RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno.
Tra i cicli e i ricicli di RTS e para-RTS ad ambienazione fantasy che ho visto e giocato (alcuni migliori di altri) Majesty è sicuramente una delle rare eccezioni in cui si è provato a fare qualcosa di davvero radicalmente diverso dal solito, invece di clonare per la centimillesima volta Warcraft e Starcraft.
Il che ne fa un ottimo soggetto per l’articolo di oggi. E tutti vincono.
In Majesty, come da copione, si sovrintende la mappa dall’alto, si costruiscono edifici e si reclutano combattenti. Le similitudini con il modello alla Age of Empires che tutti avremo bene o male in mente, però, finiscono qui.
Il primo punto importante da notare è che, esattamente come in Stronghold, non si ha nessun controllo diretto sulla propria popolazione: i costruttori, gli esattori delle tasse e i soldati di guarnigione sono disponibili in quantità fisse in base agli edifici in possesso del giocatore, escono quando pare a loro e gli strumenti per indirizzarli dall’una o dall’altra parte sono pochi o nulli. Si sta gestendo la città, non i suoi cittadini.
Il secondo punto è che, a differenza anche di Stronghold, lo stesso discorso vale persino per i “soldati” veri e propri (qui chiamati “eroi”), che hanno una volontà del tutto autonoma. Si può al massimo cercare di dare loro qualche indicazione di massima, ma mai ordini individuali, tassativi e ad effetto immediato.
Il che apre la strada a tutta la formula di gioco: quello che si fa in Majesty, alla fin fine, non è creare qualcosa che si usa chirurgicamente per un determinato scopo, con ampio margine per del micro-management (Age of Empires), ma mettere insieme vari pezzi che hanno una determinata probabilità di asservire allo scopo che vi interessa.
Tutti gli eroi hanno una serie di statistiche che non ne definiscono solo l’efficacia in combattimento, ma anche l’atteggiamento generale e il range di azioni che possono compiere. Se il vostro mercato vende pozioni curative sta all’eroe decidere che è il caso di procurarsene qualcuna prima di andare a cercare degli orchi da uccidere. Se esplorando la mappa un eroe incontra un mostro, il tipo di mostro, il tipo dell’eroe e il suo livello determinano non solo il vincitore in caso di lotta, ma anche se l’eroe per caso non deciderà che è più sicuro darsela direttamente a gambe. Il che a volte può essere frustrante, ma molte altre è un notevole sollievo, visto che rimpiazzare un eroe morto costa moneta sonante.
Temo che la mia spiegazione stia diventando un po’ frammentaria e confusa, quindi facciamo qualche passo indietro e capiamo come funziona esattamente il gioco.
Per cominciare, c’è un’unica risorsa, l’oro, con cui si fa tutto: si costruiscono e potenziano gli edifici, si reclutano gli eroi e si lanciano persino gli incantesimi. L’oro, per entrare nei forzieri del tesoro ed essere spendibile dal giocatore, deve venire raccolto da un esattore delle tasse ed essere depositato nel castello centrale o in una torre di guardia; in realtà ci sono altri modi alternativi per arrivare allo stesso risultato, ma la costante è che state spostando monete dai vostri edifici alle vostre casse private.
L’oro tassabile per ciascun edificio non è infinito o legato alla frequenza con cui passano gli esattori, ma si produce autonomamente e indipendentemente da quando e come voi lo raccogliete. Alcuni, come i mercati e le locande, generano profitti automaticamente nel tempo, ma in generale tutti gli edifici “denunciano” i guadagni delle spese fatte da chi frequenta l’edificio. In altre parole, gli eroi raccolgono per primi oro uccidendo mostri o trovando forzieri (o rubandolo da qualche edificio!), lo “dichiarano” presso la loro base specifica (quindi una porzione viene depositata come tasse già lì) e usano quello che rimane per acquistare potenziamenti ed oggetti disponibili nel vostro regno: pozioni curative o di potenziamento, armi e armature migliori, incantamenti per l’equipaggiamento o persino nuove magie e punti abilità.
Il primo equilibrio fondamentale, quindi, sta nel bilanciare la produzione di denaro nei singoli edifici con lo vostra capacità di incamerarlo con efficienza nel tesoro, e il secondo nel non offrire troppi servizi a troppo pochi eroi, o ad eroi con troppo poche opportunità di guadagno.
Certo, si può spingere molto su mercati e locande, che sono fonti sicure e spontanee di guadagno (e queste ultime ogni tot aumentano anche il numero di esattori disponibili), ma se si trascurano troppo i combattenti spesso il gioco vi ricorda un dettaglio non marginale: non siete da soli nella mappa.
