Starcraft II: Legacy of the Void è il terzo e ultimo episodio di Starcraft II, che conclude sia la trilogia recente sia l’arco narrativo generale della serie, iniziato nel 1998.
Nelle fondamenta Legacy of the Void non è troppo differente da quanto già visto in Wings of Liberty e Heart of the Swarm, ma offre ovviamente una nuova campagna, approfondisce la fazione dei Protoss, altera gli equilibri della modalità online e introduce alcuni extra. Ma cosa di tutto questo è riuscito, e cosa no? Vediamo di capirlo.
Preciso che tutte le immagini che vedrete nel corso di questa recensione sono state catturate da me, giocando a settaggi alti. Le bande nere negli screenshot presi dalle cinematiche sono dovute al fatto che utilizzo un monitor in 4:3.
Le antiche tradizioni
La campagna single-player di Legacy of the Void è esattamente quello che vi aspettereste, nulla di più, nulla di meno. Per fortuna le aspettative erano alte, e tale è il risultato.
Con 22 missioni in totale (più il prologo gratuito anche per chi non possiede il gioco), la campagna sa regalare come minimo 12-15 ore di gioco, che possono facilmente salire grazie alla presenza di obiettivi secondari e a quattro livelli di difficoltà, l’ultimo dei quali che non scherza affatto.
Anche se gli sviluppatori sembravano avere una certa predilezione per scenari in cui sia il giocatore che i nemici hanno delle basi, e l’obiettivo è cercare di sottrarre agli avversari delle posizioni sparse per la mappa, con periodiche ondate avversarie dirette sia contro gli obiettivi che contro la vostra base, nel corso della campagna si alternano partite abbastanza diverse (conquiste, distruzione a tempo di obiettivi, difesa da ondate nemiche ecc.) e mai realizzate col copia-incolla.
Ritorna anche la meccanica dell’hub tra una missione e l’altra da cui scegliere quali unità e poteri speciali avere a disposizione in campo (Come in Wings of Liberty e Heart of the Swarm, si ha accesso ad un roster di unità ed abilità più esteso che nelle partite libere, e non le si porta tutte in missione), e con la possibilità di ascoltare dei dialoghi opzionali tra Artanis e i vari personaggi secondari. La campagna, d’altra parte, si sviluppa sul tema classico dello sblocco progressivo di nuovi edifici ed unità col passare delle partite – a cui il modello ad hub fa (sin da Wings of Liberty) da perfetto contraltare.
Il grosso della campagna ruota attorno alla lotta di Artanis per scacciare Amon, il creatore degli Ibridi, e per sottrarre Aiur (il pianeta natale dei Protoss) dalla sua stretta, ma in coda al gioco sono giocabili tre ulteriori missioni che vedono Raynor, Kerrigan e Artanis unire le forze per liberarsi della sua minaccia una volta per tutte.
Con Legacy of the Void viene data risposta a tutti gli interrogativi rimasti in sospeso, e la vicenda iniziata da Starcraft 1 sembra proprio concludersi una volta per tutte. Il giovane sceriffo di Mar Sara ne ha fatta di strada, dall’evacuare un gruppetto di umani lontano dagli Zerg al salvare la galassia, ma tutte le storie devono avere una fine.
Guerra aperta
Il fronte del multiplayer è quello che presenta di fatto le maggiori novità. Per cominciare, le basi stesse della modalità online sono cambiate. Non tanto per le modifiche ai tre roster (non certo così radicali da sconvolgere il gioco), ma per la scelta di far cominciare la partita ad ogni giocatore con 12 raccoglitori già costruiti, anziché il tradizionale 6 utilizzato da sempre fino ad oggi. Quella che potrebbe sembrare un’inezia ha enormi ripercussioni sulla partita, a qualsiasi livello si giochi.
Il primo effetto è che la partita viene, prevedibilmente, accelerata nelle sue fasi iniziali. Il vero punto, comunque, è che questa “accelerazione” spesso e volentieri si traduce anche in una catena di costruzioni molto più breve e nello spammo di quantità industriali di una o due unità abbastanza basilari per non venire istantaneamente spazzati via. Se contro l’IA ancora ancora la cosa è gestibile, perché non se ne approfitta più di tanto e gioca un po’ alla vecchia maniera, nelle partite contro altri giocatori umani questo fattore può venire (e viene) rapidamente esasperato all’estremo.
