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The Last Tinker: City of Colors (PC) – Recensione

Un colorato tuffo nel passato

C’era una volta il genere avventura/azione. Tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000 il mercato videoludico brulicava di esponenti di questo genere oggi un po’ bistrattato. Giochi come The Legend of Zelda: Ocarina of Time o Prince of Persia: Le sabbie del tempo, tanto per fare due esempi celeberrimi.

Il gioco di cui parleremo tra poco rientra proprio in questa tipologia di giochi anche se, ve lo diciamo subito, The Last Tinker NON è un gioco della caratura degli esempi citati. Tuttavia, si rivela una piacevolissima esperienza per giocatori alle prime armi (ai quali è, d’altronde, indirizzato: la fascia 8-12 anni è il pubblico ideale per questo prodotto), ma anche per giocatori maturi in cerca di un momento di relax o di una piacevole sensazione di nostalgia.

La guerra dei colori

Tinkerworld è un mondo pieno di colori e fantasia, dove ogni cosa è costituita da nient’altro che colore, carta e colla. Gli abitanti di questa caleidoscopica landa vivono in armonia, producendo di comune accordo le tinte necessarie alla vita del posto e collaborando tra loro ogniqualvolta si presenta l’occasione.

I Rossi, simili a dei gechi, sono forti e focosi, i Verdi, bizzarro incrocio tra dei conigli e delle tartarughe, sono vivaci e curiosi, mentre i Blu, orsi paciocconi, sono saggi e posati.

E già a questo punto gli appassionati della serie The Legend of Zelda dovrebbero aver percepito un qualcosa di familiare…

Sfortunatamente, qualcosa è cambiato: la sicurezza si è mutata in tristezza, la curiosità in paura e la forza in rabbia. I tre popoli hanno iniziato a odiare i colori differenti dal proprio, arrivando persino a precludere agli altri le proprie città.

Tuttavia… In un quartiere piuttosto periferico, dove tutti i colori sono ancora ben accetti, vive un ragazzo-scimmia (un riferimento a Viaggio in Occidente?) dal cuore puro e generoso: Koru.

Il giovane inizierà un lungo viaggio che lo porterà a capire cos’è successo agli abitanti di Tinkerworld e a trovare un modo per salvare la Città dei Colori.

Un salto qui, un pugno là

Accompagnati dal fedele Tap, un capretto-piñata sempre pronto a dispensare consigli e ad indicarci la via, iniziamo il nostro viaggio. The Last Tinker supporta sia l’accoppiata tastiera + mouse che il controller Xbox 360. Non essendo in possesso del suddetto controller abbiamo giocato l’intera avventura con il primo set di comandi e non abbiamo riscontrato grossi problemi. La mappatura dei tasti è sufficientemente comoda e i controlli sono reattivi quanto basta.

Koru, a differenza dei colleghi Mario e Spyro, non è in grado di saltare tra una piattaforma e un’altra in completa libertà, ma si comporta in modo molto più simile a quanto visto con Link di The Legend of Zelda. Se il giocatore si avvicina correndo al bordo di una piattaforma il nostro eroe spicca infatti un elegante balzo e si posiziona automaticamente sulla piattaforma successiva.

Stesso dicasi per appigli, liane e quant’altro: imitando un certo reale di Persia (del 2008), Koru saltella agilmente da un punto all’altro del percorso prefissato, lasciando al giocatore un margine d’intervento piuttosto ridotto, visto che le uniche cose che ci sono permesse sono la scelta del tempismo degli spostamenti e la strada da percorrere (nel caso di bivi).

The Last Tinker non è quindi un vero e proprio platform, anche se non mancano le sezioni a base di saltelli.

Poco più avanti apprendiamo le basi del sistema di combattimento. Con il tasto sinistro del mouse si sferra un bel pugno (che può evolversi in una notevole combo), mentre con il tasto destro (e una direzione impartita tramite i classicissimi WASD) si schiva.

Niente di notevole, giusto? Sbagliato! Procedendo con l’avventura infatti si acquisiscono nuove abilità legate ai tre colori, che ci permettono di tirare dei cazzotti decisamente più potenti (ma che fanno anche infuriare gli avversari), dei ganci in grado di far fuggire a gambe levate i nemici (magari facendoli cadere giù da una piattaforma o facendogli urtare dei cactus irti di spine) o degli sganassoni ehm… deprimenti, che faranno piombare i cattivi in una tristezza così profonda da paralizzarli momentaneamente.

E tutto questo senza nemmeno chiamare in causa i Poteri (sempre Rosso, Verde e Blu), utilizzabili dopo aver riempito un’apposita barra e capaci di farci diventare ancora più potenti, rallentare il tempo o renderci invincibili per qualche secondo.

