For Honor è un titolo basato sui combattimenti all’arma bianca. Nonostante la tentazione spontanea di definirlo un “Action”, mi trovo più d’accordo con chi lo paragona al genere dei Picchiaduro; comunque lo si voglia chiamare, For Honor rimane un titolo abbastanza unico, che merita molte considerazioni e riflessioni.
Preciso che, come d’abitudine, tutte le immagini e i video che vedrete nel corso della recensione sono stati catturati da me personalmente dalla versione PS4 del gioco, e pertanto rappresentano For Honor per come appare realmente su quella piattaforma.
Di spada perire
La prima cosa da capire di For Honor sono le sue meccaniche fondamentali. Questo è un titolo basato su una cosa soltanto: il combattimento in corpo a corpo, e tutto quanto ruota attorno ad esso e va a configurarsi in quest’ottica.
Il giocatore controlla un singolo personaggio con visuale in terza persona, con comandi non troppo dissimili dalla maggior parte degli action contemporanei. Tutto cambia, però, nel momento in cui si aggancia un nemico. L’azione stessa di puntare l’avversario fa assumere al personaggio una posizione di guardia, e la guardia è il perno fondamentale del sistema di gioco.
Ci sono tre guardie distinte: destra, sinistra e alta. Tutte le classi possono utilizzarle tutte e tre, e le si cambia in qualsiasi momento semplicemente muovendo la levetta destra nella direzione corrispondente. La guardia adottata determina sia la direzione da cui si attaccherà, sia quella da cui si potrà bloccare. Se un combattente adotta la guardia destra, per esempio, l’altro dovrà adottare la guardia sinistra (speculare) per bloccare i suoi attacchi, oppure una delle altre due guardie per colpire senza che l’avversario riesca a parare i suoi colpi.
Ogni classe può eseguire attacchi leggeri (R1) o pesanti (R2), con tutte le ovvie implicazioni del caso (i primi sono più rapidi e consumano meno energia, ma causano meno danni; i secondi sono più lenti e dispendiosi, ma causano più danni e provocano comunque delle leggere ferite anche se vengono bloccati). Finendo un nemico con un attacco pesante si ha anche la possibilità di effettuare una di due esecuzioni, che fanno recuperare un po’ di salute al vincitore e garantiscono che il perdente non possa più essere rianimato da un suo alleato (il che può avvenire solo nel multiplayer).
Proprio l’energia (o stamina che dir si voglia) è il secondo aspetto più importante di cui tenere conto dopo la guardia adottata. Essa si ricarica lentamente da sola, ma se la si consuma completamente i movimenti del guerriero vengono ridotti e i suoi attacchi resi quasi inutilizzabili, obbligandolo a provare a difendersi finché la barra non si è completamente ricaricata.
L’azione stessa di bloccare è automatica, fintanto che si mantiene la guardia giusta e non si compiono altre azioni (se entrambi attaccano insieme dalla stessa direzione, chi colpisce per primo cancella l’attacco dell’altro). Esiste comunque anche una parata, più efficace sotto tutta una serie di aspetti e che ha la garanzia di bloccare completamente la sequenza di attacchi dell’avversario; per eseguirla bisogna premere R2 in un preciso momento mostrato dall’interfaccia, subito prima che il colpo nemico vi raggiunga (e, ovviamente, bisogna avere la guardia corretta).
Oltre a bloccare si può anche schivare, premendo
Si può infine lanciare un cosiddetto “spezzaguardia” (si effettua con
Il counter dello spezzaguardia è un qualsiasi attacco, che avrà sempre la priorità su di esso (anche se lo spezzaguardia colpisce qualcuno prima che la sua animazione di attacco termini, esso va semplicemente a vuoto). È anche possibile, se siete veramente molto veloci, annullare uno spezzaguardia con un altro spezzaguardia lanciato in un preciso istante, ma le tempistiche qui sono molto meno permissive che, ad esempio, per una parata.
