War has changed…
Questa recensione richiede una premessa fondamentale: Nidhogg è un gioco strano e parecchio originale, e questo rende molto facile che più persone si facciano pareri sinceri anche decisamente contrastanti su di esso. Il voto che ho assegnato al gioco non è “il mio parere”, perché qui siamo su un giornale, non su un blog, e il mio lavoro dovrebbe essere quello di dare il più possibile un voto alle cose per come sono, non per come a me piace rigirarle.
Il punto è che non siamo neanche sull’indie magazine. Qui giochi di ogni tipo e fascia ricevono lo stesso giudizio che va da 0 a 10, e sono pienamente convinto che il solo fatto che un titolo sia accompagnato dall’etichetta “indie” non lo autorizzi in automatico ad avere delle lacune, anche rispetto a titoli molto maggiori, e gli permetta comunque di prendere comodamente dei 9 e passa. Questo ovviamente non vuol dire che sono “contro gli indie”, ma piuttosto che cerco di giudicare le cose per come mi si presentano, e non per come mi sono state presentate.
Guardandolo con gli occhi più imparziali che posso avere, Nidhogg è un gioco di sicuro con un proprio perché, ma che cade troppo spesso in alcuni errori, piccoli ma comunque sufficienti a incrinare l’unica cosa che ha veramente da mettere sul piatto, cioè il gameplay. Non è un brutto gioco e sicuramente ha un suo pubblico, ma non è il capolavoro a cui alcuni vorrebbero elevarlo, e questo ho la presunzione di assurgerlo a fatto oggettivo, non personale. Il perché ve lo spiego immediatamente.
Spadaccini infernali
Nidhogg è un tiro alla fune: il giocatore che uccide l’avversario ottiene un “vantaggio di mossa”, e da lì in avanti ha l’obiettivo di correre nella direzione prefissatagli fino a raggiungere la fine dell’arena; l’avversario deve cercare di fermarlo, e appena lo uccide i ruoli si invertono, ed è ora lui ad avanzare, logicamente nella direzione opposta. Nella modalità di gioco standard non ci sono limiti di tempo, di vite o altro: semplicemente, la partita va avanti finché uno dei due non raggiunge il traguardo.
Una formula così semplice richiede, per funzionare, un sistema di gioco ben bilanciato e completo. Non c’è dubbio che gli sviluppatori questo lo avessero capito e che abbiano fatto del loro meglio per conseguire l’obiettivo; ho più difficoltà a decidere fin dove ci siano riusciti.
I due personaggi sono armati di fioretto, con cui si può sia attaccare che difendere. L’arma è spostabile su tre altezze, ed è possibile stoccare in avanti. Tutti i colpi che si ricevono alla stessa altezza a cui si sta tenendo la propria spada vengono parati automaticamente, e se le due spade si stanno sovrapponendo per una lunghezza sufficiente e si sposta la propria contro quella dell’altro (ad esempio, l’avversario sta colpendo ad altezza testa e io alzo il fioretto dal busto alla testa, investendo da sotto la stoccata) si disarma l’avversario, rendendolo molto più vulnerabile. Per uccidere non è comunque necessario “attaccare”, è sufficiente che la punta della vostra spada entri in contatto col corpo dell’avversario prima che avvenga il contrario. È anche possibile tirare la spada, mossa schivabile saltando, chinandosi o parabile tenendo il fioretto ad un’altezza media o alta.
Si può però combattere anche senza spada, o, per meglio dire, senza usarla. Se si è chinati (cosa diversa dal solo tenere in basso la spada) e si attacca si fa una sorta di spazzata coi piedi; si può anche calciare in salto, semplicemente attaccando dopo aver saltato. Il risultato di entrambi questi colpi è quello di disarmare e far cadere a terra l’avversario.
Quando si è disarmati si può, oltre alle due azioni appena descritte, tirare pugni, che alla lunga atterrano il nemico. L’unico modo per uccidere l’altro senza una spada in mano è colpirlo quando è a terra, mossa che causa sempre un’uccisione istantanea.
Scherma?!
Cambiare l’altezza della spada e allo stesso tempo compiere qualsiasi altra azione è parecchio legnoso. Il personaggio è legnoso di suo in tutta una serie di modi, e l’unica ragione per cui questo si sente poco è che ogni azione richiede tempi molto veloci per essere eseguita; ma contemporaneamente così si penalizzano i semplici riflessi e si obbliga ad entrare nel malato incastro di tempistiche di Nidhogg, che lo rende decisamente meno godibile se solo giocato per passarsi un po’ il tempo ogni tanto.
