Un remake che sa di nuovo
Dopo tante preghiere da parte dei fan, la creazione del Project Moonfall e le allusioni sibilline da parte di Zelda Williams e di Nintendo stessa, ecco finalmente il tanto atteso remake, quello che tutti sognavano dopo Ocarina of Time 3D: il ritorno del tenebroso e affascinante Majora’s Mask. Anche questa volta è a Grezzo che Nintendo ha affidato una delle gemme più preziose della saga The Legend of Zelda, uno di quei mostri sacri che nessun fan sopporterebbe mai di vedere cambiato.
O forse, con delle piccole modifiche… può diventare qualcosa di ancora più incredibile?
Montate sui vostri destrieri, signore e signori: ancora una volta Termina ha bisogno di voi!
You’ve met with a terrible fate… haven’t you?
Prime luci dell’alba. Un bambino vestito di verde vaga per una regione sconosciuta alla ricerca di una vecchia amica. Il giovane spadaccino, Link, e la sua fedele compagna, la puledra Epona, giungono a un bosco ancora immerso nelle ombre della notte. L’aria frizzante pizzica la pelle del bambino, facendolo rabbrividire. Che strana sensazione… È come se qualcosa lo stesse osservando…
D’improvviso due fate si gettano davanti alla povera cavalla. Epona, terrorizzata, scaraventa a terra il suo padrone che perde i sensi.
Una figura scheletrica scivola fuori dalle ombre. Le fate salutano quell’essere chiamandolo “Skull Kid”. Un bambino perduto, o meglio un essere che è stato un bambino, ma si è perso nel bosco e si è tramutato in un mostro. Un mostro che nasconde il suo volto dietro una maschera spaventosa. Incuriosito, l’essere osserva per un po’ il giovane Link. Poi, come un bimbo dispettoso, inizia a frugargli nelle tasche.
Da una di queste estrae uno strumento musicale del colore del cielo. Avvicina le labbra e ci soffia dentro timidamente. L’oggetto emette un debole suono. Il piccolo demone sghignazza divertito.
Rinvenuto, Link si rimette in piedi, solo per vedere la sua preziosa Ocarina del Tempo nelle mani di uno sconosciuto.
Lo Skull Kid s’accorge del bambino dal cappello verde e con un balzo monta su Epona, spronandola al galoppo e ridendo sguaiatamente. Link, che trema al solo pensiero di un’altra perdita così importante, afferra un piede dello sconosciuto e vi si tiene stretto, mentre Skull Kid continua imperterrito la sua folle corsa.
Dopo qualche metro il giovane però perde la presa e finisce ancora una volta a terra.
Si rialza, dolorante, e si mette a correre a perdifiato: non può lasciare Epona e l’Ocarina nelle mani di quel ladruncolo.
Finalmente lo raggiunge.
Ma i guai sono solo iniziati.
Minaccioso, Skull Kid inizia a scuotere la testa. Il mondo prende a girare. Quando Link riapre gli occhi, non si trova più nel suo corpo, ma in quello di un Cespuglio Deku.
Ora ha perso anche se stesso.
Lo Skull Kid sparisce senza lasciare traccia, e a Link non resta altro da fare che cercare aiuto. Che strano, aver bisogno di aiuto… lui, l’Eroe del Tempo, il salvatore di Hyrule.
Dopo quella che sembra un’eternità, il nostro sfortunato protagonista giunge finalmente a una strana costruzione. Si direbbe… l’interno di una torre d’orologio? Nemmeno il tempo di realizzare che cosa sia che una voce si rivolge a lui.
«Il fato è stato davvero crudele con te, nevvero?».
Il proprietario della voce è un volto familiare: un mercante di maschere che Link ha incontrato in passato. Il mercante ha già capito cos’è accaduto e spiega al giovane Deku che la maschera di Skull Kid è un artefatto dal terribile potere, usato in passato in oscuri rituali. La Maschera di Majora, sottratta al mercante dal demone dispettoso.