I nemici non sono mai eccessivamente perfidi (specie nelle difficoltà “Per bambini” e media), ma in certe situazioni (molte di più in modalità difficile o “Morte istantanea”) il combattimento richiede un pizzico di strategia. I poteri sono tra l’altro alla base di alcuni enigmi ambientali (l’intera Tinkerworld è piena di piccoli puzzle, mai troppo complessi ma in grado di tenere impegnato il giocatore).

E se questo non vi dovesse bastare ecco anche il Dojo: un vero e proprio negozio per apprendere (dietro pagamento con la moneta di Tinkerworld, i cristalli) delle tecniche aggiuntive da aggiungere al proprio arsenale.

Ovviamente, giocando alle difficoltà più basse è sufficiente, il più delle volte, attaccare con le tecniche di base. La cosa cambia un pochino con l’aumentare del livello di sfida, anche se non troppo. Ma ehi: anche nella Trilogia delle Sabbie di Prince of Persia non era indispensabile utilizzare tutte le combo!

Da grande farò l’esploratore! Anzi, il musicista! No, l’investigatore!

The Last Tinker non è però un gioco monocromatico (e ci mancherebbe!), visto che non si tratta di un semplice alternarsi di sezioni “platform” (le virgolette sono d’obbligo) a delle altre di combattimento. O meglio, il nucleo del gioco è sì fatto di esplorazione e di piccole risse, ma fortunatamente gli sviluppatori hanno anche deciso d’inserire delle sezioni di stampo completamente differente, in modo da non annoiare il giocatore.

Nel corso dell’avventura ci siamo trovati a correre a perdifiato, sparare cannonate, giocare all’investigatore (con tanto di impronte da seguire) e persino dirigere un’orchestra. Pur trovandoci di fronte ad un titolo piuttosto semplice, la noia non ha mai preso il sopravvento.

A proposito di semplicità… una piccola nota dolente (forse l’unica) sta proprio nella linearità del titolo: nel corso dell’avventura è infatti piuttosto forte la sensazione di avanzare lungo una serie di corridoi. Non che le aree siano vuote e veramente simili a dei corridoi (alcune sono davvero molto grandi, tanto da mettere a dura prova i PC meno performanti se giocate con i settaggi più alti), ma il gioco stesso non permette grandi divagazioni.

Certo, è possibile ascoltare i vari NPC, comprare qualcosa al Dojo o ammirare qualche bozzetto sbloccato a suon di collezionabili (i Pennelli Volanti, alcuni dei quali sono nascosti piuttosto bene), ma la strada che si apre di fronte a noi è per lo più lineare, senza bivi o minigiochi nei quali perdersi per delle ore. Ma d’altronde parliamo di un titolo pensato per un pubblico di bambini.

Una tavolozza di colori

Il gioco è, sin dalle prime battute, una vera e propria esplosione di colori. A volte accostati tra loro a formare un caotico ma piacevole arcobaleno, a volte in gruppi di soli blu, rossi o verdi, a seconda dell’area di gioco. Il risultato però è sempre meraviglioso: i modelli poligonali non saranno forse molto complessi, ma lo stile cartoon e le tinte vivaci camuffano abilmente i limiti grafici, trasportandoci in un mondo di pastelli, tempera e pezzi di cartone.

In certi momenti vi sembrerà davvero di tornare a pasticciare con colori e plastilina, come ai tempi dell’asilo. Una nota a favore è poi l’accortezza (e soprattutto la sensibilità) da parte del team di sviluppo d’inserire una modalità video per daltonici (ma solo quelli non in grado di distinguere il colore rosso).

Non conoscendo alcun daltonico, non abbiamo avuto modo di testare se sia effettivamente una soluzione efficace, ma vogliamo comunque applaudire gli sviluppatori: non avevamo mai visto nulla di simile in un videogioco.

Un indie? Davvero? Ma non lo sembra!

The Last Tinker: City of Colors è l’ultima fatica del team di sviluppo indipendente Mimimi Producitons, uno studio semisconosciuto con sede a Monaco di Baviera. The Last Tinker, tuttavia, presenta una cura nei particolari che davvero, a volte, fa dubitare il giocatore di trovarsi di fronte ad un titolo indie.Piccoli tocchi come la coda a zig-zag di un abitante in preda all’ansia:

o come degli uccellini che volano via impauriti al nostro passaggio:

oppure ancora la possibilità di cambiare l’umore di alcuni personaggi non giocanti con i tre colori a nostra disposizione, o la cura in alcuni dettagli grafici e sonori, come il bordo dei baloon contenenti i dialoghi o la musica dinamica (à la Ocarina of Time) sono davvero delle finezze che non ci saremmo mai aspettati di vedere in un titolo indie.

Musica, maestro!

