Poco più di una settimana fa ho deciso di parlare del GamerGate, presentando quello che veramente il movimento porta avanti e la mia interpretazione di tutta la vicenda.
Oggi scrivo questa nuova pagina perché ho degli aggiornamenti importanti da comunicare sotto entrambi gli aspetti.
Nuovi elementi e conferme
Detta brevemente, tutto quello che era nel vecchio articolo, cioè le indagini del GamerGate e le supposte scoperte fatte… per quel che mi riguarda non sono più supposte. Sono vere, inclusa e soprattutto quella mailing list e quello che contiene.
Fino ad oggi mi astenevo dal dare un giudizio definitivo perché so come internet sappia farsi prendere la mano e dare per vere informazioni non confermate, quindi il fatto che così tanta gente ci credesse ma non ci fosse un’autorità super-partes a metterci la sua parola mi faceva restare in un credo legittimo dubbio. Ora ho trovato un intervento diretto di qualcuno che considero – e credo tutti veramente dovrebbero considerare – al di sopra di ogni possibile, minimo dubbio di malafede: TotalBiscuit.
Per chi non lo sapesse, TotalBiscuit è uno youtuber che analizza e di fatto “recensisce” videogiochi. Lo citavo già nel vecchio articolo come il curatore di Steam più seguito in assoluto di diversi ordini di grandezza, ma non è certo tutto lì. Chi non lo conosce temo dovrà guardarsi svariati suoi video o credermi sulla parola, ma TotalBiscuit è una delle personalità dell’ambiente non solo più competenti e bilanciate, ma molto semplicemente il giornalista videoludico più metodico, quadrato, schietto e diretto che mi venga in mente, il tipo di persona che si è costruita il proprio successo sputando in faccia a tutti la verità, anche e non ultimo su se stesso e sui propri preconcetti e fissazioni, senza mai cercare di ammorbidirla o di girarci attorno.
Una volta ho criticato quello che TotalBiscuit aveva da dire, ma era solo una parentesi strettamente tecnica. Ho anche scritto che dove non sa le cose credo abbia anche lui un po’ l’abitudine di dare leggermente troppa credibilità a quello che dice “la voce di internet”. Il punto è che qui stiamo parlando di qualcosa che conosce perfettamente, il suo stesso ambiente con tutti i dietro le quinte. Anche fingendo di pensare che potrebbe mai farlo in assoluto, non ha neppure nessun motivo di usare questo scandalo per mettersi in mostra: la sua popolarità è già enorme, e se si tenesse quietamente fuori dalla vicenda e basta non perderebbe nulla ma si esporrebbe meno a possibili attacchi tanto dal basso quanto dall’alto.
Passiamo ai fatti. Un paio di giorni fa lo youtuber InternetAristocrat organizza un live con alcune altre personalità vicine a GamerGate, a cui prende parte anche TotalBiscuit.
Quello che raccontano questi signori è a tratti sconvolgente, ma è tutto tracciabile a fonti verificabili, e, come dicevo, il fatto che TotalBiscuit avalli e addirittura aggiunga dettagli sui dietro le quinte del panorama giornalistico videoludico internazionale per quanto mi riguarda è più che una conferma, visti i trascorsi in cui ha dimostrato più che ampiamente di non mentire come filosofia di vita e di essere profondamente inserito nell’ambiente su cui si esprime.
https://www.youtube.com/watch?v=MdoiArBrK-U
Il video è parecchio lungo, senza sottotitoli e non sempre l’audio o la pronuncia sono assolutamente perfetti, ma se vi interessate della vicenda è mia assoluta raccomandazione che proviate a guardarlo tutto. In ogni caso faccio ovviamente un rapido riassunto dei punti che mi interessa di più trattare, integrandoli anche con alcune fonti esterne.
Primo fatto: in seguito alle pressioni del movimento GamerGate, Intel ha rescisso i propri contratti pubblicitari con Gawker Media, il gruppo proprietario tra gli altri di Kotaku. A confermare la notizia è la stessa Gawker, quindi direi che possiamo darla per incontestabile; quello che onestamente non mi bevo è il modo in cui viene rigirata, non solo perché sono giusto un po’ diffidente quando un giornale deve commentare sulla perdita del supporto economico a se stesso, ma perché si parla apertamente di “disonesti fascisti del GamerGate”, e di come questi “bulli” abbiano sostanzialmente bullato Intel fino a farle decidere di staccarsi dal gruppo. Davvero molto credibile che il primo produttore di CPU al mondo si schieri con la “minoranza violenta” e abbandoni un partner storico solo perché ultimamente gli è arrivata qualche mail un po’ violenta; sicuro, è andata così.
