The Last Guardian è un titolo Adventure sviluppato da GenDESIGN (di fatto, ex Team Ico) e SIE Japan Studio. Il gioco, atteso da quasi 8 anni e spostato nel corso dello sviluppo da PlayStation 3 a PlayStation 4, segue lo stile tradizionale di Team Ico, proponendo un’avventura lineare ma suggestiva, tutta focalizzata sui protagonisti.
Ma qual è il risultato finale? The Last Guardian può soddisfare le aspettative prodotte da un’attesa così lunga, e i suoi punti di forza sono sufficienti a sopperire alle sue carenze? Cerchiamo di capirlo.
Nota: tutte le immagini e i video che vedrete nel corso della recensione sono stati catturati personalmente da me utilizzando la funziona Share di PlayStation 4, e pertanto rappresentano il titolo per come appare realmente.
La strana coppia
La storia inizia senza troppe spiegazioni, quando il ragazzino senza nome protagonista si risveglia dentro una grotta, senza la minima idea di come sia arrivato lì. Accanto a lui c’è un Trico, animale fantastico simile alla fusione di un gatto, un cane e un uccello, incatenato e trafitto da delle lance. Il ragazzo cura, libera e nutre Trico, che abbandona l’iniziale diffidenza e inizia a seguire il protagonista in cerca di una via d’uscita.
Si scopre presto che i due si trovano sul fondo di una valle nota come “Il Nido”, circondata da tutti i lati da altissime pareti di roccia; Trico è da parte sua attratto da una particolare torre, la più alta della valle, che sembra volere ad ogni costo raggiungere. Così il ragazzo e Trico si mettono in viaggio verso la sommità del Nido nella speranza di trovare una via d’uscita, dato che le ali di Trico sono danneggiate e incapaci di volare.
Il videogioco a cui è più facile accostare The Last Guardian è probabilmente Ico, creato dallo stesso studio di sviluppo nel 2001. Anche in questo caso, infatti, l’intera avventura consiste nell’avanzare in un mondo lineare, risolvendo zona dopo zona alcuni enigmi ambientali che spesso richiedono la collaborazione dei due protagonisti.
Il giocatore controlla direttamente il ragazzo, che può arrampicarsi, muovere oggetti, tirare leve e poco altro. Trico agisce in modo spontaneo e autonomo, anche se diversi enigmi richiedono di indirizzarlo da qualche parte o fargli fare qualcosa con vari espedienti. Trico è in grado di spiccare enormi salti, e spesso cambiare ambiente si riduce ad aprirgli in qualche modo la strada e poi aggrapparglisi alla schiena mentre vi porta via.
In The Last Guardian il vostro compagno è infatti incredibilmente proattivo (occupandosi anche quasi da solo dei combattimenti), spesso prendendo l’iniziativa al posto vostro o comunque suggerendovi (volontariamente o non) il da farsi, e lo si percepisce a tutti gli effetti come un aiuto indispensabile, e per niente come una zavorra a cui badare. In termini di puro gameplay, la preponderanza di Trico e il controllo relativamente modesto che si ha sulle sue azioni rende la progressione a tratti fin troppo banale.
Il grosso degli “enigmi”, in effetti, è piuttosto semplice se lo si analizza, soprattutto nella seconda metà della partita. La maggiore difficoltà deriva dal non immaginare un’interazione possibile e richiesta, oppure al contrario dall’essere sviati da quella che sembra una pista percorribile, ma che si rivela un vicolo cieco. Più che un gioco di logica, in definitiva, The Last Guardian è un gioco di sperimentazione e tentativi, con cui prima o poi si arriva inevitabilmente al risultato.
L’avanzamento è anche molto formulaico, basandosi principalmente su alcuni scenari ricorrenti. Ad esempio, ogni tanto ci si imbatte in specchi a forma di occhio, da cui Trico è misteriosamente terrorizzato e che il ragazzo deve trovare il modo di togliere di mezzo. Altre volte si viene attaccati da statue animate, che cercano di rapire il ragazzo e portarlo oltre una porta blu (game over) e devono essere messi fuori gioco da Trico, che sarà poi scosso per lo scontro e andrà calmato estraendo eventuali lance che gli sono state tirate addosso e accarezzandolo un po’.