Lasciare quell’oggetto in mano a Skull Kid è estremamente pericoloso: il piccolo mostro l’ha già usato in passato per scatenare delle orribili maledizioni, e questa volta ha in mente di fare qualcosa di ancora più terribile. Questa volta userà la maschera per distruggere quella regione, Termina, facendoci schiantare contro la Luna. Se entro tre giorni non verrà fermato, sarà la fine per tutti.
Alba del Primo Giorno – 72 ore alla fine
Dopo premesse del genere, chiunque si sentirebbe sotto pressione. Non abbiamo più cavallo, spada o scudo, e la Luna incombe su Termina. L’atmosfera che si respira in Majora’s Mask è profondamente diversa da quella di un qualsiasi altro Zelda: siamo soli, abbandonati a noi stessi e dobbiamo risolvere un problema molto più grande di noi.
Tanto per rigirare il coltello nella piaga, un simpatico timer posto nella sezione inferiore dello schermo principale ci mostra in ogni momento quanti minuti mancano alla catastrofe. L’ideale per distendere i nervi.
Imparare a gestire il tempo durante i tre giorni che ci sono concessi è fondamentale. Per evitare degli spoiler consistenti a chi non ha mai giocato a Majora’s Mask parleremo soltanto di una piccola modifica al gameplay dell’originale. In passato era possibile passare dal presente alla sera dello stesso giorno o alla mattina successiva. Questa meccanica è stata parzialmente modificata: ora è possibile avanzare di ora in ora.
La cosa torna veramente utile per le subquest (di cui parleremo tra poco): la necessità di attendere un dato momento della giornata è ormai molto meno ingombrante.
Se così facendo perdiamo le scoperte casuali che potevano esser fatte solo attendendo a lungo in un dato luogo (ad esempio, potevamo incrociare per caso un personaggio che passava di lì in un preciso momento della giornata e utilizzare questa informazione per investigazioni successive), è anche vero che questa modifica rende Majora’s Mask molto più usufruibile su console portatile. Non è detto infatti che convenga saltare la fermata del treno o dell’autobus pur di salvare Termina, per quanto possiamo esserci affezionati ai suoi abitanti.
Un’altra, enorme differenza con l’originale riguarda i salvataggi: ora possiamo salvare (e non creare soltanto un punto di sospensione) in qualsiasi momento dei tre giorni. La cosa non può che farci piacere: il vecchio metodo rendeva inutilmente complesse alcune subquest.
Inoltre, sono stati aggiunti molti punti di salvataggio secondari: se una volta potevamo registrare i nostri progressi solo davanti alle (poche) statue del gufo, ora abbiamo anche delle nuove steli in punti strategicamente importanti, come dentro ai dungeon. Veramente un’ottima mossa, che pone rimedio all’inutile meccanismo “esci dal dungeon, cammina per un bel po’ e salva”. Fortunatamente, l’aggiunta delle steli di salvataggio è stata fatta con un certo criterio: Termina non è comunque tappezzata di checkpoint. Per chi volesse comunque sperimentare le sensazioni dell’originale, basta ignorare del tutto i nuovi punti di salvataggio, molto facili da distinguere rispetto a quelli già presenti.
Poor unfortunate souls
A differenza della gente di Hyrule, quella di Termina si trova in condizioni molto, molto più infelici. Il mondo di Termina è profondamente malato, avvelenato alle radici. Ovunque ci sono persone angosciate, maledizioni terribili (il tema della morte è molto più presente in Majora che non in qualsiasi altro titolo Zelda) e situazioni disperate, e forse per la prima volta nella serie il giocatore può avere l’impressione di essere alle prese con un fardello troppo grande per lui.
Non importa infatti quante persone salviamo: ce ne saranno sempre delle altre, con magari problemi ancora più grandi, ad attendere il nostro soccorso. E la Luna sarà sempre in cielo a fissarci. Ma proprio per questo la soddisfazione di aiutare queste anime in pena è ancora più grande: mai in un altro Zelda ci siamo sentiti così tanto l’Eroe della situazione. Aiutare la gente di Termina significa riportare loro un briciolo di serenità in una situazione disperata e man mano che completiamo le subquest il desiderio di fermare Skull Kid cresce sempre di più.
