L’era PS2: una delle più prolifiche, varie e nel complesso qualitative dei videogiochi. Grazie al dominio assoluto della console Sony nel mercato dei videogiochi da salotto, il numero di titoli che venne sviluppato per PlayStation 2 è semplicemente incredibile: 3870 a giugno 2013 (quindi ora in teoria 3872, con Fifa e PES 14). Ed erano per forza di cose tutti, dal primo all’ultimo, giochi venduti con un proprio disco, una propria scatola e un proprio libretto di istruzioni.
Quello che cerco di dire è che 4000 giochi per PS2 non è un numero paragonabile a 4000 giochi per Android, perché erano tutti e 4000 giochi con una produzione seria alle spalle, più o meno grande, e con un publisher. Questo, unito al benessere dell’ecosistema generale della console, permetteva di avere una diffusione spaventosa sia di giochi nuovi a prezzi bassi sia di usato a prezzi bassissimi. Andando in un negozio nel 2004 o nel 2005 non avreste trovato 50 giochi usati con diversi doppioni e dei quali almeno la metà conoscevate già, ma sui 100-200 o più, quasi tutti unici e di cui forse un decimo avevate anche solo sentito nominare.
In un ecosistema come questo avevano posto anche giochi “deboli”, che riuscivano a trovare per quanto piccola una fetta di mercato sufficiente a giustificare i costi di sviluppo. Per un’infilata di 5 sulle recensioni, per l’80% del pubblico a cui quei titoli avrebbero semplicemente fatto pena, c’era qualcuno che poteva essere interessato e anche apprezzarli.
Questa è sicuramente la storia di Savage Skies, un gioco sviluppato nel 2001 dalla ignota iRock Interactive (che riesce nel difficile compito di non avere una pagina neppure su Wikipedia inglese) e pubblicato (in Europa) da una certa BigBen Interactive, il cui fato non mi è molto più chiaro. Il classico gioco che i recensori hanno definito decente e nulla di più, che nei negozi nessuno si è fumato e che ovviamente ho comprato io usato per una quindicina di euro non so neanche più quando e perché e che ancora ho parcheggiato nel mobile in salotto.
Il gioco è un simulatore di scontri aerei tra creature volanti di vario tipo e con varie abilità. Non è il miglior simulatore sul mercato, ma ha delle belle creature con tante abilità. Interessati?
Savage Skies è il classico caso che in inglese andrebbe definito “mixed bag”: qualcosa con evidenti punti di forza e allo stesso tempo evidenti carenze. Ma è una borsa molto estremizzata: in questo gioco ci sono cose molto positive e altre abbastanza negative, motivo per cui l’impressione globale che se ne può avere è decisamente soggettiva in base agli aspetti a cui si vuole dare più importanza, che finiranno per forza nel bene o nel male per oscurare gli altri.
Il maggior punto di forza di Savage Skies è sicuramente l’aspetto concettuale e artistico. Le creature sono ben realizzate e animate (per essere un gioco del 2001, sia chiaro), e soprattutto hanno un senso di unicità e originalità notevole. Nel mezzo c’è la campagna, che è carina e decentemente varia, ma appunto solo decentemente, e non particolarmente lunga. L’aspetto che più pesa sul gioco è quello dei controlli, che non definirei in nessun modo brutti o tantomeno limitanti, ma di sicuro complicati da padroneggiare e che non favoriscono necessariamente gli aspetti divertenti del guidare un drago.
Un piccolo fatto di colore: inizialmente il gioco doveva essere sponsorizzato nientemeno che da Ozzie Osbourne e venduto col nome di “Ozzy’s Black Skies”, ma per qualche ragione la partnership è venuta meno a sviluppo già in corso e il titolo è stato cambiato in quello attuale. Giuro, non è una battuta. Le schitarrate sboroni, in ogni caso, sono decisamente rimaste (questa è una battuta).