I tasti con cui si gioca a Nidhogg sono 6, cioè uno per colpire, uno per saltare e quattro tasti “direzionali”, che a mio avviso regolano un po’ troppe cose.
Per cominciare, è molto difficile e scomodo riuscire ad avanzare per più di mezzo metro senza che il personaggio inizi a correre, alzando la guardia e di fatto suicidandosi se l’avversario è nelle vicinanze. C’è un modo per avanzare con la guardia di più di un passo alla volta, anche abbastanza in fretta, credo dando dei tocchi al tasto direzionale, ma è scomodo e decisamente poco pratico. Un tasto da tenere premuto per la corsa sarebbe stato decisamente apprezzato. Mi dà anche molto fastidio che se corro e mi fermo la mia spada è sempre a mezza altezza, e non ho nessun modo per dare indicazioni su quale tenere se non aspettando che la sagomina si fermi e poi premere su o giù, il che richiede più tempo di quello necessario e a volte funziona male.
I comandi falliscono miseramente anche nel modo in cui ci si china o ci si prepara a tirare il fioretto: sempre con i tasti “su” e “giù”, solo tenendoli premuti. A sentirla dire può sembrare una cosa funzionale, ma immaginatevi che in un teorico faccia a faccia ravvicinato dovete alzare ed abbassare la spada a velocità che già il gioco di suo rende complicate appunto per la sua intrinseca legnosità, e se a questo sommate che tenere premuto uno dei due tasti un istante di troppo vi fa perdere del tutto la guardia in un modo o nell’altro capirete che forse avere anche un tasto “lancia spada” e uno “abbassati” non erano poi delle cattive idee.
Ma il problema forse più grave di tutti è come il sistema di gameplay male si abbini ad un gioco in cui l’importante non è uccidere l’avversario, ma superarlo in un qualsiasi modo. Se gli saltate oltre, anche senza torcergli un capello, avrete parecchio campo prima di trovarvelo davanti di nuovo. Un giocatore molto abile può provare a prendere delle precauzioni, ma il gioco in sé non offre vere soluzioni, e la cosa si vede bene anche da come si comporta l’IA.
I vermi nella testa
L’IA è il difetto più grave e palese di Nidhogg, e non mi capacito di come ben più di un giornalista abbia fatto semplicemente finta di nulla.
Per cominciare, il giocatore del computer non si comporta come un umano, e affrontarlo è completamente diverso dall’affrontare qualsiasi giocatore reale. Questo non perché sia più facile o più difficile: semplicemente, l’IA esegue con una rapidità ed una perfezione tendente all’impossibile alcuni tipi di azioni, mentre ha delle lacune spaventose e inammissibili in altre, risultando estremamente sbilanciata e facile da fregare sempre con gli stessi trucchi, trovandosi invece davanti a un muro se si tenta un approccio bilanciato.
Man mano che si procede nella modalità giocatore singolo (che, per inciso, non ha né una funzione di salvataggio né un menù per decidere da dove partire, quindi ogni volta è un puro e crudo “nuova partita” e se uscite si riparte da capo) è evidente che il computer diventa più bravo e veloce, ma non cambia sostanzialmente strategia.
Da subito l’IA esegue dei disarmi ad una rapidità sconvolgente, ma è assolutamente incompetente nello schivare un attacco in salto, che se misurato bene colpisce sempre, e non si cura se le lanciate delle spade, al punto che potrete facilmente ucciderla anche da distanze abissali senza che provi a fare nulla per impedirlo. Andando avanti tirare la spada perde di efficacia, e i colpi in salto se non sono eseguiti con una perfezione al pixel vengono contrastati da una mossa antifisica con cui il vostro avversario si volta e tira la propria arma da distanza zero con voi praticamente sopra di lui che state per calciarlo, qualcosa al limite dell’impossibile per qualsiasi umano.
La cosa che l’IA non impara a fare mai è impedire con efficacia che la scavalchiate. Alcune mappe aiutano più di altre, ma passare oltre è sempre decisamente troppo facile, e si perde il senso stesso del gioco. Se provate ad affrontare il computer vi impantanerete probabilmente in una guerra di logoramento, mentre saltandogli oltre e tirando dritto passerete quasi sempre lo schermo senza intoppi.
Se l’IA sembra a volte avere dei problemi a capire dove siete e come intendete agire, è evidente che la consapevolezza che ha dell’ambiente è poi ben peggiore. Ai primi livelli capita non così di rado che il computer cada completamente da solo in dei buchi nel pavimento, e a qualsiasi difficoltà, inclusa l’ultima, laddove sono presenti dei nastri trasportatori vi basta temporeggiare per vedere l’avversario finire quasi puntualmente nell’abisso completamente da solo.