Anche se non sono certo un pro-player di Starcraft II (e non gioco contro dei pro-player), la mia esperienza empirica è che questo cambiamento trasformi tutto in una guerra di logoramento automatica destinata a finire nel giro di una quindicina di minuti e che annulli quasi del tutto la profondità immediatamente percepibile del gioco, riducendo molto le possibili strategie e obbligando dal primo istante di gioco a dedicare ogni millesimo di secondo e risorsa disponibile nella produzione più rapida possibile di unità, sempre e comunque, o si è automaticamente morti.
Che in Starcraft si debba essere svegli e darsi una mossa è normale, e le sortite sono una tattica che esiste da sempre, ma nella pratica dei fatti Legacy of the Void obbliga a eseguire o a prepararsi a una sortita, e francamente trovo la cosa più un esercizio in stress inutile che altro. Probabilmente i power gamer apprezzeranno il fatto che si arrivi più rapidamente al sodo, ma resto dell’idea che l’avvio accelerato a 12 raccoglitori dovrebbe essere più una modalità speciale adatta ai tornei che la base imposta a tutti quanti. Chi (come me) non ama necessariamente correre per il gusto di correre potrebbe avere qualche difficoltà ad entrare nell’ottica giusta, e anche una volta che ci si riesce il gioco è semplicemente un’altra cosa rispetto al solito, schematizzandosi al punto in cui pensare non solo non porta a nulla, ma non ce n’è materialmente il tempo.
Completamente inedite sono invece le modalità Cooperativa e Arconte.
La prima consiste in 5 missioni tratte dalle campagne dei tre episodi di Starcraft II e riproposte per essere giocare da due giocatori umani alleati. La particolarità maggiore, oltre all’ovvia presenza di obiettivi specifici per ogni missione, sta nel fatto che non si sceglie solo con quale razza giocare, ma anche con quale comandante, che si porta dietro una serie diversa di unità e poteri disponibili, esattamente come nella campagna. I sei comandanti disponibili in totale non sono personalizzabili, ma salgono di livello man mano che li si usa, sbloccando automaticamente nuove unità, edifici, potenziamenti e abilità.
La modalità Cooperativa è un’idea interessante, ma per come è attualmente implementata soffre di una combinazione di problemi: ci sono troppe poche missioni perché sia varia, ed è troppo facile (alleato permettendo) perché sia una sfida. Far salire di livello un comandante non ha semplicemente alcun senso, dato che si giocano sempre le stesse cinque missioni (che anche tra di loro sono concettualmente tutte simili) più e più volte, e per vincere anche a difficoltà massima non serve assolutamente avere a disposizione tutto quanto, e in ogni caso non alterano gli eventi, solo il numero di unità che vi vengono mandate contro. La mia speranza è che si aggiungano presto nuove missioni, e che o si rendano più difficili tutte quante o si crei un secondo tier di difficoltà completamente separato, per dare davvero un senso allo sbloccare nuove cose e renderle necessarie, perché al momento non ne vedo semplicemente lo stimolo.
La modalità Arconte è facile da descrivere: è una normale partita 1 vs. 1 tra giocatori umani, solo che i giocatori effettivi sono 4, e ogni fazione sulla mappa è controllata contemporaneamente da due persone distinte, che possono quindi gestirla con più efficienza, ma potenzialmente anche andare in conflitto.
Il problema più evidente della modalità Arconte, lasciando stare tutto quello che è già insito nel nuovo multiplayer, sta nel fatto che non c’è matchmaking per quanto riguarda i compagni di squadra: ci si deve per forza presentare in un party di due persone, e solo dopo si viene messi in lista per trovare degli avversari. Fate quindi voi i vostri conti.
