RetroGaming è una rubrica che guarda al passato dei videogiochi per rapportarlo al presente – in altre parole, pesco un vecchio gioco che conosco da più o meno tempo e cerco di analizzarlo sia inquadrandolo nella sua epoca storica sia mettendomi nei panni di doverlo giocare oggi come videogiocatore moderno.
Nel primissimo episodio di questa rubrica avevo parlato di uno dei titoli che – a mio modesto avviso – ha contribuito maggiormente ad indirizzare il genere Grand Strategy+Tattico nella direzione oggi tenuta dalla serie Total War. E sono tutt’ora convinto di quello che scrissi: Lords of Magic fu il primissimo a fare diverse cose in certi modi, soprattutto riguardo la macro-struttura della partita.
Se si vuole capire da dove derivino i Total War (non che si debba per forza nella vita, per carità, ma questo misero essere deve pure divertirsi in qualche modo), c’è però un’altra serie di vecchi giochi la cui influenza è ancora più diretta ed ovvia, questa volta per quel che riguarda invece gli aspetti Tattici.
Così, mentre l’ovvio connubio Total War + Warhammer che un buon numero di persone (ivi incluso il suddetto misero essere) ha atteso per anni sta diventando sempre più realtà, forse non molti sanno che una combinazione Warhammer + futuro gameplay dei Total War era già stata creata nel 1995 da Mindscape Interactive (R.I.P.).
Quel gioco si chiamava Warhammer: Shadow of the Horned Rat. Quello dell’articolo oggi, Warhammer: Dark Omen, è il suo sequel diretto, sostanzialmente identico ma più rifinito e consolidato in tutte le meccaniche.
La campagna di Dark Omen è composta da una serie di missioni lineari, in cui una compagnia di mercenari imperiali viaggia per varie regioni del Vecchio Mondo cercando di fermare il piano di alcuni negromanti, intenzionati ad eseguire un attacco su larga scala per conquistare tutti i regni degli uomini. Si comincia con un esercito composto da alcune unità, col tempo altre arrivano e occasionalmente se ne vanno; se in battaglia muoiono dei soldati bisogna rimpiazzarli spendendo dell’oro, e se un’intera unità viene cancellata la si perde per sempre.
La struttura generale della partita è interessante e movimentata (le unità salgono di livello, si trovano oggetti magici da assegnare ai propri uomini e occasionalmente si presentano persino delle scelte di trama, che influenzano in modo marginale quali scontri si combattono e in che condizioni), se non un po’ impegnativa (non perdere nessuna unità e rimanere in pari con i rimpiazzi per i caduti diventa molto difficile andando avanti, e se iniziate a perdere pezzi la cose si fanno di male in peggio…), ma quello che merita veramente di essere ricordato è il modo in cui si affrontano le battaglie.
Non sono sicuro che questi due giochi su Warhammer si possano definire i primi Tattici in tempo reale in cui si controllano intere unità in ranghi e file, ma quasi sicuramente sono i primi in cui le dinamiche sul campo di battaglia ricordano abbastanza quelle di un vero scontro tra due eserciti, e non una simulazione iper-semplificata e arcadeizzata.
Potrei passare venti minuti cercando di descrivere passo a passo come funziona cosa in questo gioco, ma la verità è che se avete mai giocato una qualsiasi battaglia in tempo reale in un qualsiasi Total War avete già bene o male la risposta. E, se anche non lo avete fatto, lascio ugualmente l’onore e l’onere a questo filmato pescato da YouTube (il tempo che abbiamo a disposizione è limitato, e tutti quei draghi ogre non si dipingeranno da soli).
Grazie alla presenza di alcuni tocchi realistici come un fattore psicologico e di morale, o l’uso della linea di vista delle truppe per determinare quali unità nemiche sono note al giocatore e chi può sparare su chi – tutto derivato dal gioco da tavolo di Warhammer, dove sono (o meglio erano – *cough*Age of Sigmar*ahem*) altrettanto approfonditi ed importanti – gli scontri sono meno stupidi o piatti di quanto potrebbe sembrare a prima vista, e c’è vero margine perché le scelte tattiche facciano la differenza.
Un altro aspetto piuttosto evidente e preponderante di Dark Omen è come le varie unità non siano tutte piatte e più o meno efficaci in egual misura, ma alcune possano fare la differenza anche da sole. Questo stesso fatto, che dona ulteriore profondità tattica al gioco, è però anche fonte di problemi.
Il primo è l’enorme disparità nell’efficacia del corpo a corpo rispetto al tiro, e quella pressoché infita rispetto all’artiglieria. Una cannonata a segno può decimare un reggimento; un colpo di mortaio può cancellarlo. Se d’altra parte due fanterie mediocri si scontrano, e per qualche malaugurata circostanza nessuno fugge o può fuggire, tanto vale che andiate a mettervi su il caffé mentre le figurine pixelose si smanacciano a vicenda per i successivi 5 o 10 minuti.