La cosa dipende in buona parte dalla caratterizzazione dei personaggi: nel corso dei tre giorni, studiandoli per bene, potremo scoprire la complessità dei loro problemi e dei loro sentimenti. Se in un qualsiasi altro titolo della serie è l’esplorazione dei dungeon a farla da padrone, qui è l'”esplorazione” degli abitanti di Termina a caratterizzare l’avventura.
Sono infatti sì presenti quattro dungeon (essenziali per il progresso nell’avventura principale e arricchiti da ottimi enigmi e boss carismatici), ma l’unico modo per godere veramente appieno dell’esperienza che Majora’s Mask offre è affrontare anche le subquest, aiutando quanti più potremo.
Seguire tutte le vicende di ogni abitante di Termina senza alcun aiuto può sembrare un’impresa impossibile. Anche per questo già nella versione originale era presente il cosiddetto Taccuino dei Bomber, una pratica agenda in cui vengono man mano annotati i nomi dei vari NPC e i momenti in cui è possibile interagire con loro nel corso dei tre giorni.
Nel remake il Taccuino è stato notevolmente potenziato: ora abbiamo una nuova pagina dove vengono segnati tutti gli eventi importanti della nostra avventura (funzione molto utile per impadronirsi di collezionabili come i Frammenti di Cuore) e nella vecchia schermata dei personaggi sono stati aggiunti altri NPC.
Ma non è finita: per ognuno degli abitanti di Termina che possiamo aiutare ora abbiamo anche un’indicazione precisa di dove si trovino nel corso della giornata, con una pratica mappa associata.
A dire il vero a noi sembra che quest’ultima funzione, come l’abitudine dei Bomber di rivelarci indizi su personaggi che ancora non abbiamo incontrato, semplifichi eccessivamente la nostra missione, ma è anche vero che si tratta di opzioni di contorno che possiamo decidere liberamente se sfruttare o meno. Un vero e proprio aiuto “mascherato” (perdonateci la battuta) per aiutare i giocatori meno abili (o quelli con meno tempo a disposizione… ok, la smettiamo) senza semplificare il tutto anche a chi le maschere e i Frammenti di Cuore vuole sudarseli. Basterà lasciare chiuso o consultare solo in parte il Taccuino e non rivolgere la parola ai Bomber per giocare in maniera classica.
Sempre tra le novità introdotte nel remake abbiamo anche un’utile funzione sveglia: se stiamo seguendo più subquest allo stesso tempo e fatichiamo a ricordarci del momento esatto in cui dovremo presentarci dal tale abitante potremo chiedere alla nostra fata di… farci da sveglia all’ora opportuna (!). Navi l’avrebbe adorato, ne siamo certi.
In Majora’s Mask le abilità di Link sono in espansione continua, e non solo attraverso l’acquisizione di nuovi strumenti. Inizialmente ci troviamo in un corpo sconosciuto, un corpo di quello che fino a poco prima era soltanto uno dei tanti nemici della serie, un Cespuglio Deku. E dobbiamo imparare a sfruttare le sue abilità per poter tirare fuori noi e gli abitanti di Termina da questa situazione spinosa. Scordiamoci di spada e scudo: come Deku potremo solo sferrare una piroetta micidiale (simile al caro, vecchio attacco rotante/kaitengiri), lanciare bolle dalla distanza o sfruttare dei fiori speciali per planare.
Proseguendo nell’avventura saremo in grado di trasformarci con delle maschere anche in Goron e Zora, ciascuno con le proprie abilità. Queste maschere, assieme a quella Deku, sono le tre più importanti su cui potremo mettere le mani. Completando alcune subquest (ma a volte anche durante lo svolgersi dell’avventura principale) otterremo delle maschere dai poteri più disparati: dal far ballare i morti (?!) allo sbirciare nelle cassette postali di Termina. Collezionarle non è poi soltanto questione di orgoglio: ottenendole tutte infatti… beh, non possiamo dirvelo, ma fidatevi di noi: ne vale la pena!