Questo avvenimento significa sostanzialmente che il movimento GamerGate è talmente grosso da spingere ad agire qualche produttore del settore nonostante la campagna a tappeto e palesemente negazionista e demonizzatrice di ogni grosso giornale coinvolto. Vuol dire che gli equilibri del potere nello scenario internazionale, di dove è il grosso della gente e di cosa effettivamente ascolta, sono ben più barcollanti di quanto anche io stesso credessi.
E questo è vero persino prendendo come ancora non confermato – nonostante ormai credo che la sua credibilità di massima sia stata abbondantemente provata – lo scenario di fuga quasi di massa dei partner pubblicitari da Gawker Media e Vox Media (The Verge e Polygon) descritto da Milo Yiannopoulos, una figura che avevo già citato nel vecchio articolo.
Secondo fatto: la mailing list GameJournoPros è confermata da TotalBiscuit, e come ho già spiegato per quel che mi riguarda a questo punto è vera e basta. Nel video se ne discute, e TotalBiscuit aggiunge persino che diversi dei giornalisti coinvolti, pur essendo restii a fare “outing” e aprire un dialogo con il movimento GamerGate, parlando con lui personalmente dicono di voler cercare la mediazione. La tensione nella “cupola” sta crescendo, chi è più moderato sta venendo escluso da chi è più estremista e tutto l’impianto sembra sul punto di cedere alle scissioni interne e alle pressioni dall’esterno.
Nel video non si parla solo di questo. C’è tutta una serie di accenni ad altri piccoli avvenimenti sparsi, che anche se qui non ho tempo di riportare mi sono premurato di verificare con fonti esterne: le minacce di stampo mafioso di Jonathan Blow a chiunque osi parlare a favore di GamerGate, un blogger che definisce il movimento “peggio dell’ISIS”, il caso The Fine Young Capitalists, l’hashtag #StopGamerGate diffuso da bot indonesiani, come a cercare e forse trovare chi ha davvero mandato le minacce di una strage all’evento universitario di Anita Sarkeesian siano stati membri del GamerGate stesso… Si fanno anche riflessioni molto intelligenti ed interessanti su cosa significhi il giornalismo e su come portarlo avanti, e altre parti simili.
Ma non mi sembra il caso di insistere oltre; per quel che mi riguarda, ci sono già abbastanza chiodi nella bara per seppellire il morto.
Le mie nuove conclusioni
Non vi mentirò: nelle due ore di quella diretta che vi ho linkato ho sentito più discorsi razionali, consapevoli, condivisibili e persino moderati che in due anni di lettura di GameSpot, Kotaku, Polygon e compagnia bella.
Riavvolgiamo la scena, fino all’inizio, e riguardiamo il film con calma.
Da una parte abbiamo il “giornalismo tradizionale”, un gruppo di potere per definizione virtualmente inattaccabile, che ha completamente in mano l’informazione di un settore, senza un chairo controllo esterno o possibilità di contraddittorio per lungo tempo, ma che si butta in parecchi comportamenti “giornalisticamente” – nel senso vero del termine – decisamente deplorevoli.
Molta gente, stanca di questo scenario, inizia a cercare altri sbocchi. Guadagnano una popolarità enorme alcuni realizzatori indipendenti su piattaforme come YouTube, e il fenomeno cresce a dismisura, arrivando ad avere come youtuber con più iscritti di sempre e di tutte le categorie qualcuno che si occupa di videogiochi, PewDiePie, anche se lo fa in modo leggero e decisamente poco impegnato.
Cosa fa il giornalismo tradizionale? Si pone delle domande? Cerca di riguadagnare pubblico mostrandosi più trasparente, competente e affidabile della concorrenza? Cerca di dimostrare di essere il giornalismo migliore? In maggior parte no, insiste sempre di più sulla propria strada, ignora chiunque non sia con loro e presenta un quadro non oggettivo della realtà pur di non doverci fare i conti. Per guadagnare traffico, al contrario, pompa sempre di più temi “scottanti” e “scandalistici” che non hanno nulla a che vedere né col giornalismo propriamente detto né coi videogiochi, trasformano aizzatori di folla da quattro soldi, fanatici e attori che rimangono a galla recitando perennemente la parte delle vittime di un nemico che non esiste in eroi, e li usano per condannare chiunque non si trovi all’interno del loro giro.
- Tutti questi sono fenomeni ampiamente verificabili e corroborati, e se qualcuno vuole negarli in toto gli suggerisco di fare uno squillo alla realtà per fare finalmente pace.
