picco di difficoltà maggiore è all'inizio, poi si rilassa molto (ma si può cambiare livello di difficoltà in ogni momento, quindi volendo ci si regola da soli).
“Il danno da caduta è ridicolo. Sul serio, perché?” PErchè devi premere nuovamente il tasto del salto, quando stai per atterrare.