Alcune meccaniche all’interno dei dungeon sono state modificate nel remake. In particolare, tutti i combattimenti contro i boss sono stati ritoccati, alcuni solo in superficie, altri in maniera molto più profonda.
In particolare i cambiamenti introdotti negli scontri degli ultimi due dungeon sono stati mirati, a nostro avviso, a ristabilire un giusto equilibrio della curva di difficoltà: se in passato Gyorg, il penultimo boss, era davvero molto più difficile dell’ultimo, ora i rapporti sono stati (giustamente) invertiti.
A proposito di pesci… abbiamo anche una nuova aggiunta: le zone di pesca.
Se in superficie (…) paiono piuttosto simili al laghetto di Ocarina of Time, mettendo alla prova la nostra abilità con la canna da pesca scopriamo presto che i pesci presenti sono di molte specie differenti (mai così tante in uno Zelda).
E non è finita qui: per riuscire a tirarli a riva dovremo utilizzare oggetti, maschere e melodie. Ricordandoci anche di dare un’occhiata alle previsioni meteo. Niente male per una piccola aggiunta, nevvero?
Ma quando… Termina?
Se non siete ancora scappati dopo l’ennesima battuta infelice, parliamo brevemente della longevità. In generale un episodio di Zelda richiede più o meno una ventina di ore per completare l’avventura principale. Inserendosi nella tradizione, Majora’s Mask resta in questo limite. Le cose da fare però sono davvero molte, e tra subquest e minigiochi possiamo perdere almeno altre 10-15 ore (specie senza ricorrere ad aiuti, interni o esterni).
L’altra faccia della Luna
Graficamente, Majora’s Mask 3D è uno spettacolo. Termina è stata veramente tirata a lucido, anche più di quanto non fosse accaduto a Hyrule con OoT3D: i colori sono molto più vividi, sono state aggiunte delle nuove animazioni e tutti i modelli poligonali sono stati aggiornati.
La città di Cronopoli è stata parzialmente ristrutturata, con alcuni piccoli spostamenti di attività e una notevole espansione della piazza principale (la prima volta ci ha colto davvero di sorpresa: non c’eravamo mai sentiti così piccoli sotto a quella Luna!).
Anche l’illuminazione è stata migliorata: questo però, assieme ai colori meno oscuri, smorza un po’ l’atmosfera di alcuni ambienti, che finiscono per sembrare meno minacciosi e “malati” dell’originale. Molto probabilmente queste scelte sono state guidate dal fatto che lo schermo del 3DS (in particolare dei modelli “non XL”) non è grandissimo e situazioni con poca illuminazione avrebbero stancato gli occhi del giocatore.
Moltissimi i menù e le interfacce rivisitati: il touch screen, come in OoT3D, si conferma utilissimo, il menù dell’equipaggiamento viene rovesciato come un calzino e reso più funzionale, spostando le melodie dell’Ocarina e il Taccuino dei Bomber in due schermate a parte. Le mappe hanno finalmente un’utilissima funzione zoom e (udite udite!) le fate recuperate nei dungeon sono segnate in automatico.
Tutto è molto più funzionale e snello, compreso l’orologio, completamente diverso: se nell’originale per 64 era un quadrante decorato che andava interpretato (visto che non mostrava i minuti esatti), ora abbiamo una semplice linea sulla quale viene visualizzata l’ora con una precisione estrema. Da una parte si perde un po’ l’aspetto estetico, ma dall’altra abbiamo un orologio che non intralcia la visuale sul piccolo schermo del 3DS ed è molto più facile da leggere.
Avendo provato Majora’s Mask 3D su un vecchio modello Nintendo 3DS, non abbiamo potuto verificare l’uso della telecamera libera (disponibile sui New Nintendo 3DS o con il Pad scorrevole pro). A volte in effetti ci sarebbe tornata comoda, visto che in qualche situazione abbiamo avuto dei problemi di regia virtuale, con la telecamera temporaneamente bloccata dietro a un pilastro o ad altri elementi dello scenario. Poca roba, ma in effetti senza problemini del genere si sta meglio.