Poi, dopo anni di tensione accumulata, la molla alla fine scatta, e questo scattare si chiama GamerGate. È un movimento unicamente dal basso e di portata, come abbiamo già visto, enorme, che dietro ad un’inevitabile frangia più violenta – che in tutti i grandi movimenti da sempre esiste – si presenta portando avanti argomentazioni e domande precise. GamerGate dichiara di non esistere per “bullare” nessuno e di non cercare affatto la violenza come prima interazione: critica la chiusura del giornalismo standard e lo accusa di corruzione e di avere sacrificato i videogiochi per portare avanti una loro agenda politica privata.
Cosa fa ora il grande giornalismo? Affronta a viso aperto e mostrando buoni propositi la minaccia? Si affretta a dimostrarsi la parte più onesta, auto-critica e in cerca della trasparenza? Neanche per sogno. Subito fa quello che fa da sempre ogni volta che si verifica un incidente di percorso: passa il tutto sotto totale silenzio. Quando però si accorge che la tempesta non passerà da sola, allora scatta l’attacco, un attacco violentissimo e unanime: con la precisione di un orologio svizzero, svariati giornali prima bollano #GamerGate come una frangia di fanatici violenti, incapaci di portare avanti qualsiasi argomentazione normale e in cerca solo dell’odio; poi, per delegittimare chi si dice semplicemente dalla parte dei videogiochi, arrivano persino a dichiarare che i videogiocatori non esistono più perché ora “tutti sono videogiocatori”, e che chi porta avanti GamerGate è un piccolo gruppetto di nerd frustrati che non vogliono accettare i tempi che cambiano, e allora iniziano a distruggere tutto per la rabbia.
- Ora, è evidente che le due versioni di quest’ultima parte della storia non possono convivere, quindi per sommi capi una deve essere vera e l’altra falsa.
Allora, chi è veramente dietro al GamerGate?
Sono alcuni nerd frustrati e violenti, incapaci di fare altro che bullare e minacciare chiunque capiti loro a tiro, incapaci di accettare che oggi “tutti sono videogiocatori” e che quindi il loro piccolo antro da nerd in cui l’ingresso alle donne era vietato è stato smantellato, e la cosa rode loro a tal punto da spingerli a questi comportamenti?
Oppure sono le persone in quel video che ho postato, che discutono di etica e trasparenza prima di tutto? Che per primi ammettono che tutti, anche loro stessi, hanno dei preconcetti su certe cose, ed essere onesti riguardo ad essi non può che fare bene ai consumatori? Che ragionano su come una rivoluzione di ordine storico funziona, venendosene fuori con intelligenti paralleli scherzosi con le eresie in Francia del XIII secolo? Che mettono sul piatto opere di valenza accademica, metodo scientifico e anni, se non decenni, di servizio giornalistico che ha raccolto sempre più successo in un grande pubblico incondizionato e che li ha portati nelle posizioni in cui sono ora?
E chi è veramente dietro al grande giornalismo di Kotaku, Polygon e tutti gli altri promotori di questo modello di informazione?
Sono un’élite illuminata, gli unici capaci di tenere il passo coi tempi e di capire che i veri temi di cui bisognerebbe discutere nell’ambito videoludico sono la misoginia e il patriarchismo culturale, che combattono contro la “violenza” e intanto diffondono la verità incensata a cui tutti dovremmo uniformarci per il bene della società?
Oppure sono persone che vivono distogliendo l’attenzione dai veri problemi? Che danno in pasto al proprio pubblico finte discussioni, un po’ per controllarlo meglio e un po’ per portare avanti i propri fini politici e sociali personali?
Che negano ripetutamente la realtà, bollando tutte le critiche al loro operato come “molestie”, “bullismo” e “misoginia”, o semplicemente fingendo che non esistano? Che appena si vedono davvero minacciati non esitano a chiamare i loro avversari bulli, fascisti, un cancro, peggiori dell’ISIS, il tutto in articoli di stampo palesemente demonizzatore?
Che minacciano in parte di nascosto e in parte apertamente loro colleghi e piccoli sviluppatori di schierarsi dalla loro parte, altrimenti ne subiranno le conseguenze? Che vanno in televisione in America senza contraddittorio a raccontare la loro versione dei fatti, con conduttori condiscendenti e felici di dare a tutti la spiegazione semplice e che non fa male a nessuno, ovvero che le entità istituzionalizzate sono tanto buone e i “troll di internet” sono tanto cattivi e uccidono le persone?
Che delle due sembrano più vestire i panni di quelli che una volta vedevamo unanimemente come i nemici dei videogiochi, quelli che incolpavano la nostra industria delle sparatorie nelle scuole e dicevano che o si adeguava ai loro standard morali personali o non aveva diritto di esistere?