L’altro è che, per quanto l’IA non sia di per sé terribile, non è ovviamente capace di fare fronte a tutto quello che un giocatore umano sarebbe in grado di inventarsi in uno scontro alla pari con ampio spazio di manovra. Quindi, praticamente sempre vi troverete o accerchiati a dover gestire un attacco prolungato da ogni direzione, o contro un mare sterminato di nemici, o dalla parte sbagliata di un numero folle di bocche da fuoco. O più di una delle precedenti allo stesso tempo.
Anche una volta assunto che Dark Omen è difficile già in partenza e lo diventa sempre di più con ogni missione che passa (e ci sono tante missioni nel gioco), l’elemento di frustrazione maggiore probabilmente deriva proprio dal ruolo del caso. Per quanto si possa essere “tattici”, quando la tattica prevede di abbattere qualcuno a cannonate e il cannone non manda a segno un solo colpo c’è poco da fare.
Nel mio playthrough più riuscito sono arrivato a poco più di metà del gioco e poi ce l’ho data su, perché iniziavo a dover provare ogni missione anche 5, 6, 10 volte prima di uscirne con delle perdite accettabili. So che è possibile fare meglio, e ci saranno alcuni eletti che ormai completano tutta la campagna senza un solo caricamento e senza perdere un’unità, ma come dicevo prima ci terrei ad impiegare meglio il limitato tempo che ho a disposizione in questa valle di lacrime.
C’è comunque un gioco molto ben funzionante ed entusiasmante sotto il cofano, quindi anche solo per giocare metà della partita completa, magari un paio di volte, può valere la pena provarlo. Per questo è particolarmente inspiegabile e triste che Dark Omen non sia acquistabile digitalmente in nessuno store, benché il precedente Shadow of the Hornet Rat sia recentemente arrivato su GoG.
Se in alternativa volete dare un’occhiata a quello, proprio perché è più facile da procurarsi, non ho niente di troppo diverso da dire; la grafica è un po’ più piatta e confusa, la partita nel complesso ancora più difficile e la meccanica di ripristino delle unità ancora più intransigente, ma la sostanza è bene o male la stessa. E a quanto pare molta gente sta incontrando problemi per farlo girare su macchine moderne, che non è mai un bonus divertente.
Ad ogni modo, c’è però una cosa che non dovete fare per nessun motivo al mondo: giocare l’uno o l’altro su una PlayStation.
Per ragioni che io stesso fatico a comprendere, mi trovo in possesso di versioni funzionanti di Shadow of the Horned Rat e Dark Omen sia per PC che per PS1; quindi ho potuto provarli uno accanto all’altro, per capire quanto peggio fosse la versione su console.
La risposta è “un milione di anime fatte a pezzi per l’eternità da un demone maggiore di Slaanesh con otto falli seghettati montati su varie appendici (usate la fantasia)”.
Dunque, da dove cominciare. Gli analogici non sono supportati. Nada. Quindi freccette o niente. Ma vabbè; per trascinare il video si muoverà il cursore ai bordi del monitor come al solito, no? No.
La visuale si sposta tenendo premuto X e muovendo il dpad, e con altre arcane combinazioni acrobatiche di bottoni si ruota e allarga mappa. Forse può sembrare la soluzione migliore a parole, ma nella pratica è un’agonia; spostare il cursore su qualcuno o qualcosa senza metterci quindici minuti richiede una coordinazione mostruosa (anche perché, ricordo, il d-pad invia impulsi solo in 8 direzioni; quindi, per fare un esempio, è come se su PC steste muovendo il cursore con le quattro frecce o con WASD), e il grosso della partita è più una lotta coi controlli che con il nemico.
Per aggiungere ulteriore confusione, lo sapete cos’altro si fa sempre con X? Quasi tutto. Si selezionano le unità con X. Si danno gli ordini con X. Gli altri tasti regolano alcuni interruttori di tipo on/off (Tiro/Carica e cose simili) e permettono di scorrere le truppe in campo rapidamente, ma buona fortuna appena vi troverete con 10 unità contro 20 o giù di lì.
A questa interfaccia astrusa in cui ogni tasto ha una doppia funzione in base a se X è premuto o no (e X stesso ha più funzioni) sommate che non è possibile fermare la partita e continuare a dare ordini, o anche solo muovere la visuale, e il risultato è dover giocare un gioco già impossibile per conto suo capendo la metà di quello che sta succedendo attorno a voi e mettendoci numerosi secondi per reagire a qualsiasi cosa.
Se qualcuno è in grado di finire la campagna in questa versione senza mai salvare o perdere unità (e senza usare emulatori, controller particolari o altri trucchetti sporchi; solo voi, una PlayStation e qualunque divinità vogliate chiamare in vostro supporto), allora contattate un fottuto esorcista.
Per riassumere, quindi, Dark Omen è un ottimo Tattico in tempo reale incredibilmente dimenticato e poco considerato, con basi estremamente solide ed avanzate e tenuto un po’ al palo solo dalla difficoltà che si fa presto esagerata e dall’assenza di altre modalità di gioco o di un’editor.
Buona fortuna a trovarlo per PC. Sciagura a voi se lo trovate per PS1.
Alla prossima.