Le statistiche da tenere sotto controllo quando si vola sono tre: la vita, lo scudo (difesa opzionale che viene tolta prima della vita) e l’energia, che serve ad attaccare e ad eseguire alcune azioni di volo particolari. In giro per i livelli si trovano ricariche per i primi due (l’energia si ripristina da sola col tempo), oltre ad altri power-up e a delle mine piazzabili a comando che esplodono se un nemico ci si avvicina.
Anche se i mostri hanno aspetti, dimensioni, statistiche ed attacchi diversi sono comunque tutti caratterizzati da un sistema di controllo unico, non immediatissimo ma abbastanza funzionale una volta che ci si fa la mano: quando è in volo, la creatura avanza sempre lentamente da sola, facendosi trasportare dalle correnti d’aria. Tenendo premuto X si accelera, tenendo premuto Quadrato si rallenta e si cala di quota, potendo anche atterrare. Dando due rapidi colpi alla X e poi tenendola premuta si esegue uno scatto istantaneo con tanto di sollevamento di quota, mentre facendo lo stesso col Quatrato ci si ferma a mezz’aria; entrambe queste azioni richiedono energia. Premendo la levetta sinistra in vari modi si possono compiere anche altre rudimentali manovre: premerla mentre si punta in basso fa eseguire una rapida picchiata, premerla verso l’alto fa fare (se si ha abbastanza inerzia) un giro completo all’indietro e premerla lateralmente fa “rotolare” una volta in aria la creatura nella direzione scelta, per schivare lateralmente (azione che le creature più grosse non sono in grado di eseguire).
Il primo impatto col volo non è traumatico, ma lo è quello con i combattimenti. Tutti gli attacchi privi di auto-mira colpiscono sempre e solo perfettamente frontalmente, il che vuol dire che per colpire il bersaglio non basta avercelo circa davanti, ma che deve essere al centro di un mirino piantato in mezzo al monitor. Durante le prime missioni si affronteranno avversari tutto sommato deboli e gestibili, ma se non si fa molto in fretta la mano il divertimento durerà molto poco, perché molte delle missioni hanno tempi stretti per fare quello che va fatto e soprattutto alcuni dei nemici andranno gestiti in abilità, perché andandoci di forza bruta uno contro tanti prima o poi si finisce annichiliti.
Ogni mostro – in tutto ce ne sono 24 – ha due tipi di attacchi utilizzabili in qualsiasi momento con R1 ed R2. I due attacchi di ogni creatura non sono solo nominalmente diversi, perché quasi tutti sono veramente unici e molti sono decisamente bizzarri, almeno artisticamente. Ovviamente quasi tutti i mostri hanno un qualche tipo di colpo diretto a gittata medio-lunga o giocare sarebbe quasi impossibile, ma ci sono colpi più veloci e altri più lenti, colpi più ampi e colpi più stretti, attacchi ad area e non, e soprattutto praticamente tutti hanno una grafica personalizzata e davvero ben realizzata. Tra gli altri attacchi troviamo colpi con mira automatica ma dalla gittata molto ridotta, momentanee barriere protettive e addirittura rigenerazioni della vita.
I mostri stessi hanno un design sconvolgentemente originale e ben realizzato per essere questo un gioco sconosciuto e virtualmente fallito del 2001. Le tre razze in cui le creature sono suddivise hanno un “tema” ben evidente anche e soprattutto nell’aspetto, con i Virtwyn creature aggraziate e più tradizionali, i Chrysalis esseri strettamente legati alla natura e marcati un po’ da uno stile “silvano” e un po’ semplicemente bizzarri (ma di un bizzarro più alieno che grottesco), e infine i Pariah, incarnazioni del male con creature scure, tetre, un po’ negromantiche.
