Dark Souls III è un Action RPG focalizzato sul gameplay e caratterizzato da un livello di difficoltà sopra la media.
Terza iterazione di una fortunata serie, Dark Souls III cerca di sintetizzare quanto costruito da From Software nel corso dell’ultimo decennio, prendendo, modificando ed integrando elementi da Demon’s Souls a Bloodborne. Ma qual è il risultato finale? Cerchiamo di capirlo.
P.S.: Come al solito, tutte le immagini che vedrete nel corso della recensione sono state catturate da me personalmente, dalla versione PS4 del gioco. Anche quando parlerò degli aspetti tecnici e di esecuzione tenete a mente che mi sto riferendo unicamente alla versione PS4, dato che è l’unica che ho visto e giocato.
Tagliato per il lavoro
Sword and sorcery
I fondamentali di Dark Souls III sono esattamente quelli che vi aspettereste avendo giocato i precedenti titoli di From Software: ci si muove in un mondo abbastanza binarizzato uccidendo nemici per raccogliere anime (punti esperienza), trovando oggetti di varia natura (armi, armature, consumabili, chiavi ecc.) e accendendo dei falò, che fungono da punto di “ripristino” (curando il personaggio, ma respawnando anche tutti i nemici comuni già uccisi), da checkpoint e da viaggio rapido. Avanzando lungo le varie strade possibili si arriva, prima o poi, ad affrontare un boss, che una volta ucciso permette di proseguire oltre nell’avventura o funge semplicemente da sfida conclusiva della zona.
La struttura del mondo di Dark Souls III è relativamente lineare; lontana dal modello di Dark Souls 1, dove vari ambienti apparentemente lontani si collegavano tra loro tramite strade secondarie, in questo caso siamo più vicini ad una via di mezzo tra i mondi di Dark Souls II e Bloodborne: gli ambienti sono sostanzialmente dei compartimenti stagni, ma la forma di ciascuno può variare da zone abbastanza dritte e forzate ad altre sostanzialmente aperte e dotate di complessi sistemi di interconnessioni al loro interno.
Come da tradizione non mancano anche percorsi e zone completamente secondari, che sono comunque in numero ridotto e in alcuni casi piuttosto criptici anche solo da scoprire. In questo senso, siamo invece molto più vicini a Dark Souls 1, e all’alone generale di mistero che produceva grazie al suo occasionale rompere le regole ed introdurre nuovi elementi imprevedibili.
Dopo i primi 10 minuti di gioco circa, superata l’area-tutorial e sconfitto un primo boss, si arriva a quello che sarà il vostro hub per il resto della partita. Come in ogni titolo del franchise (eccetto Dark Souls 1) è qui che dovete andare per salire di livello. Ma non solo: quasi tutti i mercanti e alcuni NPC con cui è possibile dialogare, una volta incontrati nei livelli di gioco, si trasferiranno in modo permanente o temporaneo nell’hub, dove vivranno anche delle loro sotto-trame in parallelo all’avanzamento della partita – esattamente come avveniva in Demon’s Souls.
Per alcune “quest” è ancora richiesto incontrare un personaggio in un dato momento e luogo nel mondo di gioco, ma la centralizzazione di quasi tutte le interazioni utili nell’hub, assieme alla trasformazione dei Patti multiplayer in semplici oggetti equipaggiabili (ovvero, una volta scoperto l’altare di un Patto non è necessario ri-visitarlo ogni volta che si vuole aderire ad esso), permette di ridurre gli spostamenti inutili al minimo necessario, lasciando più tempo e spazio ai contenuti salienti del gioco, che decisamente non mancano.
Come l’impostazione generale del mondo, anche i sistemi di combattimento, equipaggiamenti e statistiche non sono stati stravolti, ma hanno a loro volta subito delle modifiche più o meno evidenti.
Senza entrare troppo nei dettagli, le armi e le armature sono state un po’ “normalizzate” tra di loro, riducendo almeno nelle prime fasi della partita il divario tra equipaggiamenti molto leggeri e molto pesanti ed evitando che alcune armi a caso, apparentemente senza nessuna logica, siano o possano diventare spaventosamente più potenti delle altre simili. Lo scalare dei danni (ovvero quanto diventano man mano più forti le armi al crescere delle vostre statistiche) in particolare è stato un po’ livellato, in modo da non creare scompensi enormi.