Danneggiare il nemico, ma soprattutto subire danni o bloccare attacchi, riempie man mano l’indicatore della Vendetta, che può essere attivata con
La Vendetta, in sostanza, è pensata per dare un piccolo aiuto a chi si trova in inferiorità numerica e per premiare le parate rispetto alle schivate; non altera drasticamente il gioco (anche perché ha una durata abbastanza limitata, e vita aggiuntiva permettendo si continuano a subire danni, parate, spezzaguardia e via dicendo come normale), ma aggiunge un altro po’ di varietà alle dinamiche di gioco.
Tirando le somme, le basi del combattimento possono essere viste in un’ottica carta-forbice-sasso, dove lo stare fermi batte l’attacco, lo spezzaguardia batte lo stare fermi e l’attacco batte lo spezzaguardia.
Nella pratica, però, le cose sono molto più complicate e variegate di così. Imparare a sfruttare le particolarità delle varie classi e a sopperire alle loro carenze, o al contrario annullare i punti di forza di un avversario e colpirlo dove è meno preparato, è assolutamente fondamentale. Conoscere le combinazioni di colpi disponibili (che possono anche essere vincolate ad una specifica guardia) e le mosse speciali (colpi istantanei in risposta, attacchi imbloccabili ecc.) mette in una enorme situazione di vantaggio.
Esattamente come nei migliori Picchiaduro, For Honor riesce a unificare i riflessi del giocatore, la conoscenza empirica delle potenzialità di ogni classe e la guerra psicologica che deriva da meccaniche con così tante mosse e contromosse, producendo un gameplay dinamico, ragionato e dallo skill ceiling piuttosto elevato. Tra il giocatore che sa solo spammare un attacco, e quello che sa come muoversi e come si muoverà l’avversario, il secondo avrà sempre la meglio.
Ho pensato di allegarvi qui sotto una mia partita 1v1 online, che mi sembra abbastanza indicativa di cosa dovreste aspettarvi da due giocatori con un minimo di esperienza e abilità.
Per tutti i pregi del sistema di gioco, si possono notare anche alcuni difetti magari non enormi (né particolarmente evidenti ad un giocatore alle primissime armi), ma comunque tangibili sul lungo andare.
Dato che giocare di rimessa è tendenzialmente più conveniente che essere il primo a sferrare un colpo, e alcune classi hanno delle lacune in termini di rapidità e mobilità, quando si affronta un avversario molto bravo e molto veloce avere la classe “lenta ma forte” spesso inizia a non pagare più così tanto.
Altra questione sono le già citate trappole ambientali, che non sono un problema in quanto tale, ma in certe mappe sono forse un po’ abusate. Quando si è bloccati a combattere su un ponte senza balaustre tutta la lotta si trasforma in chi riuscirà per primo a spezzare la guardia all’avversario; certo, entrambi hanno la possibilità teorica di farlo, magari con qualche piccolo malus o bonus, ma in particolare l’estrema facilità con cui si cade dai dirupi (basta arrivare a toccarne l’orlo mentre si sta barcollando e si viene risucchiati giù) snatura un po’ troppo il gioco in certe situazioni. Se a questo si aggiunge che un numero ridotto di classi è dotata di abilità di destabilizzazione e spinta enormemente superiori a quelle di altre, in certi frangenti la partita rischia di farsi un po’ troppo a senso unico.
Siamo comunque ancora nelle fasi iniziali della vita di For Honor, che sta venendo patchato e ribilanciato, e il cui meta è tutt’ora un po’ confuso. E, in ogni caso, le situazioni in cui questi problemi diventano maggiormente evidenti sono abbastanza rare.
Come nascono le guerre
For Honor ha una campagna single player a tutti gli effetti, che funge da antefatto al multiplayer. La campagna è divisa in 3 capitoli (uno per fazione) composti da 6 missioni ciascuno, e mostra le macchinazioni della condottiera Apollion per scatenare una guerra su larga scala che epuri il mondo dai deboli.
Di solito le missioni chiedono al giocatore di avanzare lungo un ambiente abbastanza lineare affrontando vari nemici fino ad un obiettivo; altre volte si è accompagnati da alcuni alleati, o da un intero esercito di soldati, e si deve avanzare conquistando man mano delle posizioni. Ogni missione è comunque abbastanza variegata, spezzettata in fasi distinte e talvolta si conclude con uno scontro con un avversario particolarmente resistente e abile, capace di cambiare le carte in tavola rispetto ai nemici comuni.