Che non esitano a dichiarare morti i videogiocatori pur di non ammettere di avere, forse, sbagliato in qualcosa?
Non me la bevo che tutti i grandi giornali si comportano come si comportano perché tanto GamerGate “non è importante”, o perché “sono solo bulli senza argomentazioni”. Non me la bevo che dovremmo tutti ascoltare solo quello che questi giornali hanno da dire, perché loro sono quelli che hanno capito tutto e osare criticarli in qualsiasi modo significa essere stupidi, fascisti o sessisti. Non me la bevo che questi oggi sono davvero i videogiochi, e tantomeno i videogiocatori.
Che il grande giornalismo internazionale fosse marcio, per quanto mi riguarda, era palese anche ben prima di tutta questa vicenda, e non avevo avuto paura di farlo sapere in un paio di articoli. Che fosse così marcio, che alcune persone così poco raccomandabili e pericolose avessero così tanta influenza, quello ha stupito me per primo, ed è per questo che nel primo articolo che avevo scritto su questa storia avevo cercato di restare possibilista, perché credevo fosse la posizione oggettivamente più giusta da tenere; ma mi era comunque costato tanto.
Ora però mi sono stancato di sentirmi dire che il signore potente è sacro solo perché è potente e ci sono tanti pesci piccoli disposti a difenderlo; badate bene, non parlo di minacce esplicite, ma del clima che viene spontaneamente a formarsi su internet ogni volta che una frangia estremista si impunta su qualcosa, negando a priori una ricerca della realtà pura e cruda. Giornalismo significa in primo luogo adeguarsi alla verità dei fatti, e, dopo quello che ho letto e ho visto, la realtà dei fatti per quanto mi riguarda non potrebbe essere più chiara: i grossi giornali stanno mentendo spudoratamente per salvarsi il poco culo che gli è rimasto da salvare, e il grosso di quello che GamerGate afferma è vero e ben fondato.
Ci tengo a fare presente che la mia non è una battaglia ideologica. Ho sotto gli occhi le conseguenze pratiche di questo giornalismo, ce le ho da anni e mi fanno sempre più schifo e paura, GamerGate o no.
Non credo che la conclusione di questo caso sarà catastrofica al punto in cui alcuni portavoce e membri del GamerGate si aspettano. L’industria non butterà fuori da un giorno all’altro tutta la stampa coinvolta, non accadrà mai. Quello che invece è lecito aspettarsi, e che sta già cominciando a succedere, è l’espulsione del centro nevralgico del problema, ovvero i più estremisti in assoluto, a cui vengono tagliati i fondi.
Chi è sotto la lente del GamerGate, a questo punto, si comporta come se non avesse niente da perdere. Il che è un atteggiamento stupido, perché non è così, si sta solo cercando di difendere il sistema ad oltranza. Alla fine tutto questo finirà per fare da selezione naturale, separando i giornali che saranno abbastanza furbi da fare mea culpa e uscirne subito malino e quelli che proseguiranno in un’ottica “vittoria o morte” e verranno ridotti a un colabrodo dai danni economici nei prossimi mesi.
Se almeno quei giornali che hanno fatto del sessismo e del tabloidismo la loro bandiera, e che con la loro gestione dello scandalo restano sempre di più isolati anche all’interno del panorama giornalistico stesso, verranno messi definitivamente alla porta, sarà passato un messaggio fondamentale: c’è una soglia oltre la quale il sistema non regge, non si può fare e dire tutto quello che si vuole, ci sono dei limiti, tanto l’utenza quanto la parte attiva dell’industria non lo consente.
Sarebbe ingenuo pensare che tutti i problemi dell’internet videoludico internazionale dipendano da questi fattori, e che GamerGate abbia la soluzione magica ad ogni problema.
Ma, d’altra parte, se l’offerta sul tavolo è cacciare a calci questi bugiardi cialtroni, manipolatori e politicizzati e restituire definitivamente e “ufficialmente” il grosso del potere d’informazione a persone venute dal basso e di ben più provata buona fede… cazzo, ditemi dove devo firmare.
Questa è la vera domanda che penso dovreste farvi: quali figure vorreste vedere alla guida del giornalismo? Qualcuno come TotalBiscuit, serio, metodico e competente, oppure qualcuno che nel migliore dei casi rincorre farfalle basando il proprio giudizio sulle proprie concezioni di vita e nel peggiore usa i videogiochi per operazioni di propaganda politica?