A proposito di piccole sbavature, purtroppo non è ancora stato risolto il problema che affliggeva l’effetto 3D di OoT3D: se ci si trova di fronte a uno sfondo molto scuro, l’immagine di Link viene sdoppiata, creando un’antipatico effetto di aliasing. Niente di tragico, anche perché queste situazioni si contano sulle dita di una mano, ma comunque sempre un po’ fastidioso.
The Moon Song
La componente audio è molto vicina all’originale: ripulita e rimasterizzata, ma estremamente fedele. Buona parte dell’atmosfera di Majora’s Mask deriva anche dalle magistrali composizioni di Kojii Kondo, affiancato da Toru Minegishi.
Alcuni temi sono martellanti, altri di una dolcezza incredibile: il mondo di Termina vive a ritmo di musica. Piccoli accorgimenti come le tre versioni del tema di Cronopoli sottolineano l’atmosfera sempre più claustrofobica: se al primo giorno siamo accolti da una melodia allegra e solare, passando agli altri il ritmo diventa più rapido e s’inseriscono linee melodiche sempre più angoscianti, fino a culminare nell’accompagnamento sonoro delle ultime ore, chiaro presagio di come andranno a finire le cose a Termina se non saremo in grado di fermare Skull Kid.
Cronopoli, Taya e la localizzazione italiana
Una menzione d’onore va alla localizzazione italiana di Majora’s Mask 3D, compiuta da traduttori diversi da quelli che si erano occupati di Ocarina of Time 3D. Non conosciamo alla perfezione il giapponese, quindi siamo stati costretti a confrontare la traduzione italiana con un’altra traduzione (quella inglese), ma il risultato ci è parso davvero molto buono.
Mettere mano a un testo che i giocatori italiani più scafati sono ormai abituati a vedere in inglese non è certo un’impresa facile: qualunque strada ha comunque i suoi svantaggi. Lasciare, in una traduzione italiana, i nomi di personaggi e luoghi in inglese per rispettare il rapporto di familiarità dei giocatori con questi è piuttosto anomalo, così come è straniante tradurre tutto in italiano. Lo Skull Kid, personaggio estremamente importante nell’economia di gioco, è stato lasciato col proprio nome inglese (a differenza di quanto avveniva in OoT3D, con gli Skull Kid tradotti come bimbi perduti), ormai riconoscibile a livello internazionale. Così è accaduto anche per altri nomi che non creavano particolari problemi, come Anju, Kafei e Viscen. Solo alcuni nomi sono stati modificati nella traduzione italiana, principalmente per problemi legati alla pronuncia o al significato (Tatl si è trasformata in Taya, Mutoh è diventato Mastro Tek). Fortunatamente, Termina (parola dotata di un significato in italiano) è stata lasciata così com’è, forse per questioni di riconoscibilità. Lo stesso non è accaduto con Clock Town (già così in giapponese), ribattezzata Cronopoli nella nostra versione. Anche per le altre lingue europee sono state proposte delle traduzioni distinte dall’originale, quindi si tratta di una strategia condivisa. Il nome in sé non ci pare niente male (sicuramente è più originale… dell’originale, tirando in ballo il greco), ma a parte lo scontato senso di spaesamento che si prova sentendo il nome italiano per la prima volta, a livello totalmente soggettivo ci pare che un nome così stoni un po’ con i toponimi classici della serie Zelda.
I dialoghi sono sempre molto scorrevoli e credibili, un’impresa non facile con un testo come quello di Majora’s Mask. L’unica cosa che ci ha fatto una strana impressione è stato l’aver messo in bocca a un paio di personaggi un chiaro accento romanesco. Visti i tipi non era completamente fuori luogo, ma a dire il vero non ci ha nemmeno soddisfatti del tutto.