Non avete un’idea di quanto mi dispiaccia non riuscire anche solo a rimandarvi ad un elenco più esaustivo e preciso dei mostri del gioco, perché quelli sono senza dubbio la cosa di cui gli sviluppatori dovrebbero andare più fieri (anche se non l’unica). Ho cercato veramente ovunque, ma il meglio che ho trovato sono le riproposizioni disegnate (abbastanza bene) di tutte le creature fatte da qualcuno su DeviantArt. A voi quindi Virtwyn, Chrysalis e Pariah nel formato migliore che è giunto fino a noi.
Savage Skies vede come modalità principale una campagna divisa in tre sezioni completamente indipendenti, in ognuna delle quali si userà uno dei tre popoli del gioco. Ogni campagna è composta da 8 missioni, ognuna abbinata ad uno degli 8 mostri del popolo e con oltre ad un obiettivo primario anche due secondari, che se completati sbloccano una skin alternativa per il mostro corrispondente alla missione e una mappa multiplayer (o qualcosa di simile). C’è inoltre per ogni campagna una nona missione segreta, sbloccabile completando un secondo particolare obiettivo secondario nascosto in una sola delle altre 8 missioni. Le tre campagne non sono consequenziali, ma parallele; questo significa che per sbloccare il livello successivo di ognuna l’unica cosa necessaria è finire quello subito prima. La prima volta che si gioca ogni missione è obbligatorio usare il mostro proposto, mentre dalla volta dopo si potrà usare uno qualunque dei mostri del popolo già sbloccati.
Le missioni sono discretamente varie, e sono di sicuro più che solo “vai lì, uccidi quello, distruggi questo”. O meglio, si riempiono di elaborati modi per rendere il più vario possibile l’andare lì, uccidere quello e distruggere questo. Il risultato finale comunque non è pesante da reggere, e anche se ragionandoci a mente fredda ci si accorge che nel gioco non si fanno poi tante cose, mentre si è lì non si ha per niente la sensazione di stare rigiocando all’infinito sempre la stessa missione. Questo è aiutato molto anche dai design ottimi degli ambienti, che se singolarmente non brillano per grafica danno nel complesso un mondo molto vario e piacevole in cui muoversi.
Poco fa ho detto che le campagne sono parallele, ma non è proprio esatto. Sarebbe meglio dire che sono “alternative”, perché di fatto raccontano la stessa storia, quella della guerra tra i tre popoli, ma vista da tre punti di vista diversi. E, nella penultima e ultima missione di ogni campagna, si uccide il personaggio che si sarebbe usato nelle altre due campagne, facendo vincere la guerra alla propria fazione. In verità alla storia non è poi così importante stare dietro per godersi il gioco. Dato che una localizzazione italiana non esiste, neanche solo scritta, quando ci giocavo da ragazzo in inglese non facevo neppure caso alla trama, per la semplice ragione che non la capivo. L’ho riletta ora dal libretto di istruzioni, e confermo che non mi sono perso poi molto. Come contestualizzazione, in ogni caso, è apprezzabile.
La difficoltà è regolabile, ma vi assicuro che finire tutte e tre le campagne anche solo a facile non è totalmente scontato. Io con un po’ di costanza ci ero riuscito a 11 o 12 anni, quindi non è evidentemente impossibile, ma ciò non toglie che chi spera di poter prendere in mano un controller e iniziare a far esplodere tutto facendo cose a caso mollerà molto presto (tipo… la prima missione. O comunque la seconda).
Sono disponibili anche match a due giocatori in locale, ma non sono neanche lontanamente al livello della campagna. Con lo schermo a metà non capirete nulla, e questo è un gioco che dà il massimo con più cose possibili che che sfrecciano da tutte le parti, non in noiosi ed eterni uno contro uno simili a giostre medievali volanti. Se si potesse giocare online in 8-10 Savage Skies avrebbe di sicuro un suo perché anche in multiplayer, ma purtroppo per lui è stato creato con almeno cinque anni di anticipo per permetterlo.