In Legacy of the Void ritorna ovviamente anche la modalità Arcade, una sorta di hub che ospita le mod realizzate dalla community e consistenti in una miriade di modalità e interi giochi completamente diversi. Per quanto ne so le mod sono in comune tra tutti e tre i capitoli di Starcraft II, quindi Legacy of the Void in quanto tale non dovrebbe aggiungere nulla o quasi per chi possiede anche Wings of Liberty o Heart of the Swarm.
Grafica e sonoro
Tecnicamente parlando, Legacy of the Void non si distacca particolarmente dagli altri episodi di Starcraft II, e risulta un prodotto nel complesso molto ben costruito.
La grafica non è il punto forte dell’esperienza, e zoomando fin dove il gioco lo consente si notano alcuni limiti di modelli e texture, ma la veduta generale è molto pulita e piacevole, e c’è una grande cura per i dettagli (ad esempio, gli svariati modi in cui può morire ogni unità a seconda di cosa la uccide, alcuni dei quali producono anche pezzi fisici che rimangono per un po’ sul terreno).
L’ottimizzazione sembra buona, a fronte al massimo di tempi di caricamento non particolarmente lunghi ma neppure incredibilmente corti. Sulla mia GTX 560, con tutti i settaggi al massimo il gioco si mantiene quasi sempre a 60 fps, indice che se volete far funzionare Starcraft II ci dovreste riuscire praticamente su ogni computer moderno.
Il comparto sonoro è altrettanto competente, con effetti sonori più che adeguati, una buona colonna sonora, un doppiaggio italiano di altissimo livello e una costruzione complessiva dell’audio praticamente perfetta.
En taro Artanis?
Parlando da persona che conosce Starcraft da quando uscì l’originale, credo che Legacy of the Void rappresenti il punto di rottura tra le due anime che da sempre convivono nella saga.
Il single player e la campagna sono, detta come va detta, al meglio di sempre, nonché incarnano la naturale evoluzione di tutti i principi rivoluzionari già intuiti nel 1998, ora completamente espansi e sbocciati.
Dall’altra parte, il multiplayer sembra sempre meno un RTS e sempre più un MOBA, dove non conta tanto cosa si fa, ma come lo si fa. Il che a qualcuno piacerà, ma a me francamente sembra semplicemente fuori luogo, in questo titolo.
Sarebbe ingiusto dire che Legacy of the Void è puro e semplice more of the same, ma allo stesso tempo – ironicamente – sono proprio le maggiori novità a stupire di meno. È una strana situazione per un titolo che si presenta come seconda espansione di un gioco già uscito da 5 anni, perché se da un lato è difficile assegnargli un particolare valore aggiuntivo oggettivo rispetto a Wings of Liberty o ad Heart of the Storm, il suo valore assoluto non può comunque essere sminuito.
Ciò detto, se state cercando un punto di partenza per approcciarvi alla saga, Legacy of the Void non mi sembra il più indicato; il mio consiglio spassionato è di cominciare da Wings of Liberty (che contenutisticamente offre praticamente le stesse cose ma alla metà del prezzo, e dove il multiplayer è un po’ più simile all’esperienza di gioco normale) oppure addirittura da Starcraft 1 (se ancora è in vendita da qualche parte nei meandri del Battle.net), e poi da lì di andare dove vi porta il cuore.
Se invece arrivate da Heart of the Swarm e non aspettavate altro che una nuova campagna e delle novità per il multiplayer, penso che quello che troverete nel complesso vi soddisferà comunque, con il nuovo ritmo delle partite online una discreta incognita che suppongo ognuno giudicherà a modo proprio. Faccio fatica a dirvi se le sole novità valgano 40€, ma quello non è davvero il mio lavoro, dato che tutti avete una testa con cui pensare per conto vostro e sono convinto la userete al meglio.
Legacy of the Void offre da un lato lo stesso Starcraft di sempre, che francamente non può sbagliare, e dall'altro avanza degli accenni di novità, che registrano risultati come minimo altalenanti e probabilmente più eretici di quanto sarebbe lecito aspettarsi.
Come tutti i sequel pesantemente riciclati dai capitoli precedenti, e come tutti i titoli apprezzati di più per il singolo o per il multi a seconda della persona, fate un po' anche voi i vostri calcoli.