Se il gameplay non ha tanto da dire in termini di effettiva difficoltà o complessità, in esso è racchiusa gran parte della narrazione stessa del gioco. Man mano che si procede il legame tra i due protagonisti si fa tangibilmente più saldo, rendendo Trico sempre più avvezzo a rispondere agli ordini e a prendere l’iniziativa per aiutare il suo compagno; contemporaneamente il giocatore impara a capire i comportamenti e la personalità di Trico, immaginandosi più facilmente cosa può fare e come farglielo fare, fino a produrre una sinergia spontanea quasi perfetta.
E di personalità, per Trico, è davvero il caso di parlare. L’unione dei comportamenti scriptati e sistemici a cui si assiste nel corso dell’avventura gli dà vita come a nessun altro NPC che mi venga in mente, al punto che Trico ruba molto rapidamente la scena al “vero protagonista” anche in termini di carattere ed espressività (per non parlare degli occhioni dolci). L’animale si muove con notevole disinvoltura in ambienti complessi, camminando su detriti, rocce e grate, e ha sempre una reazione appropriata ad ogni più piccolo stimolo. Provate ad indirizzarlo nelle prime fasi della partita, quando ha ancora una scarsa considerazione di voi, e lo vedrete oscillare un po’ l’orecchio, come a chiedersi cosa sia quel suono; fatelo più avanti, e andrà subito sull’attenti.
Il lavoro di animazione in particolare è davvero incredibile, e dà letteralmente vita a Trico riempiendo ogni sua azione di sottili movimenti quasi impercettibili singolarmente, ma che nel loro complesso producono uno degli animali digitali – seppure immaginario – più credibili che abbia mai visto.
Tra macerie e raggi di sole
Visivamente, The Last Guardian è decisamente convincente. Fermo restando che anche sotto tutti i profili tecnici Trico rimane l’apice del gioco, tutti gli ambienti sono abbastanza dettagliati, mossi e credibili, e il sistema di illuminazione è molto efficace. Si fa anche ampio uso di una buona simulazione fisica nei momenti in cui un muro o una colonna si sgretola e crolla, esponendo decine di mattoni e detriti.
È comunque il design artistico a far salire al gioco un gradino in più. Come in tutti i titoli di Ueda, il mondo di ambientazione ha proporzioni titaniche, quasi impossibili, ma è contemporaneamente cadente e in rovina, trasmettendo spontaneamente la sensazione di appartenere ad un’antichità mitica e remota, di cui si è destinati a non sapere nulla. Anche questa volta, in aggiunta, sono all’opera misteriose forze sovrannaturali, con cui ci si finirà per confrontare…
Vi lascio qualche altro screenshot assortito dal gioco.
Il principale difetto tecnico del gioco risiede sicuramente nei cali di frame rate. In condizioni standard il titolo gira a 30 fps o pochissimo meno, ma in certe sequenze – soprattutto nei secondi successivi ad alcuni cambi di ambiente – si scende serenamente fino a 20-25, e occasionalmente anche di più. Questi cali non sono fortunatamente mai un fenomeno persistente nel tempo, e si verificano generalmente quando non si sta facendo o si dovrebbe fare niente di particolare, ma possono comunque dare fastidio a chi ha l’occhio sensibile, e in uno o due casi sono così forti e prolungati da obbligare sostanzialmente a fermarsi per alcuni istanti, in attesa che le cose si sistemino.
L’audio, portando ancora una volta avanti la tradizione di Team Ico, consiste quasi esclusivamente in suoni ambientali, nel soffiare del vento, nelle parole del ragazzo e nei versi prodotti da Trico. Il grosso del tempo la colonna sonora non è decisamente in vista; il che è un po’ un peccato, perché nei rari momenti in cui la musica si deve fare sentire ci si rende conto che è veramente ben composta e orchestrata.
Sciocca, adorabile palla di piume
The Last Guardian fa perfettamente quello che ci si aspettava facesse: raccontare, con lo stile taciturno ma tangibile tipico di Udea, l’avventura dei due protagonisti, che affrontano un difficile e pericoloso viaggio potendo contare solo l’uno sull’altro. Trico riesce ad essere autenticamente empatico, e non mancano i momenti di tensione quando tutto sembra volgere al peggio.
Questo non significa che il gioco sia esente di difetti. Al contrario, se ne possono individuare molti.