Sopravvivere al GamerGate
Posso capire che per molti questo sia uno scenario difficile da digerire. Ci sarà diversa gente, e dico tra gli utenti, che continuerà a sostenere ad oltranza che è tutto falso, è tutta una montatura, che sono solo pochi bambini che si inventano le cose per attirare l’attenzione; succede sempre, è sintomatico di un ambiente di questo tipo.
Signore e signori, guardiamoci un momento in faccia, noi siamo italiani. Siamo per definizione il popolo dei furbi, del nepotismo, della mafia, delle truffe. Noi queste situazioni le vediamo tutti i giorni, sappiamo “come gira il mondo”. Non lo dico come vanto, dico solo che dovremmo avere gli anticorpi per questo genere di cose, almeno a questo livello. Dico che non dovremmo fare fatica ad immaginarci che tutto questo sia uno scenario almeno realistico. Dopo anni di Rete4, caro signor giornalista americano qualsiasi, non me la racconti che quelli che criticano chi ha in mano l’informazione sono solo droni senza idee e non ha senso neanche dargli la possibilità di parlare. Non puoi rubare in casa del ladro.
Molta gente non sarà ancora convinta, come invece ora lo sono io; è comprensibile. Non vi chiedo di credermi e basta, neanche dopo tutto quello che ho voluto scrivere. Vi chiedo, se veramente volete andare in fondo alla vicenda, di non dare giudizi affrettati dettati dalla noncuranza. Vi chiedo insomma di non liquidare la questione con sufficienza, perché stareste facendo esattamente quello che i grandi giornali vi invitano a fare; e potete capire anche da voi che i grandi giornali sono parte in causa, e in quanto tale hanno un chiaro conflitto d’interessi in ballo.
Se qualcuno è accusato di un crimine non può essere sempre quel qualcuno a decretarsi colpevole o innocente, viene interpellato un giudice esterno. Su internet dovrete essere voi i giudici per voi stessi, dovete analizzare gli elementi portati dall’accusa, quelli della difesa e arrivare ad un giudizio. Ascoltare solo una delle due parti e cullarsi in quello che dice è un po’ troppo comodo, e fa male in primo luogo a voi. Arrivate alla conclusione che volete, ma per favore, almeno arrivateci dopo un po’ di impegno.
Ci sarà anche molta gente la cui reazione all’argomento è “ci posso credere o non credere, ma non me ne importa nulla”. Se qualcuno di questa filosofia è arrivato a leggere fino a qui innanzitutto complimenti per la pazienza, e comunque posso solo dirgli che non ho nulla da rimproverargli, e che faccia come preferisce.
Ma voglio che si renda almeno conto di quanto è fortunato, perché la prossima volta una situazione simile potrebbe capitare non in una terra lontana, per cui gli unici obbligati, qui da noi, a prenderne coscienza sono gli addetti ai lavori e pochi super-appassionati. La prossima volta potremmo avercelo in casa nostra qualcosa del genere, e allora se non vorrete sentirvi raccontare balle su balle l’unica soluzione sarà prendere più a cuore l’argomento.
Per chi infine raddoppiasse eventualmente sul complottismo e volesse suggerire che il vero complotto è contro i giornali, e che quindi tutte le persone che ne fanno parte, tutte le personalità del web che lo supportano e infine io ne siamo parte, questo per il solo fatto che parliamo dell’argomento in modo diverso dalla risposta unica e standard fornita dalle grande voci, sappia che non intendo insultarlo e non intendo neppure sforzarmi ulteriormente per fargli cambiare idea.
L’unica cosa che gli chiedo di fare è di seguire la sua inclinazione naturale, andare sui siti secondo lui “giusti” che raccontano la versione “giusta” della storia, e per quel che mi riguarda di restarci. Cosa ci fate qui a farmi guadagnare traffico, indicizzazione su Google e soldi?
Non crediate che mi piaccia particolarmente scrivere di questi argomenti, o che me li andrei a cercare se non pensassi che si trattasse di cose realmente importanti. Come ho già detto, però, sono un giornalista, e se giornalismo significa raccontare quello che succede, non solo fare da ufficio stampa di qualcuno più in alto di me, sia esso un publisher o un altro giornalista, questi due articoli erano il minimo per una vicenda del genere.
Non intendo scrivere altro, almeno finché non ci saranno sostanziali evoluzioni. Se volete restare aggiornati sul fronte GamerGate vi consiglio di tenere d’occhio i canali YouTube di persone come InternetAristocrat, Sargon of Akkad e MundaneMatt. Quello che avranno invece da dire i giornali, penso sappiate già dove trovarlo.
Alla prossima.
[…] pubblicato un nuovo articolo sull’argomento, che fa riferimenti a questo ma rende obsoleta buona parte delle mie cautele. […]