Anche l’uso dell’Estus è un po’ cambiato, in realzione alla gestione dei “Punti Azione” (che potremmo semplicemente chiamare “mana”). Come sempre, le fiaschette che permettono di curarsi sono disponibili in numero limitato, si ripristinano automaticamente ai falò ed è possibile sia aumentarle di numero sia potenziarne gli effetti trovando oggetti unici particolari nel corso della partita.
Di diverso, in Dark Souls III, c’è che ora le fiaschette Estus sono di due tipi distinti, uno che ripristina la salute e l’altro che ripristina il mana. Il numero totale di usi a disposizione è comunque invariato, e sta al giocatore distribuirlo (parlando con un NPC nell’hub) tra le due fiaschette. Questo significa, ad esempio, che avendo a disposizione un totale di 8 usi dell’Estus, con un personaggio principalmente combattente se ne potrebbero assegnare 7 al ripristino della salute e 1 solo al mana (o addirittura tutti e 8 alla salute), mentre con un personaggio principalmente mago si dovrebbe cercare un maggiore equilibrio, o addirittura un sacrificio della salute a vantaggio del lancio di incantesimi.
Tutto questo va a sua volta inquadrato nell’uso che si fa del mana. Stregonerie, Piromanzie e Miracoli (i tre tipi di magie) consumano tutti quanti indistintamente mana, ma non sono i soli: anche le comuni armi, impugnate da un semplice guerriero, possono impiegare mana per eseguire degli attacchi speciali.
Di tutte le modifiche apportate ai sistemi fondamentali di Dark Souls III, quelle al combattimento sono probabilmente le meno vistose ma le più incisive. Il combattimento di Dark Souls III è una perfetta via di mezzo tra tutte le opzioni disponibili in Dark Souls 1, i ritmi e i bilanciamenti salute/danni di Bloodborne e alcune novità che fungono da legante tra queste due filosofie.
Assumiamo di essere equipaggiati in modo tradizionale, con una spada nella mano destra e uno scudo nella sinistra. Dato che abbiamo due oggetti, uno per mano, i tasti R1 ed R2 sono dedicati all’oggetto nella destra, mentre L1 ed L2 all’oggetto nella sinistra. In questo caso, quindi, il moveset sarà più che mai familiare: con R1 si eseguono attacchi leggeri, con R2 attacchi pesanti (che ora è sempre possibile caricare, ritardandone l’uso ma aumentandone la forza), con L1 si bloccheranno gli attacchi nemici e con L2 si eseguirà di solito un tentativo di parry.
Diciamo che ora vogliamo impugnare a due mani l’arma nella destra, riponendo temporaneamente lo scudo. Oltre all’ovvio cambio di animazioni e danni, L1 resta ancora dedicato a bloccare (con l’arma), mentre L2, a sua volta passato all’arma, viene assegnato alla sua “Abilità”. Ogni arma ha una singola Abilità, che può variare dall’eseguire un colpo particolarmente potente, al potenziare temporaneamente tutti i danni (o la resistenza del personaggio, o altro ancora), all’assumere una guardia differente che cambia le funzioni degli altri tasti d’attacco. Le Abilità, generalmente, consumano Punti Azione (cioè il mana). Uno scudo esegue un parry con L2 perché quella è la sua Abilità, che prende la priorità su quella dell’arma nella destra (alcuni scudi non eseguono affatto un parry, e hanno altre Abilità al suo posto).
Si può ancora equipaggiare un’arma per ciascuna mano, ma quella nella sinistra effettuerà dei normali blocchi con L1 e degli attacchi non concatenati a quelli della destra con L2. Ci sono comunque anche alcune “coppie di armi” prefatte trattate come un unico oggetto, che funziona come qualsiasi altra arma fintanto che lo si impugna ad una mano, ma si trasforma in una coppia (con concatenazioni più fluide ed efficaci) quando lo si impugna a due mani.
Anche se molte armi hanno set di animazioni in comune, la combinazione delle varie rapidità di utilizzo, Abilità e statistiche movimenta abbastanza l’inventario, al punto in cui è effettivamente difficile stabilire una tattica universalmente migliore contro tutto quanto. Visto che la rapidità con cui si effettuano nella pratica gli attacchi sembra del tutto indipendente dalle vostre statistiche, è una buona idea puntare ad un set di armi dotato o di rapidità o di gittata.