Il regno del serpente cosmico
Lo stile di Nidhogg è qualcosa su cui si potrebbe discutere all’infinito, ma non ho intenzione di dedicargli tanta attenzione. Il motivo è semplice: qualsiasi sia l’atmosfera che mai potrebbe creare, nulla toglie che essa è completamente disconnessa dal gioco in sé.
Se, per dire, in un titolo come Papers, Please, sul cui voto e giudizio dato dal nostro Giof mi trovo molto d’accordo, anche lo stile visivo e sonoro è pensato per contribuire a trasmettere tutta una serie di emozioni (l’anonimato di tutte le persone che vi passeranno davanti, la grigezza e spogliezza del mondo e della vita del vostro personaggio, il costante senso di opprimenza), in Nidhogg tutto gira intorno alla struttura del gameplay, non a quello che sta succedendo. Se i mondi in cui il gioco è ambientato fossero, che ne so, le mura di un castello, oppure dei campi verdeggianti, o ancora una nave spaziale, il gioco non cambierebbe di una virgola.
La “grafica” in senso stretto è indiscutibilmente minimale al punto di non ritorno, ma si nota un minimo di art design che evita di mettere semplicemente insieme elementi completamente a caso o stonanti. Anche i piccoli tocchi di vita inseriti negli ambienti sono apprezzabili.
Il mio giudizio complessivo è che la grafica sia lì perché deve essercene una, e che così come è vada bene, ma che non aggiunga nulla al gioco e di sicuro non faccia trapelare “colpi di genio” di sorta.
Il sonoro è da un punto di vista “oggettivo” migliore della grafica, ma anch’esso non brilla, e soprattutto non si mette in evidenza all’interno del gioco. Come la grafica, è lì perché deve esserci, e fa bene il proprio lavoro di ricordarci di esistere senza però volersi prendere a sproposito la scena. Dopo cinque minuti non farete neanche più caso all’audio, vista la concentrazione richiesta nel gameplay.
Più giocatori, meno IA
Se considerate la scarsità, scarnezza e monotonia dei livelli e il level design sotto i tacchi e li unite a tutti gli altri problemi di cui ho appena parlato, giocare Nidhogg da soli diventa veramente mediocre sotto ogni punto di vista possibile immaginabile.
Quindi, se quella era la vostra idea potete smettere di leggere ora e vedere i voti del gameplay come un “6,5” (per via della pessima IA) e della longevità come un “3,0”, per un voto finale complessivo di 57/100 e un implicito avviso che grida “No, a meno che non siate indie-fanatici”.
Nidhogg trova molto più senso se giocato in due, ma anche in quel caso ci sono alcuni difetti, di natura tecnica.
Il multiplayer online è un disastro, e questo l’ho provato con mano. Ho letto che ci sono dei problemi intrinsechi nel software, e quelli potrebbero essere corretti in futuro, ma il punto di fondo non potrà essere migliorato da nessuna patch: in un gioco che unisce tattica e riflessi e in cui un colpo scoccato in mezzo secondo uccide, laggare è un difetto fatale.
Giocare con un amico nella vostra stanza è la soluzione migliore; in quel caso le cose vanno decisamente bene e Nidhogg si trasforma veramente in un altro gioco, che trova pienamente senso nell’offrire una sfida ad armi pari che premia l’intuitività e il saper ingannare l’avversario.
In termini di valutazione non posso però far prevalere questa possibilità su tutte le altre, né posso fare finta di dimenticarmi che si tratta di un gioco unicamente per PC, non esattamente la piattaforma standard per il multiplayer locale, e che quindi si richiedono al giocatore mezzi un po’ superiori a quelli normali minimi, cioè uno o due pad compatibili (in due su una tastiera è veramente scomodo).
In definitiva, Nidhogg è uno di quei giochi strani che o piacciono o non piacciono, ma cercando di essere obiettivi alcuni problemi in proporzione alla semplicità della formula ci sono, e l’offerta è veramente molto ridotta per il prezzo richiesto.
L’unico caso in cui me la sento veramente di consigliarlo è se pensate di giocarlo intensivamente con qualcuno accanto a voi e con due controller nelle mani: in quel caso sì, Nidhogg vale i 14 euro di spesa. Se però non erano questi i vostri piani forse vi conviene pensarci un attimo, perché tutto il (poco) resto è sia parecchio misero che affetto da problemi evidenti.