Se è vero che il sistema di controlli ostico unito alla difficoltà non particolarmente permissiva furono alla base dell’affossamento critico del gioco quando uscì, ci tengo ora, nel 2013, a precisare un altro problema che di sicuro qualcuno potrebbe non dare per scontato: il “perché non di più”. Cerco di spiegarmi.
Ogni gioco con pretese in qualche modo “realistiche” è costretto a fare i conti con dei limiti tecnici. Questo significa che per quanto quello che c’è possa essere fatto bene mancherà qualcos’altro, rimpiazzato in modo approssimativo da qualcosa di opposto a quello che ci si aspetterebbe o si spererebbe di vedere. In questo caso:
Sto volando in un mondo desertico dall’aspetto decisamente interessante – buono – sul dorso di un drago scheletrico ben disegnato e con delle animazioni ottime – molto buono -. Il mio nemico è un piccolo grifone; gli sputo una palla di fuoco che lo centra ed esplode, mentre la creatura si contorce per un istante in una smorfia di dolore – fantastico -. Poi prendo male la misura di una virata e impatto frontalmente il mio avversario: entrambi emettiamo un mugugno, appare nel punto dell’impatto una nuvoletta rossa a rappresentare del sangue e rimbalziamo all’indietro, immobili nella nostra posizione standard di volata – perché?!
Ecco, questo è il concetto. In parole povere, Savage Skies promette epicità e la sa consegnare, ma solo se si è disposti a guardare oltre molti limiti tecnici che spesso e volentieri spezzeranno l’incantesimo. È una cosa che qualcuno sa accettare più di qualcun altro, quindi fate voi due conti. Io personalmente ho un’alta sopportazione della cosa – state parlando con la persona che a 4 anni giocava a Lords of Magic, storto devo per forza esserlo – ma mi rendo conto che se questo gioco già all’epoca metteva in crisi alcune persone oggi i tempi sono decisamente cambiati, sotto questo aspetto in peggio (o in meglio, a seconda di come la si vuole guardare).
In definitiva: Savage Skies è un gioco sorprendentemente solido e curato per essere finito così in basso. È un’esperienza impegnativa e un po’ ostica, soprattutto all’inizio, ma ha diverse cose da mostrare a chi lo prende con la pazienza necessaria e lo spirito giusto. Se vi piacciono i primi 30 minuti vi piaceranno anche gli altri 300 e passa, questo ve lo prometto. Se dopo il terzo tentativo continuate a sbattere da tutte le parti e quelle dannate navi che dovete proteggere continuano ad esplodere, qualsiasi cosa proviate a fare per impedirlo, potete anche fermarvi lì.
Su PS2 il gioco gira in modo fantastico, con un impatto globale ottimo (la risoluzione e il framerate sono stati preferita agli asset, scelta saggia col senno di poi) e la sicurezza di un DualShock 2 tra le mani. Non ho modo di scoprirlo, ma immagino la situazione non sia molto diversa sulla prima Xbox. Su PC… non ho idea di come si finirebbe a manovrare le bestie senza la compatibilità per un qualche controller. Anzi, non sono neanche sicuro di volerlo scoprire.
Ergo, se vi piacciono le battaglie aeree e allo stesso tempo siete disposti a “sporcarvi un po’ le mani” con un gioco vecchio stile, qui 3-4 euro sono un investimento di cui molto probabilmente non vi pentirete. Se, al contrario, sapete di avere problemi ad apprezzare i giochi con controlli ostici e difficoltà poco permissiva credo non sia il caso neanche di provare, perché troverete entrambi in buona quantità.
E, come al solito: no, non c’è traccia di Savage Skies per PC in acquisto digitale. Se non ci fosse scritto su Wikipedia dubiterei che per PC sia anche solo uscito. E un po’ onestamente lo dubito comunque, visto che su Wikipedia per anni sono stati convinti che Heretic fosse uscito per PS1. Strana gente.