Rispetto ai precedenti titoli della serie, Dark Souls III è in definitiva sicuramente più dinamico. Alcuni nemici sono veloci (intendo “veloci” a livello Bloodborne), e la soglia del peso equipaggiato dal giocatore a cui la rotolata passa alla versione lenta e goffa è stata alzata al 70% del totale. È più comune sia causare che subire danni notevoli, spostando la dinamica ancora di più sull’aspetto tattico piuttosto che sulla logica “carro armato contro carro armato”.
In aggiunta a questo, l’effetto delle armature è stato rivisitato (secondo algoritmi che non faccio finta di saper estrapolare con precisione) di modo che il solo avere un’armatura addosso, qualsiasi essa sia, fa molto la differenza su tutti i danni ricevuti, mentre averne una un po’ più leggera o un po’ più pesante si sente principalmente contro i colpi particolarmente forti. Faccio anche notare che ora le armature, a differenza di armi e scudi, non sono né potenziabili né incantabili in alcuna misura, né il loro effetto scala in alcun modo con le statistiche del personaggio.
In definitiva, il sistema difensivo è stato ribilanciato in modo da non rendere più le armature, e in particolare quelle leggere, completamente superflue ad alti livelli. Dite addio all’onnipotente guerriero in mutande.
Come da tradizione, il multiplayer di Dark Souls III è integrato completamente nell’esperienza single player. Nel corso della partita è infatti possibile prendere parte ad azioni cooperative con altri giocatori, oppure combatterli effettuando un’invasione. Il tutto, sempre da tradizione, è condito dalla possibilità di aderire a vari Patti più o meno nascosti nel corso del gioco, che valorizzano con delle ricompense maggiori alcuni tipi di azioni multigiocatore oppure ne introducono di aggiuntive.
Non si discute che il multiplayer aggiunga molto alla partita, fungendo sia da àncora di salvezza per chi non è in grado di avanzare oltre certi punti completamente senza aiuto sia da fattore di imprevedibilità, ma non nascondo che questo è anche l’aspetto del gioco con cui ho i maggiori problemi – per non dire l’unico.
In primo luogo, giocare cooperativamente rende le cose non solo più facili, ma spaventosamete più facili. Evocando man mano le prime due persone di cui trovate il segno per terra vi farà completare il gioco nella metà, per non dire in un terzo del tempo, e richiedendovi una frazione della fatica che giocando da soli, al punto in cui molte aree o nemici diventano quasi opachi da tanto in fretta li si passa. In questo modo si può affrontare ogni singolo boss del gioco, e teoricamente ogni singolo ambiente. Quando più giocatori amici agiscono assieme la salute di tutti i nemici e dei boss cresce un po’ per adattarsi al nuovo numero di persone (e/o le persone evocate vengono indebolite per l’occasione, non sono completamente sicuro), ma la cosa non fa comunque molta differenza, soprattutto quando si è avanti nella partita: in questo titolo il venire completamente soverchiati e accerchiati è quasi una sentenza di morte, e vale tanto per i bot che per altri giocatori.
Le cose infatti non vanno molto meglio neanche per gli invasori abituali, ma per la ragione opposta: dato che può essere invaso solo un giocatore la cui brace è accesa (in Dark Souls 1 avremmo detto “che è Umano”), e che avere la brace accesa serve principalmente a poter evocare degli alleati, per esperienza personale posso affermare che circa tre invasioni su quattro vi lanceranno direttamente contro non una, ma due, tre o quattro persone alla volta (più eventuali protettori evocati dal loro Patto!), decretando di fatto la vostra sconfitta prima ancora di cominciare. Se le invasioni possono apparire come una decente distrazione guardandole dal punto di vista di un gruppo compatto che avanza, per un invasore già a livello alto sono sostanzialmente un suicidio chiamato (e morire come invasori, a differenza che come spiriti aiutanti, vi fa perdere le anime).
Queste mie lamentele non sono probabilmente gravissime, e sicuramente il multiplayer resta in grado di produrre momenti di qualità, sia sotto il profilo ludico che quello aneddotico/comico.
Quello che è sì più grave sono il costante delay del gioco online e lo stato caotico dei server. Premettendo che la mia connessione è più che discreta e che mi permette di giocare ad ogni sorta di titolo online con un ping medio di 40-60, in Dark Souls III ogni singolo movimento e input viene recepito dalla console dell’altro giocatore quando va molto bene con mezzo secondo di ritardo, e quando va male con uno o due. Il lag si sente parecchio anche nella cooperativa, ma ovviamente causa i danni maggiori durante le invasioni.