In primo luogo, il sistema di scalata e salti del protagonista è un po’ traballante, rendendo difficile calarsi da una scala, una catena o Trico stesso senza lanciarsi o capitolare rovinosamente al suolo, e in alcune sezioni particolarmente esigenti non risulta abbastanza preciso da far sentire a suo agio il giocatore. La telecamera fa a sua volta le bizze, strisciando e incagliandosi spesso contro muri e colonne, ma questo per fortuna ha conseguenze ridotte sul gameplay. In rare circostanze Trico fa anche fatica a capire la direzione esatta in cui lo si vuole fare andare, ma nella mia esperienza con un minimo di pazienza, dando pochi comandi chiari e aspettando la sua reazione, se ne viene sempre fuori rapidamente.
La cosa più inspiegabile e fastidiosa è comunque la totale inettitudine del sistema di tutorial. Da un lato, il gioco ripropone ostinatamente a video ancora e ancora e ancora sempre gli stessi tasti basilari, come quelli per appendersi o per raccogliere gli oggetti, dall’inizio alla fine della partita – a volte neppure in situazioni in cui quel comando effettivamente è necessario per proseguire. Dall’altro, il giocatore è tenuto completamente all’oscuro di alcuni comandi e funzioni importanti, come ordinare a Trico di muoversi specificamente salendo verso l’alto (R1+), o che è possibile uccidere un’armatura strappandole via l’elmo quando è stesa a terra. Nel complesso, il sistema è completamente senza senso, finendo per generare solo confusione e fastidio sul lungo periodo.
Si potrebbe anche sollevare la questione della longevità (dato che il gioco si completa realisticamente in circa 8 ore), ma quella è abbastanza insita nel genere e nella direzione presa per il titolo. Qualcosa di strutturato in questo modo, con poca focalizzazione sulle dinamiche di gioco, non può generalmente andare avanti troppo a lungo, oppure finisce per perdere di ritmo e di efficacia. D’altra parte, con l’introduzione dei costumi (aspetti extra per i due personaggi che si sbloccano, dopo avere completato la partita, man mano che si danno da mangiare dei barili a Trico) è stato fatto il minimo sindacale per far venire voglia di ripetere l’avventura con qualche obiettivo davanti agli occhi.
In poche parole, The Last Guardian prende una direzione molto specifica, e concentra quasi tutti i propri sforzi su di essa. Questo produce un titolo con qualche carenza contenutistica e qualitativa in termini di gameplay, ma con una narrazione praticamente perfetta e indimenticabile, se si è aperti a farla propria. In definitiva, The Last Guardian non può essere, per la sua natura, un tipo di gioco adatto a tutti, soprattutto quando si spinge l’asticella del prezzo fino al livello dei normali AAA.
Il guaio maggiore è che proprio i suoi pregi sono così difficili da descrivere a parole, e la mia paura è che dal testo della recensione il mio responso possa apparire più negativo che positivo; non è così, affatto, e spero come non mai che il voto finale trasmetta meglio la mia impressione complessiva. The Last Guardian è un gioco perfetto nei suoi punti di forza e, se si è predisposti a coglierli, la sua strutturazione permette senza alcun problema di ignorare praticamente tutti i difetti.
Per chi conosce Team Ico e sa già cosa aspettarsi da The Last Guardian, il gioco non può che essere considerato un successo, e forse addirittura uno dei migliori esempi esistenti di gameplay narrativo, dove la “storia” viene in gran parte trasmessa passivamente dal giocare stesso.
Per chi invece cerca più del gameplay che altro, The Last Guardian non mi sembra una buona opzione a prezzo pieno, ma qualcosa che merita comunque di essere provato, prima o poi.
The Last Guardian è il più classico dei giochi di Fumito Ueda, e chiunque abbia amato Ico per le sue atmosfere suggestive, la sua fondamentale semplicità e il suo stile narrativo fuori dal comune non potrà non amare anche The Last Guardian, che riesce ad espandere ancora di più tutti questi temi.
Le scelte strutturali prese lo rendono comunque un titolo estremamente narrativo e non particolarmente ludico, relegandolo (come si poteva immaginare) più ad un ruolo di nicchia che a quello di videogioco buono per tutte le occasioni.
- Una bellissima avventura raccontata in modo semplice, diretto ma efficace.
- La resa di Trico vale da sola il prezzo del biglietto.
- Il gameplay è sufficientemente vario e competente da non annoiare o infastidire.
- Ottimo lavoro sul versante grafico e artistico.
- I controlli e la telecamera potrebbero essere migliori in certe situazioni.
- Il frame rate ogni tanto subisce dei colpi.
- Il gameplay è un po' accessorio all'esperienza complessiva, e a qualcuno questo non piacerà.