RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno.
Altro giorno, altro ibrido Grand Strategy/Tattico a turni a doppia scala in stile Heroes of Might and Magic. Che volete farci, così è la vita.
Se avete giocato a un Heroes of Might and Magic, in particolare al IV, sapete come si gioca ad Age of Wonders 2.
È abbastanza evidente come gli Age of Wonders siano ispirati alla serie di New World Computing, ma è anche piuttosto curioso che il secondo di essi sia riuscito in quello che il franchise più celebre aveva tentato appunto con il quarto titolo e aveva sostanzialmente fallito: svincolare la struttura degli eserciti dagli eroi e rendere più dinamica e meno rigida la gestione complessiva della partita.
In Age of Wonders 2 (titolo ufficiale “Age of Wonders 2: The Wizard’s Throne”) ogni giocatore ha un proprio avatar sul campo: si tratta di un mago, ma non uno normale. Benché infatti il proprio personaggio possa prendere parte ad una battaglia campale, è molto più consigliato tenerlo all’interno di una città dotata di una Torre del mago. Finché si trova in una Torre il personaggio ha una vera e propria “area d’influenza” sulla mappa di gioco, e tutte le altre Torri ed Eroi alleati fungono da estensione di questa zona. Un giocatore ha perso quando il proprio mago principale viene ucciso in battaglia e non è più in possesso di una Torre del mago dove ritornare in vita nel turno seguente.
Combattere una battaglia all’interno della propria zona d’influenza è un vantaggio non indifferente, dato che significa poter lanciare incantesimi col proprio mago esattamente come se si trovasse a sua volta in campo. La magia in Age of Wonders 2 è in qualche misura limitata nell’utilizzo (i personaggi hanno pochi punti mana in relazione al costo degli incantesimi), ma rimane potenzialmente devastante. L’attacco ad area giusto, o addirittura uno che colpisce l’intero campo di battaglia (unità amiche incluse), può ribaltare uno scontro.
Per questo motivo, quando ci si inoltra in territorio nemico avere almeno un Eroe con sé è incredibilmente vantaggioso (si possono lanciare incantesimi col proprio mago principale durante tutte le battaglie a cui prende parte, in qualsiasi punto della mappa), ma allo stesso tempo non c’è alcun obbligo di muovere o impiegare le proprie truppe solo se accompagnate da un personaggio. In questo modo viene di fatto risolto il vecchio contenzioso generali-esercito/truppe libere senza cadere completamente in uno dei due estremi.
I personaggi stessi sono piuttosto efficaci in battaglia, e possono essere maghi a loro volta. Esattamente come in Heroes IV sono unità come le altre, che camminano, combattono e possono morire, ma in più equipaggiano degli oggetti magici e quando salgono di livello ottengono incrementi delle statistiche o nuove abilità sotto forma di scelta da un piccolo pool di attributi proposto a caso dal gioco. La loro vita vale anche di più che nel titolo di New World Computing, e conviene fortemente non farseli uccidere (perché, a differenza che in Heroes, non li si può semplicemente reclutare, deve essere il gioco a proporveli, e il loro numero massimo è estremamente ridotto).
La “gestione” delle città è un altro fattore abbastanza importante. Anche se non espansi come nei Total War, gli insediamenti adottano un modello simile, con edifici progressivamente realizzabili che permettono di reclutare nuovi tipi di truppe o ricevere benefici vari, e c’è persino un basilare elemento di ordine pubblico.
Ogni città è abitata da una delle razze del gioco, con cui il giocatore può avere un rapporto più o meno buono (a seconda dei trascorsi, ad esempio se si ha saccheggiato o distrutto un’altra città di quella stessa razza, oppure dei semplici rapporti con altre razze incompatibili), e in caso di ostilità aperta è necessario lasciare a presidio un numero sufficiente di soldati, oppure prima o poi si verrà buttati fuori e l’insediamento sarà occupato da un manipolo neutrale di truppe (Age of Wonders è stato, che io sappia, il primo videogioco ad adottare una meccanica simile). È anche possibile “migrare” la popolazione di una città sotto il proprio controllo, sostituendola con quella di un’altra razza facente parte dei vostri domini.
La battaglie in tempo reale, per finire con le componenti principali, sono a turni e basate su una mappa ad esagoni. Ogni soldato conta come un solo uomo e ha un certo numero di “punti movimento” che può spendere camminando, tirando, combattendo da vicino o compiendo altre azioni speciali (quindi se ad esempio si usa metà del proprio movimento per raggiungere un nemico, poi si effettueranno meno attacchi per il turno corrente). Anche il contrattacco (che è automatico in corpo a corpo e non esiste contro armi a distanza) consuma punti movimento, motivo per cui se si è soverchiati da nemici che attaccano in corpo a corpo sostanzialmente si rimane bloccati sul posto e si può solo rispondere passivamente.