Quando siete solo in due in campo generalmente il ritardo è ancora nella soglia dell’accettabile, ma basta e avanza già per cambiare completamente il funzionamento del gameplay e annullare involontariamente tutto ciò che avete imparato combattendo contro degli NPC. Metà delle tattiche e delle regole vengono mangiate dalla sovrapposizione di informazioni sul server, e i combattimenti diventano delle telefonate giostre medievali fatte di rotolate seguite ogni tanto da un singolo colpo, perché esporsi in qualsiasi modo significa tirare una monetina su a chi dei due andrà fatta male e non potrà continuare a colpire dopo avere subito il primo danno (sul serio, il duello qui sotto è anche veloce, ma ne ho combattuti un paio lunghi letteralmente 10 minuti di nulla assoluto!).
Purtroppo, non appena ci sono più giocatori in campo il ritardo peggiora esponenzialmente, arrivando a livelli in cui l’idea stessa di tattica salta totalmente, e l’unica logica vincente è menare fendenti nella speranza che prima o poi uno venga registrato. Ovviamente in una situazione del genere essere uno contro due, tre o più giocatori, come spiegavo prima, non è un buon punto di partenza.
Per finire, questo non credo richieda commenti. E no, non è l’effeto di un Anello.
Tirando subito le conclusioni sul gameplay prima di passare a parlare d’altro, ci tengo a ribadire che Dark Souls III è un gioco nel complesso eccezionale, curato, lungo, vario, profondo e ricco di sorprese. I problemi concettuali dell’online da soli sono aggirabili, e la mia speranza è che con l’uscita di qualche nuova patch, o anche solo con il progressivo calare del numero di utenti contemporanei, la situazione della latenza nei server si normalizzi.
Finché non vedrò succedere anche questo, purtroppo non me la sento di assegnare il voto massimo per il gameplay, che altrimenti penso Dark Souls III meriterebbe.
Le nebbie di Lothric
Tra tutto quello che si potrebbe dire del comparto “narrativo”, con quest semplici ma imprevedibili, citazioni e una lunga serie di collegamenti molto ben nascosti alla lore generale del franchise, la resa del mondo di gioco merita un plauso a parte. Se la “trama” di Dark Souls III è infatti minimale e decisamente non approfondita (ma non per questo incongruente o scollegata da tutto il resto), a reggere sulle proprie spalle la personalità del titolo, assieme al gameplay, è soprattutto il design visivo di ambienti e nemici.
E di pari passo al design c’è il comparto tecnico, che probabilmente per la prima volta permette di raffigurare in modo più tangibile l’atmosfera che si intendeva utilizzare di volta in volta. Dark Souls III, dotato degli stessi mezzi di Bloodborne ma non intrappolato nell’unicità tematica dello scorso titolo di From Software, è infatti il capitolo della saga più vario dal punto visivo, in grado di rendere pienamente giustizia con luci ed effetti speciali a una notevole pletora di contesti.
Non è questa la sede per approfondire torppo l’argomento, ma anche il design dei nemici e dei boss è di livello assolutamente ottimo, capace di dosare semplicità e complessità, piattezza e follia in modo da dare a ciascuno un aspetto distintivo, e un tono in linea con ciò che dovrebbe essere e perché.
A fronte di un’engine potente e capace sotto quasi tutti i profili, Dark Souls III cade comunque in qualche problema tecnico. Premettendo che (parlo della versione PS4) la qualità e la pulizia dell’immagine in movimento è ottima – anche più di quello che fanno presagire alcuni miei screenshot – e che per la stragrande maggioranza del tempo il frame rate è sostanzialmente sui 30 fps, a soffrire un po’ è la gestione in tempo reale degli asset.
Le conseguenze sono temporanei cali di fluidità in corrispondenza con il passaggio da un ambiente ad un altro, ma sopratutto uno sporadico ma molto vistoso pop-in non di texture e modelli di qualità diversa, ma di modelli e basta. Ovvero, muovendocisi per il gioco non è raro veder apparire dal nulla a breve distanza piccoli oggetti, o dettagli architettonici degli edifici; non sono ancora riuscito a capire se tutto questo sia dovuto ad un’impostanzione precisa del level of detail o se semplicemente il gioco faccia man mano spazio in memoria ai pezzi più importanti, dando un grado di priorità minore ad altri e venendo costretto a recuperarli al volo qualora diventino necessari e non siano già a disposizione.
