Do Not Wake The Sleeper
Dopo un’accoglienza su PC non decisamente da mani nei capelli, The Vanishing of Ethan Carter è comparso qualche giorno fa, come previsto, sugli scaffali digitali di Playstation 4, attraverso il Playsation Store. I risultati? Assolutamente ottimi: in solo una settimana dal lancio, il team di sviluppo indipendente Astronauts aveva già recuperato in toto i costi di produzione, costi che il team ha dovuto sostenere non solo per il porting, ma anche per la conversione del titolo originale dall’Unreal Engine 3 all’Unreal Engine 4, una modifica non proprio da nulla, e che verrà effettuata, con un futuro update, anche sulla versione PC. Il grande entusiasmo dimostrato dalla community è motivato? Scopritelo in questa recensione.
Welcome to Red Creek Valley
Noi siamo Paul Prospero, detective del paranormale, e questo sarà probabilmente il nostro ultimo caso. L’inizio di The Vanishing of Ethan Carter non è di certo uno dei più lenti, anzi, ci coglie quasi alla sprovvista, catapultandoci in un realtà solo apparentemente tranquilla nella quale, come sottolinea la voce narrante, che poi è quella del personaggio che interpretiamo, si nascondono entità oscure e pericolose. A chiedere l’aiuto del famoso detective è stato un giovane abitante della valle, tale Ethan Carter, che afferma di aver risvegliato una potente forza oscura che ora sta gettando l’intera valle nel caos. Il nostro compito è scoprire quale sia questa entità, e che fine abbia fatto il giovane Ethan. “Questa è un’esperienza di gioco narrativa che non ti conduce per mano”, così veniamo accolti nel mondo di gioco, su dei binari, in mezzo a una foresta. Da li in poi, privi di ogni altra informazione, toccherà a noi capire come procedere e su cosa focalizzare la nostra attenzione, anche se, ben presto, sarà il gioco stesso a catturarla, facendo spuntare all’improvviso delle pericolose trappole dal terreno.
Un jumpscare alquanto imprevisto che, unito ai monologhi del detective che accennano a presenze paranormali, ci fanno subito percepire una certa inquietudine, un certo timore nell’addentrarci all’interno della valle. Di li a poco, infatti, compare il primo cadavere. Aiutati dal nostro intuito e dai poteri metafisici del nostro alter ego, dovremo riuscire a ricostruire la scena dell’omicidio, attraverso degli enigmi pelopiù ambientali, che “riporteranno in vita” il fantasma del defunto e di coloro che lo hanno circondato nei momenti prossimi alla morte. Una meccanica che, data la totale assenza di un HUD o di qualsivoglia tutorial, non è assolutamente immediata, e vista la possibilità di esplorare liberamente il mondo di gioco senza legami con il completamento delle “storie” (o ricostruzioni degli omicidi), è altamente probabile lasciarsi sfuggire alcuni di questi, soprattutto durante i primi minuti.
Panorami Mozzafiato
La Red Creek Valley è sostanzialmente una grande macroarea esplorabile semi-liberamente (alla Dark Souls per capirci), nella quale sono “nascosti” dei punti di interesse che rappresentano, se vogliamo, i sottolivelli, o eventi, che ci racconteranno mano a mano la “lore” del titolo. Come abbiamo già detto non c’è un’ordine forzato di processione, perciò non verremo obbligatoriamente a conoscenza del corso degli eventi in maniera cronologicamente corretta, ma d’altronde ciò fa parte dell’idea concepita dagli sviluppatori riguardo l’esperienza ludica da far vivere al giocatore. Saremo perciò spesso costretti a fare avanti e indietro per le varie location alla ricerca di un indizio da approfondire o un cadavere da “rianimare”, un tour completo della valle che si rivelerebbe assai noioso se non fosse per la magnifica realizzazione grafica che rende ogni angolo estremamente dettagliato e ci spingerà a fermarci non di rado per goderci e scattare qualche “screenshot-cartolina” ai favolosi panorami che la Red Creek Valley ci regala.
Un lavoro di realizzazione quasi maniacale, quello di The Astronauts, che è stato ottenuto attraverso una particolare tecnica chiamata “Fotogrammetria” che permette la creazione di modelli poligonali al limite del fotorealismo a partire da numerosissime foto scattate all’oggetto reale corrispondente. Non da meno è la realizzazione della vegetazione, folta e vivace. Non c’è che dire, è davvero un piacere passeggiare all’interno del mondo di gioco, anche se è costantemente presente una certa malinconia, tipica dei luoghi abbandonati sui quali aleggiano antichi misteri. Stonano invece, sotto il punto di vista artistico, i vari modelli umani rappresentanti i membri della famiglia Carter, molto meno dettagliati e vagamente caricaturali, ma è solo una questione estetica poiché in ambito caratterizzazione c’è ben poco da dire: al team polacco sono bastati solo pochi flashback vissuti dal giocatore per delineare in maniera pregevole i caratteri di tutti i membri della famiglia, con un risultato che supera di gran lunga quello di molti altri studi non indipendenti.
Scricchiolii Molesti
The Vanishing of Ethan Carter è un titolo che mi ha colpito, mi ha trascinato nel suo mondo, mi ha coinvolto nel profondo…per un paio d’ore. Già, perchè finita la magia delle ambientazioni, e della “trama”, vengono a galla tutte quelle magagne che purtroppo hanno minato seriamente la mia esperienza con questo titolo. Prima tra tutte la ripetitività: se è vero che il titolo gode di una buona varietà di ambientazioni e di un’atmosfera immersiva, è anche vero che ciò che ci limiteremo a fare per la totalità dell’avventura è incontrare cadaveri, posizionare degli elementi nel posto giusto, quasi a preparare un rituale, e poi riesumare il fantasma del cadavere in questione, rivivendo gli istanti che hanno portato alla sua dipartita, il tutto risolvendo enigmi che vanno dall’estremamente banale all’incomprensibile, senza alcun tipo di progressione ma in maniera totalmente randomica, creando frustrazione, nel bene o nel male.
Un’altra cosa che mi ha infastidito, ma che si comprende solo alla fine, è il fatto che la totale libertà concessa al giocatore si rivela essere nient’altro che un’illusione: una volta avvicinatisi al prematuro quanto inaspettato finale (il titolo dura meno di 4 ore) saremo costretti, attraverso una mappa disegnata dallo stesso Ethan, a “recuperare” tutte le “storie” che ci siamo persi per strada. Non solo, spesso aver lasciato indietro degli indizi ci precluderà la risoluzione di altri successivi, andando quindi in chiaro contrasto con la volontà degli sviluppatori di far vivere a ogni giocatore la propria avventura nel modo più libero possibile. Sarebbe forse stato più opportuno creare finali diversi a seconda di quanti enigmi ciascun giocatore avesse individuato e risolto.
Tecnicamente Parlando…
Il titolo non si discute, realizzazione grafica mastodontica e al limite del fotorealismo se si esclude qualche sbavatura. L’Unreal Engine 4 spinge la console a livelli per ora inesplorati in maniera anche abbastanza stabile, grazie a un frame-rate ballerino ma che limita al minimo le sbavature evidenti. Ottimi gli effetti di luce, soprattutto all’interno degli edifici. Anche il sonoro è ottimo, con una colonna sonora perfettamente immersiva e un doppiaggio espressivo e coinvolgente.