Un plauso invece va fatto alla gestione in generale della traduzione. In Ocarina of Time 3D avevamo a volte delle scelte non del tutto chiare, con continue oscillazioni tra una linea d’azione e un’altra: ad esempio Rauru, così già in giapponese e inglese, era diventato Raul, “de-giapponesizzando” il nome del saggio, mentre Volvagia, da sempre conosciuto così in inglese, era stato riportato nella versione giapponese (Varubaja, con una traslitterazione differente). In Majora’s Mask le scelte traduttive sono generalmente più coerenti. Con anche qualche piccola correzione rispetto a OoT3D (se a Hyrule avevamo le improbabili DueRova, a Termina siamo tornati a Twinmold).
Alba di un nuovo giorno
Majora’s Mask 3D è un esempio magistrale di remake: una ripresentazione che, senza forzare eccessivamente la mano, dà nuova vita a uno degli episodi Zelda più famosi, ma che forse pochi hanno giocato sul serio (al tempo vendette meno della metà di Ocarina of Time). Ed è davvero un’ottima occasione per recuperarlo, se ve lo siete persi.
L’incontro tra vecchio e nuovo è stato calibrato con una precisione estrema, fornendo ai giocatori meno abili molti più strumenti per affrontare l’avventura senza però costringere chi volesse un’esperienza più impegnativa a usarli.
Anche i giocatori di vecchia data saranno contenti di ritornare in un Termina mai così bella prima d’ora. Chi è dotato di una memoria di ferro sarà sorpreso nel vedere tutti i piccoli, grandi cambiamenti introdotti, a volte proprio per giocare con le presupposizioni di chi “tanto l’ha già finito” (lo confessiamo: siamo andati nel panico con i Bomber).
Quindi… chi ha tempo non aspetti tempo!
Majora's Mask è stato il primo Zelda che ho affrontato, col quale ho avuto un rapporto dapprima molto difficile proprio per la sua ambientazione (tant'è che l'ho abbandonato e ricominciato un sacco di volte) e che poi, una volta fatta esperienza con altri titoli della serie, ho ripreso e finalmente compreso, amandolo alla follia.
Non è un titolo facile, a una prima partita, proprio per la sua atmosfera angosciante, ma consiglio vivamente di stringere i denti e affrontarlo: non ne sarete assolutamente delusi.
A dire il vero non attendevo con impazienza il remake (eresia!): non ne sentivo un gran bisogno lì per lì. Ma mi ha veramente stupita: mai mi sarei aspettata una gemma simile.
In generale accetto con una certa difficoltà i cambiamenti introdotti nei remake, che a volte tendono a strafare un po', ma in Majora's Mask 3D ho trovato veramente un ottimo equilibrio tra vecchio e nuovo, tra rispetto del passato e aggiornamento di meccaniche arrugginite.
Davvero un remake... che sa di nuovo.
- la nuova Canzone del Tempo Raddoppiato permette di saltare di ora in ora, accorciando i tempi d'attesa;
- grafica rinnovata, colori più vividi, modelli più definiti, nuove animazioni;
- menù più pratici e tante nuove funzioni;
- l'equilibrio tra i boss è stato ristabilito: ora c'è un aumento progressivo di difficoltà;
- il minigioco della pesca è sorprendentemente profondo: ottimo!
- i punti di salvataggio extra e il nuovo sistema di salvataggio non possono fare che bene in un titolo portatile;
- certe scelte traduttive sono molto originali e in generale il lavoro è molto ben fatto. Alcuni cambiamenti rispetto alla traduzione italiana di OoT3D sono stati fatti con una buona logica alle spalle (DueRova -> Twinmold).
- alcune ambientazioni sono meno cupe, a causa di scelte d'illuminazione differente, e perdono un po' di atmosfera. Si tratta però di differenze che noteranno solo i giocatori veterani e che non peggiorano l'esperienza di gioco;
- il salvataggio non è ancora slegato dalle statue: da una parte mantiene il tocco (claustrofobico) dell'originale, dall'altro non è forse la scelta migliore per un titolo da passeggio;
- si può nuotare (come Zora) con una precisione maggiore rispetto all'originale, ma si è anche molto più lenti (a meno che non si utilizzi la barra della magia). Per chi amava sfrecciare nel mare di Termina può essere un po' deprimente.