Ciò detto, non penso che tutto questo abbia mai influenzato in maniera sostanziale il gameplay, che è invece esente e ben schermato da problemi di natura tecnica. In un’unica occasione sono riuscito (sforzandomi) ad incastrare un nemico dentro un muro, ma di più di questo non posso davvero dire.
Sull’audio spendo giusto due parole per le ottime musiche (usate comunque con molta parsimonia in un titolo che per il grosso del tempo ha più che altro rumori ambientali) e voci, rumori e suoni più che all’altezza, ma che molto raramente risaltano fuori dall’insieme. È un po’ un delitto scrivere tre righe in croce, ma l’audio è davvero l’ultima cosa che viene in mente pensando a questo gioco.
La luce dell’oscurità
Tematicamente (e, in una certa misura, concettualmente e visivamente), Dark Souls III è la fusione di idee vecchie e nuove. Come sempre il titolo non è una tabula rasa in termini di lore, nemici e struttura della partita: alcuni elementi ricorrenti della serie ritornano, non tutto quello che si vedrà è una novità, e in particolare l’arsenale e l’inventario sono in maggior parte composti da nomi e design ben noti ai fan della serie.
Tutto questo, ad ogni modo, è magistralmente nascosto da ciò che è stato aggiunto ex novo. Giocando, non credo di essermi detto una sola volta “ah, sì, questo nemico me lo ricordo, si uccide così”. Le armi, pur avendo quasi tutte il nome e l’aspetto di oggetti di Dark Souls 1 o 2, seguono delle logiche nuove, organiche e strettamente connesse al gameplay di questo gioco. Anche un paio di boss sono citazioni, ma quello è probabilmente il reparto in assoluto con più novità, e delle due lo avvicinerei di più a Bloodborne che ad altro.
Quello che sto cercando di dire è che Dark Souls III riesce allo stesso tempo a fare tre cose: rimanere perfettamente comprensibile e familiare per i fan della serie in termini di gameplay, creare collegamenti e citazioni su vari livelli con i giochi precedenti, e farsi percepire ugualmente come un’esperienza nuova, solida e dalla propria personalità forte.
Quanto tempo sia necessario per vedere tutto quello che il titolo ha in serbo per voi varierà da caso a caso (a seconda di quanto spesso e quanto a lungo si resta bloccati, se si vuole farmare, quanta attenzione si dà alle quest secondarie ecc.), ma una prima partita un po’ di corsa durerà comunque almeno sulle 30 ore, mentre una fatta con calma (sempre senza incontrare problemi particolari) può facilmente arrivare tra le 40 e le 50.
Detto questo, la rigiocabilità è oggettivamente abbastanza alta. Se iniziate un New Game + (e un ++, e un +++…) allora sì che troverete una sfida, e in aggiunta potete sempre ricominciare tutto da capo con una classe completamente diversa, che punti di più sul peso, o sulla magia, o sulla rapidità, per avere un’esperienza di gioco effettivamente abbastanza differente, soprattutto contro i vari boss.
Dark Souls III è un titolo apparentemente semplice, ma di fatto complesso. Le sue meccaniche versatili, il suo design fantasioso e la quantità di contenuti ne fanno un gioco sostanzialmente completo, che si adatta al giocatore ma che allo stesso tempo gli chiede di adattarsi.
Se vi piacciono i giochi d’azione e non vi fate spaventare né dalla longevità né da un minimo di difficoltà, non c’è nessuna ragione per saltarlo.
Dark Souls III è bravo ad attingere al proprio repertorio storico senza diventare formulaico o puro fan-service. Il risultato è un titolo estremamente competente, profondo e vario, capace non solo di reggersi in piedi autonomamente, ma anche di dimostrarsi all'altezza del nome che porta e delle aspettative riposte su di esso.
Probabilmente il miglior titolo prodotto all'oggi da From Software, e un must assoluto per tutti gli amanti degli Action RPG che non hanno paura di non farsi tenere troppo la mano.
- Gameplay solidissimo e ben prestante a più stili di gioco.
- Longevo, pieno di segreti e facilmente rigiocabile.
- L'integrazione di single-player e multiplayer rimane un'idea intelligente.
- Direzione artistica eccezionale mista a buoni comparti grafico e sonoro.
- I veterani della serie si sentiranno sicuramente a casa...
- ... ma non troveranno niente di radicalmente diverso dal passato.
- Problemi di latenza e matchmaking, di gravità variabile, nel gioco online.
- C'è spazio per qualche miglioramento in termini di pop-in e framerate.