Il comparto sonoro è un altra freccia nell’arco di The Last Tinker, e che freccia! Le musiche non raggiungeranno forse le cime di un Okami o di uno Zelda, ma sono sempre in grado di accompagnare l’azione evidenziandone le sfumature allegre, epiche, tristi o minacciose. Gli strumenti a corda (chitarre in primis, sia acustiche che elettriche) dominano tra tutti, ma oltre a musica country, sinfonica, blues e pezzi rock’n’roll abbiamo sentito anche dei malinconici pezzi suonati con una fisarmonica ed un pianoforte e dei temi che non sarebbero risultati molto fuori posto in un Monkey Island. Insomma, anche qui la varietà è notevole.

La colonna sonora, in più di un’occasione, è dinamica: la melodia e il numero di strumenti cambia a seconda della situazione di gioco. Ad esempio nel corso di una scalata siamo partiti dal livello del terreno con una melodia piuttosto scarna, per sentirla crescere sempre di più e guadagnare delle sfumature epiche (grazie all’aggiunta di archi) man mano che salivamo. Oppure, nel corso dei combattimenti la musica assume dei toni più cupi e minacciosi (un po’ come è sempre stato in tutti gli episodi tridimensionali di The Legend of Zelda, ad esempio). Ancora, rallentando il tempo i suoni si fanno più ovattati (un po’ come quando in un Super Mario tridimensionale ci si immerge sott’acqua) e salendo alcuni gradini in una grotta musicale… si fanno le scale. Letteralmente.

Anche gli effetti sonori e le voci sono ben curati. Per quanto riguarda il doppiaggio, i dialoghi consistono sì in un linguaggio inventato (à la Zelda o the Sims), ma è sempre adatto al personaggio. Di più: ogni razza ha un modo di parlare personalizzato, che lascia trasparire i propri sentimenti tipici. Per quanto concerne gli effetti sonori abbiamo notato con piacere (e un po’ di stupore) un effetto di eco all’interno di alcune caverne e persino il grattare di una matita su un foglio di carta man mano che i testi comparivano nei baloon degli NPC.

Cita(zioni)

The Last Tinker è, inoltre, un vero e proprio groviglio di citazioni, sia videoludiche che letterarie.

Alcune di queste sono molto evidenti…

Altre magari più sottili, come ad esempio un riferimento a La Storia Infinita (che scoprirete giocando: preferiamo non rovinarvi nulla della trama). Davvero tutto, dall’icona di Koru (che in caso di danno subito si anima come accadeva in Doom o Kingdom Hearts) ad alcuni personaggi del mondo di gioco a certi elementi di gameplay o segreti è un rimando a qualcos’altro.

Qualche piccola macchia

Quindi cosa non funziona in The Last Tinker? Poco o nulla, a dire il vero! Abbiamo sì trovato qualche piccolo bug (il più “importante” ci ha permesso persino di saltare una sezione di un percorso platform e di provare l’ebbrezza di camminare nel vuoto), ma niente che impedisca di giocare: è bastato infatti dirigersi verso una piattaforma o ripristinare il nostro personaggio (opzione disponibile dal menù di pausa) per riprendere a giocare correttamente.

Abbiamo anche assistito ad un’inversione nei baloon di un dialogo tra personaggi (le battute sono state assegnate al personaggio sbagliato) e a qualche piccolissima imprecisione linguistica e di battitura, ma niente di plateale o che potesse rovinare pesantemente l’esperienza di gioco.

L’avventura principale non richiede moltissimo tempo per essere completata (mediamente è possibile raggiungere i titoli di coda in una decina di ore), ma considerando il fatto che The Last Tinker si rivolge principalmente a dei giocatori piuttosto giovani la cosa non è molto deleteria. Inoltre, bisogna anche considerare il fatto che il gioco di Mimimi Productions è venduto ad un prezzo nettamente inferiore a quello di un titolo diciamo standard (una ventina di euro contro i classici 50-60 delle grandi produzioni). Infine, volendo sono presenti degli incentivi a riprendere in mano l’avventura di Koru (magari rigiocando anche solo dei singoli livelli, à la Assassin’s Creed): collezionare tutti i Pennelli Volanti richiede qualche ora in più (alcuni non li abbiamo ancora trovati, tanto per dire. E sì che di Zelda e di Metroid ne abbiamo finiti parecchi!), e volendo si può anche provare a completare gli achievements proposti su Steam.

Come già detto in apertura, The Last Tinker è un titolo pensato per un pubblico di bambini, che adoreranno i personaggi colorati, le (semplici) interazioni con questi e in genere la fruibilità del titolo. Un pubblico più esperto potrebbe trovare l’avventura molto lineare e pure un po’ sempliciotta (a meno di non giocare in modalità difficile o “Morte istantanea”, e l’ultima sa essere davvero carogna come suona).

Il voto che diamo, in definitiva, è stabilito proprio considerando The Last Tinker come un gioco pensato per un’utenza di giovanissimi. Se siete dei giocatori scafati e in cerca di avventure al fulmicotone, abbassate la valutazione di almeno un intero voto.

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