Gli eroi, ovviamente, hanno come principale scopo quello di affrontare le minacce al vostro regno, siano sotto forma di mostri o di un’altra fazione umana ostile. Alcuni edifici hanno deboli funzioni difensive, e costruendo e potenziando alcune basi per eroi si ottiene l’accesso ad incantesimi “globali” (cioè che lanciate voi quando e dove volete, ma pagando oro), ma un nutrito gruppo di soldati resta uno dei migliori mezzi di difesa e praticamente l’unico di offesa.
Le taglie sono l’unica forma di controllo “diretto” che il giocatore ha sugli eroi, e consistono nel posizionare una bandiera in un punto della mappa o su qualcosa di distruttibile (mostro, eroe o edificio) e assegnarle del denaro dalle proprie casse: l’eroe, o gli eroi, che raggiungeranno per primi il punto sulla mappa o distruggeranno il bersaglio incasseranno l’oro, e questo serve come incentivo per esempio ad esplorare o ad eliminare determinati bersagli (soprattutto i dungeon, che immettono all’infinito nuovi mostri nel mondo).
Tutti gli eroi hanno delle statistiche legate alla loro tipologia, e che possono crescere man mano che aumentano di livello; esse regolano non solo le capacità offensive e difensive, ma anche il loro atteggiamento generale e la frequenza con cui decidono di frequentare i negozi, svagarsi o inseguire una taglia. Ogni tipo di eroe ha anche azioni di default diverse (ad esempio, i ranger esplorano, i guerrieri cercano mostri da uccidere e i malviventi rubano), che possono essere più o meno utili in base alla situazione.
Una caratteristica molto particolare di Majesty è che gli eroi hanno davvero un’IA propria in tutto e per tutto, e quindi anche la lealtà verso il giocatore che li ha reclutati vale solo fino ad un certo punto. Le taglie sono potenzialmente appetibili per tutti quanti gli eroi sulla mappa, e alcune tipologie (primi su tutti i malviventi) spesso sono disposti ad attaccare edifici alleati in cambio di denaro straniero. Lo stesso discorso vale per i negozi, dove può fare acquisti chiunque passi, quindi attenzione a non creare un’armeria isolata, o potreste trovarvi a rifornire il nemico!
Majesty non è comunque propriamente un “gestionale”, in primo luogo perché gli unici sistemi autonomi e spontanei in funzione sono conservativi, e scollegati dall’equilibrio generale della partita (ovvero non avete costi obbligati, l’unico modo in cui potete andare in bancarotta è spendere tutto manualmente).
Il che, sommato ad un numero totale abbastanza limitato di edifici e a sistemi economici estremamente elementari, vuol dire che la “tattica fondamentale” da adottare per progredire è molto semplice e ripetibile.
Il che obbliga gli sviluppatori, se non si vuole creare un gioco estremamente monotono, a sbizzarrirsi con le missioni individuali.
Il che è stato fatto.
Il che è ragione di gioie e di dolori.
L’unico modo per rendere impegnativo un gioco simile, assunto che se giocate “da soli” tutto fila liscio, è barare. E, oh, se il PC bara. Non solo bara, ma ve lo sbatte in faccia: spesso e volentieri comincerete letteralmente da background una missione con un esercito nemico in casa, altre vi viene periodicamente mandato contro qualche mostro immortale, contro cui non avete nessuna difesa se non la pura fortuna che si incastri contro un eroe che non riesce ad uccidere, e nei casi peggiori tutto questo si somma a limiti di tempo per completare gli obiettivi a malapena umanamente possibili, a meno di non sapere a memoria l’esatta strategia più efficiente immaginabile.
Ci sono una trentina di missioni nel gioco, di difficoltà variabile. Quelle facili sono rilassanti, ma alla lunga diventano un po’ monotone, perché sono appunto fin troppo facili, e come fare a passarle viene praticamente da sé. Quelle intermedie sono le più godibili, e alcune delle più originali cambiano veramente il ritmo di gioco. Quelle difficili, infine, obbligano a piegare gli schemi di gameplay alla funzionalità più stringente possibile, arrivando di fatto a produrre un quasi-puzzle game in cui dovete capire cosa ha una speranza di funzionare tramite trial and error – a cui si aggiunge la variabile del caso, perché chi lo sa se l’eroe che hai appena pagato metà del tuo PIL annuo non andrà dritto a suicidarsi contro un drago, dato che è stupido come un sasso e si è stancato di respirare ossigeno.
Cercando di riepilogare, Majesty è sicuramente originale, sicuramente ben realizzato, sicuramente comodo da procurarsi e far funzionare (grazie a Steam e GoG), e sicuramente meritevole di essere almeno provato se proprio non aborrite il genere.
Cade però nel vecchio inghippo di tutti i titoli con livelli di sfida estremamente altalenanti, in cui, per auto-citarmi, “dovete scegliervi voi quale sia il suo difetto: la longevità, se abbandonerete appena le cose si faranno troppo complicate, o la difficoltà, se deciderete di sacrificare cervelletto e fegato alla causa”.
…
Santo cielo, sono davvero quasi due anni che scrivo questa roba?