I combattimenti sono tutto considerato abbastanza ben studiati ed implementati, grazie anche ad un sistema di “coperture” piuttosto intelligente (quando si tira contro un nemico e la traiettoria è ostruita da un ostacolo o da un’altra unità c’è una percentuale di probabilità che il colpo cada sull’ostacolo anziché sul bersaglio), lasciandomi con due soli mezzi interrogativi: le unità da tiro possono tirare in corpo a corpo (molte non hanno affatto un attacco melee) e il nemico non può neppure contrattaccare, e il numero di punti danno causati da ogni attacco ha un massimo, ma mai un minimo (quindi un colpo che causa massimo 15 ferite può tranquillamente causarne 1 o 2, se siete sfortunati). Nessuno di questi due aspetti “rompe” comunque le battaglie di Age of Wonders 2, che mantengono un buon equilibrio tra preparazione, tattica e un po’ di fortuna.
L’oro, la risorsa fondamentale, si genera principalmente dalle tasse delle città (non regolabili, ma dipendenti dalla popolazione, di base in crescita e che cala solo se si vuole accelerare la creazione o costruzione di qualcosa – pagandolo anche di più), mentre il mana deriva da vari edifici costruibili o elementi occupabili della mappa. Il mana è infatti l’altra risorsa consumabile, e anche se ogni mago ha un limite personale a quanto ne può impiegare ogni turno c’è un pool complessivo della fazione da cui attinge per lanciare gli incantesimi; gli introiti di mana vanno anche suddivisi tra quello accumulato in questa pozza e quello speso in ricerca di nuovi incantesimi.
Si possono, un po’ a sorpresa, anche fondare nuove città e costruire strade, tramite una particolare unità (che viene persa se si genera un nuovo insediamento). Una nuova città comincia con pochissima popolazione e nessun edificio, quindi la sua crescita a livelli utili è piuttosto lenta (c’è anche una distanza minima da tenere rispetto agli altri centri abitati, quindi non si può semplicemente intasare un angolo della mappa e creare una fornace economica e bellica), ma può essere una buona soluzione per tenere più facilmente sotto controllo un punto di passaggio importante nella mappa, o anche solo una fonte di risorse notevole.
Oltre alle partite casuali (e ad un editor) nel gioco è ovviamente inclusa una campagna, composta da 20 missioni, e anche se la trama scivola pietosamente via nel momento stesso in cui la si guarda (i maghi cattivi si sono ribellati all’ordine che mantiene l’equilibrio del mondo… picchiali a ripetizione) il tema dell’utilizzo dei vari elementi ha ripercussioni pesanti sulla partita, quindi basta a mantenere le cose interessanti. Le missioni sono suddivise in blocchi da 3, all’interno dei quali si hanno una razza di partenza e una sfera della magia diverse e gli eroi vengono mantenuti nel passaggio alla mappa successiva.
Esiste anche un sistema di diplomazia teoricamente abbastanza articolato, ma nella realtà dei fatti poco utile e molto pilotato. Tranne che in rarissime eccezioni il gioco decide a prescindere con chi potete essere alleati e con chi dovete combattere, quindi tutto si riduce a giocarsi bene le (poche) potenze amiche per degli scambi commerciali (si possono barattare risorse, edifici sulla mappa, oggetti magici e persino magie apprese).
Forse Age of Wonders 2 non è un titolo super-incredibile che meriterebbe di essere celebrato fino alla fine dei tempi – diversi considerano il primo capitolo più bilanciato e complessivamente più riuscito. C’è però un qualcosa, qui, che me lo fa apprezzare di più; credo che sia, per l’appunto, l’azzardo di rompere i delicati equilibri degli schemi fissi messi in piedi da Heroes of Might and Magic per produrre un gameplay forse un po’ meno “scientifico”, ma per questo anche meno prevedibile e monotono.
Per quanto l’IA non sia strabiliante non se ne sta sicuramente seduta con le mani in mano, e tutte le partite sono dei lunghi tiri alla fune per sottrarsi a vicenda una città qui e una lì. Questo equilibrio raramente viene spezzato in un solo colpo da qualche azione bellica lampo, ma più spesso è un lungo logoramento di battaglie vinte subendo poche perdite, accumulo intelligente di risorse e uso degli incantesimi globali (alcuni dagli effetti devastanti, tra cui causare esplosioni sulla mappa, rendere zona perenne di danno l’intero proprio dominio magico o allagare lentamente tutto il mondo!).
Age of Wonders 2 non è un gioco “perfetto”, ma trova un ottimo equilibrio tra le sue varie componenti. Per vincere una partita vi serviranno soldati robusti e cannoni; ma per avere entrambi dovete costruire e accumulare risorse. E, sempre, tenere un occhio puntato sulla magia, vostra e del nemico.
Chi fosse interessato può acquistare Age of Wonders 2 su Steam o su GoG. A giudicare dalle impressioni degli utenti, quest’ultima sembra la versione più sicura da far girare su una macchina moderna.
A presto.
[…] po’ di tutto, dai City Builder agli Spectacle Fighter, dagli FPS agli Action Adventure, dagli Strategy a doppia scala ai Racer Arcade, dagli RPG ai Fighting game, dai Platform ai Dungeon Crawler giapponesi, omaggiando […]