Come era facilmente prevedibile, la campagna non è niente di trascendentale sotto nessun punto di vista, può essere facilmente completata in circa 6 ore e non offre momenti particolarmente brillanti o memorabili. Sarebbe però altrettanto ingiusto chiamarla lo sforzo minimo indispensabile da parte degli sviluppatori; ogni missione, per quanto semplice, ha una propria identità ed è ben costruita, ha luogo in un ambiente curato fin nei minimi dettagli e non trasmette mai al giocatore la sensazione di essere stato semplicemente buttato in una mappa multiplayer a combattere contro dei bot.
Credo che la ragione che fa soffrire di più la campagna di For Honor sia l’essere basata su meccaniche costruite per essere utilizzate in partite multiplayer, con pochi giocatori in campo e un’intelligenza umana alla guida degli avversari. Complice anche il livello di sfida generalmente basso (persino all’ultima difficoltà), eliminare fiumi di nemici in grado di incassare 8-10 colpi l’uno alla lunga rischia di diventare noioso, e per quanto non sia malvagia l’IA è solo occasionalmente in grado di utilizzare più di un paio di sequenze di attacchi abbastanza prevedibili.
In definitiva, per quanto sia tutto sommato ben costruita, la campagna di For Honor è poco più che un’occasione per fare un po’ di pratica con svariate classi prima di buttarsi nel multiplayer, o nel migliore dei casi una caccia al tesoro alle due tipologie di collezionabili nascosti in ciascuna missione (dei barili particolari da distruggere e dei punti d’interesse da individuare nell’ambiente).
Il fulcro di For Honor è, piuttosto, il suo multiplayer. Sono disponibili cinque diverse modalità di gioco online: Duello (1v1), Mischia (2v2), Eliminazione (4v4), Schermaglia (4v4) e Dominio (4v4).
Nelle prime tre non c’è respawn, e le due squadre si affrontano semplicemente finché una non viene completamente eliminata; a questo punto l’altra guadagna un punto, poi si ricomincia da capo. La partita è vinta dalla prima squadra che totalizza 3 punti.
In Schermaglia e Dominio i giocatori non sono in campo da soli, ma sono accompagnati da due eserciti di soldati minori che avanzano e si affrontano automaticamente per ottenere il controllo della mappa. In queste due modalità ogni partita è composta da un solo round, dove l’obiettivo è accumulare punti (uccidendo in Schermaglia, controllando tre obiettivi sulla mappa in Dominio) fino a quando, raggiunto un punteggio di 1’000, il respawn della squadra avversaria viene bloccato, e si ha l’occasione di finirla e vincere.
Il numero di giocatori in campo altera drasticamente le dinamiche di gioco, sia per ragioni insite nella situazione, sia perché nelle partite a 4 giocatori vengono introdotte 4 abilità speciali aggiuntive (si attivano con i tasti del dpad), che ogni giocatore sblocca nel corso della partita stessa man mano che fa guadagnare punti alla propria squadra.
Esse possono andare da boost passivi al recupero della stamina, a debuff attivabili a comando, fino al richiamare sul campo di battaglia una salva di frecce o un colpo di catapulta. I loro effetti non sono mai preponderanti nell’arco della partita, ma se le si equipaggia e utilizza con oculatezza possono dare una marcia in più e ribaltare improvvisamente una situazione complicata.
Quando si affronta un singolo avversario senza possibili interferenze esterne, o quando si deve continuamente correre a destra e a sinistra per la mappa assieme ad altri 3 compagni dosando anche l’uso di abilità consumabili (e poco male se si muore ogni tanto), la mentalità e le strategie da adottare sono ovviamente del tutto differenti. In quest’ottica andrebbero guardati anche gli equipaggiamenti.
