Benvenuti in questo speciale natalizio targato GameBack. Dal 1° al 24 dicembre, come se fosse una sorta di “calendario dell’avvento”, pubblicheremo ogni due giorni una puntata di questa piccola rubrica,  in cui ogni redattore di GameBack, a turno, parlerà del “videogioco che gli ha cambiato la vita” e ha acceso in lui la passione per l’arte videoludica.
Vi ricordiamo, inoltre, di lasciare un commento inerente all’articolo, in modo da poter partecipare al contest natalizio che stiamo organizzando sulla nostra pagina Facebook e la nostra stanza su Ludomedia (le regole del contest si trovano qui).

Può succedere che un bimbo entri nello studio del padre in punta di piedi, per vedere cosa può esserci di così interessante da tenere incollato il genitore alla sedia di quella scrivania. Strani rumori simili a bip provengono da una scatola grigia sistemata sul piano di scrittura. Sopra di essa è poggiato una specie di televisore. Non si vede bene cosa ci sia sullo schermo, ma deve essere qualcosa di molto importante perché il papà non stacca gli occhi da lì nemmeno per un secondo. Il bimbo, dubbioso e titubante – ha paura di disturbare – avanza in punta di piedi. Il televisore è nascosto dalla schiena del padre e non riesce a vedere. Si avvicina ancora e nota che il padre sta spingendo dei pulsanti su uno strano aggeggio con tanti tasti allineati sopra. Il mistero si fa sempre più fitto. Divorato dalla curiosità, raggiunge infine la scrivania e per la prima volta riesce a vedere cosa c’è su quello schermo: lucine, numeri e strane cose che sembrano orologi. Ma il bambino è certo di riconoscere la scena. È l’interno di un’automobile! E la strada si stende oltre il parabrezza invisibile fino a sparire nell’orizzonte del monitor.

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Grand Prix Circuit, sviluppato dalla storica Accolade, fu rilasciato originariamente nel 1987 per approdare su MS-DOS nel 1988

Il  padre guida la macchina con maestria, premendo i pulsanti della tastiera. Accelera, frena, effettua sorpassi e vince la gara. Ormai sulle sue ginocchia, il bimbo non può fare a meno di osservare rapito la scena quasi magica che gli si para davanti agli occhi e al contempo ammirare il padre per la sua abilità. La curiosità a questo punto è troppa, deve provare lui stesso. Si mette ai comandi, concentrato e attento. Il padre gli ha spiegato quali tasti spingere per far muovere la macchina, ma non è del tutto sicuro di aver capito come fare. Seppur animato dalle migliori intenzioni, l’esperienza si rivela povera di spunti per il bimbo, troppo acerbo per riuscire a governare una macchina da Formula 1 con cambio manuale (!). Quando la delusione si sta per dipingere sul suo volto, il padre interviene. Vuoi farne uno che ti piace?

La risposta è ovvia. Giusto il tempo di digitare qualche misteriosa linea di testo su quella specie di televisore ed ecco che le macchine sono scomparse. Al loro posto, il bimbo quasi non ci crede, nientemeno che un principe! È il principe di un paese lontano e deve salvare la sua principessa rinchiusa in una torre. Il principe si muove sullo schermo con incredibile eleganza. Salta, corre, cammina, sembra un uomo vero. Le sue movenze sono talmente realistiche e le sue morti talmente cruente che il bimbo prende subito a cuore la salute del principe e la sua missione.

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Originariamente sviluppato per Apple II e rilasciato nel 1989, Prince of Persia ha conosciuto da allora innumerevoli porting, reincarnazioni e sequel

La sensazione provata è strana. Il bimbo sente che gli è stato offerto un modo completamente nuovo di intendere il gioco, anche se non ne afferra bene la portata. Giocando al computer, si è sentito solidale con il principe. Erano una squadra, c’era una comunione di intenti. Una cosa del tipo entrambi vogliamo la stessa cosa, per cui collaboriamo per ottenerla. Si è creato un legame, non tanto con il gioco, quanto piuttosto con il suo protagonista. Da quel giorno in avanti, saranno molte le volte in cui il bimbo chiederà al padre di giocare al principe. Nel corso degli anni, il principe stesso cederà il posto ad altri memorabili compagni di avventure; la vecchia macchina-emetti-bip verrà rimpiazzata da macchine sempre più potenti e moderne; i pixel si rimpiccioliranno fino a sparire e i giochi diventeranno sempre più complessi e realistici. Quello che non cambierà mai, anche a distanza di tanti anni da quel primo incontro con il principe, è la passione. Una passione fatta di intrattenimento, coinvolgimento, attese, entusiasmi, lacrime e bestemmie, ore piccole, calli sulle dita, controller spaccati, sfottò inferti e ricevuti, oggetti trovati, enigmi risolti, boss sconfitti, frags e rage quit, vittorie insperate, vittorie di culo, vittorie facili e parmadeath, livelli ottenuti, skill apprese, nemici sconfitti ma soprattutto tanto, tanto divertimento da soli e in compagnia. In poche parole: passione per i videogiochi. Quando ce l’hai, è dura a passare.

Giof
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