Credo ci sia poco margine per discuterne: Star Wars: Battlefront II, sequel del reboot del 2015 sviluppato da DICE e pubblicato da Electronic Arts, ha vissuto le settimane pre-lancio più complicate per un videogioco di quest’anno, e forse di questo decennio. Facciamo un passo indietro ad alcune settimane fa, quando tutto è cominciato.
Star Wars: Battlefront II non è certo il primo titolo a fare parlare di sé per la presenza al proprio interno non solo di microtransazioni, ma più precisamente delle cosiddette loot box – perché è da lì che è iniziato tutto. In sostanza, la maggior parte dei personaggi, delle abilità e di tutto lo “sbloccabile” all’interno del gioco deve essere ottenuto aprendo delle scatole dal contenuto casuale, e per fare questo è necessario pagare con una moneta virtuale. Questa moneta può sì essere ottenuta giocando il gioco stesso, ma è anche possibile acquistarne copiose quantità pagando soldi veri.
Questo sistema esiste da un bel po’ di tempo, ma ha guadagnato terreno nell’industria videoludica tradizionale in tempi abbastanza recenti, più precisamente con la sua implementazione in Overwatch. È anche da anni un modello di enorme successo nel mercato mobile, dove però la stragrande maggioranza dei giochi sono gratuiti da scaricare, e quella consiste nell’unica forma di monetizzazione (più eventualmente annunci pubblicitari) utilizzata dai titoli.
Se Overwatch ha generato un po’ di polemiche e La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra ha fatto un discreto rumore, però, Battlefront II ha causato un’esplosione nucleare. Il sistema di loot box adottato da Electronic Arts per il titolo DICE è infatti il più aggressivo e drastico che si sia visto fino ad oggi in un normale titolo AAA, con i vantaggi offerti da alcuni equipaggiamenti totalmente fuori scala, prezzi estremamente proibitivi se non si spendono abbondanti dosi di soldi reali, e pochi o nessun vero limite all’accumulo immediato di potenza tramite l’acquisto sconsiderato di scatole.
Di questa vicenda si è parlato un po’ ovunque, ma non c’è dubbio che il fulcro dell’azione sia stato e rimanga ancora adesso Reddit. Piattaforma dove EA ha tentato di intervenire per placare gli animi, ma ha finito ogni volta per peggiorare solo le cose.
Tra promesse di abbassare il costo spropositato degli eroi sbloccabili (a cui è anche immediatamente concisa, come qualcuno si è subito accorto, una drastica riduzione nei crediti sbloccabili terminando la campagna di gioco), spiegazioni che il tetto giornaliero di crediti ottenibili giocando in single-player (sì, c’è un cooldown di svariate ore dopo un po’) serve a dissuadere i cheater e gli exploiter (peccato che se si gioca in single-player da disconnessi non si ottiene mai nessun credito, eliminando il presunto rischio alla radice), quello che è giustamente diventato famoso come il commento con il peggior bilancio di voti positivi/negativi nella storia dell’intero Reddit (circa -680’000 nel momento di picco, ovvero 28 volte peggio del secondo classificato al di fuori dell’ambito Battlefront II), e una pessima sessione di AMA (“ask me anything”) con tre sviluppatori che hanno totalmente aggirato o ignorato le domande riguardo le microtransazioni e le loot box, che avevano raccolto migliaia di voti… beh, la controversia non ha fatto che guadagnare sempre più inerzia, fino a raggiungere proporzioni colossali.
Questo non è comunque tutto, per inciso. Ad un certo punto, il comando per chiedere un rimborso su un titolo pre-acquistato tramite Origin è misteriosamente scomparso, obbligando tutti coloro che volevano cancellare il proprio pre-ordine digitale di Battlefront II a mettersi in coda per un’ora o più presso il supporto clienti. Sembra anche che la versione del gioco ricevuta dalla stampa per le recensioni avesse costi degli oggetti differenti, facendo trasparire un’immagine d’insieme un po’ meno drastica di quella reale arrivata agli utenti. E che il gioco non sia per nulla esente da bug, in particolare nella versione Xbox One, come testimoniato anche dal giornalista indipendente Jim Sterling.
La campagna di lamentele degli utenti, che ha visto coinvolte decine di migliaia di persone, non è però terminata solo con un voto utenti record in negativo su Metacritic (al momento 0.8/10 la versione PS4, con quasi 4’000 voti) e un ultimo disperato tentativo da parte di EA di salvare il salvabile il giorno del lancio rimuovendo temporanemanete (e temporaneamente è la parola chiave) la possibilità di acquistare crediti di gioco con soldi reali.
Per la prima volta nella storia, la discussione sulle loot box e la loro somiglianza con una forma mascherata di gioco d’azzardo ha raggiunto i media generalisti e ha preso il sopravvento anche fuori dalla cerchia videoludica. Se cercate #gambling (“gioco d’azzardo”) su Twitter, i primi risultati sono Disney (in quanto proprietari del marchio di Star Wars e supervisori esterni del gioco) e una valanga di tweet in cui si raccomanda di non acquistare Battlefront II. In aggiunta, vari giornali non strettamente videoludici (tra cui la sezione tecnologica della CNN) stanno iniziando a riportare la notizia, spiegando il potenziale pericolo delle loot box in un gioco mirato anche e soprattutto ad un pubblico molto giovane, e chiedendo conto a Disney di tutta questa storia.
Ma il passo ancora più importante è stato un altro: gli enti di regolamentazione del gioco d’azzardo di alcuni paesi – per ora Belgio e Olanda – stanno prendendo in esame la situazione loot box nei videogiochi; sembra che anche la Commissione Europea sul gioco d’azzardo stia iniziando a muoversi per vederci più chiaro. Fino ad oggi le loot box hanno aggirato ogni assimilazione ad esempio alle slot machine perché, pur essendo concettualmente molto simili, la combinazione di un passaggio intermedio sotto forma di acquisto effettivo di una moneta virtuale – con cui poi si va a tentare la sorte – e l’assenza di premi che possano essere direttamente considerati di un valore materiale reale hanno permesso loro di aggirare tutte le leggi vigenti sul gioco d’azzardo. Nulla proibisce comunque che le regolamentazioni non possano essere emendate in futuro, per adattarsi alla realtà della situazione.
Insomma, penso si possa dire che Electronic Arts non avrebbe potuto spararsi nei piedi più di così neanche se ci avesse provato apposta, e siamo arrivati al punto in cui uno dei titoli più attesi e che porta uno dei nomi più conosciuti nel pubblico allargato rischia seriamente di subire un tracollo di vendite tangibile e altrimenti impensabile. Se poi ci saranno sviluppi sul piano legislativo in relazione alla dinamica delle loot box, è l’intera baracca che rischia di saltare (e non solo per Battlefront II).