Benché ogni classe non abbia più “opzioni d’arma” (le mosse e le capacità uniche non cambiano mai), tutte quante hanno accesso ad un notevole livello di personalizzazione, anche estetica. Salendo di livello con ogni classe si sbloccano nuovi colori, simboli e dettagli strettamente visivi da utilizzare, e si ottengono anche equipaggiamenti casuali sotto forma di loot. I vari equipaggiamenti hanno un livello e possono essere potenziati ulteriormente dal giocatore, ma il principio di fondo è quello di un sistema per sidegrade, piuttosto che per upgrade.
Ad ogni tipologia di equipaggiamento di ogni classe sono assegnate delle statistiche predeterminate, che possono essere più o meno buone in relazione le une con le altre. Se, ad esempio la lama della spada di una classe regola le statistiche di danno, recupero energia e difesa bonus durante la Vendetta, si troveranno lame alternative con tre valori altalenanti in questi fattori, ma che, una volta sommati, daranno sempre quasi lo stesso valore assoluto.
Questo sistema permette di personalizzare, fino ad un certo punto, l’utilizzo del personaggio. Fermo restando che tutte le tempistiche di ogni azione non vengono mai alterate dagli equipaggiamenti, si può puntare ad una classe estremamente offensiva e capace nei lanci ma dallo scarso fiato, oppure ad una molto protetta e difficile da stancare ma con una scarsa capacità di uso della Vendetta. Il sistema è forse un po’ troppo permissivo verso certi estremi (la Vendetta, soprattutto, diventa facile da abusare nelle situazioni giuste), ma il principio è valido, e permette di adattare ulteriormente ogni personaggio al proprio stile di gioco.
In aggiunta al loot post-partita, For Honor utilizza principalmente una moneta, l’acciaio. Esso si ottiene in piccole quantità all’infinito sia giocando la campagna che completando le partite multiplayer; viene utilizzato per operare tutti gli acquisti, siano essi sbloccare nuove classi (cosa che si completa ad una velocità sorprendente), ottenere immediatamente le abilità di tutti i personaggi, comprare degli XP booster, aspetti integrali o elementi estetici particolari, pose ed esecuzioni aggiuntive, oppure delle casse contenenti vario loot casuale. L’acciaio è anche acquistabile con soldi reali sotto forma di micro-transazione, ma dato che non viene utilizzato in dosi massicce per nulla di veramente importante, per quello che ho visto le quantità che il gioco fornisce sono più che sufficienti a restare perfettamente competitivi e prendersi per sfizio quella decorazione dell’elmo o quel gesto extra, a patto che giochiate principalmente solo con un paio di classi. Al contrario, se si accumula abbastanza acciaio sarà possibile utilizzarlo per sbloccare senza pagare le nuove classi che saranno man mano introdotte in For Honor senza dover acquistare il Season Pass (esattamente come successo in Rainbow Six: Siege). Ovviamente non sappiamo ancora quanto sarà una cosa fattibile nella pratica, ma in ogni caso sarebbe solo tanto di guadagnato.
C’è anche una seconda moneta, i materiali (suddivisi per Cavalieri, Vichinghi e Samurai), che si ottengono smantellando equipaggiamenti indesiderati e vengono spesi solamente per potenziare altri equipaggiamenti in proprio possesso. Qui penso ci sia ancora meno da dire.
Per finire, devo dire qualcosa sulla Guerra di Fazioni. Si tratta di una meccanica che inquadra tutti i match online nell’ottica di una guerra su larga scala tra le tre fazioni del mondo, e permette ad ogni giocatore di contribuire, dopo ogni vittoria o sconfitta, a difendere i propri territori oppure attaccare quelli nemici.
Semplicemente, in base al punteggio e al risultato ottenuti, al termine di ogni partita online il gioco calcola delle “risorse di guerra” che vengono assegnate al giocatore e che egli può posizionare su uno dei territori corrispondenti al fronte su cui si è combattuta la partita (le partite online sono suddivise in 3 blocchi, che cambiano di posizione ogni tot ore sui vari fronti della mappa della Guerra di Fazioni). Allo scadere del round in corso tutti i territori vengono assegnati alla fazione che ha, cumulativamente, posizionato più risorse di guerra su di essi, le partite disponibili sui tre fronti vengono ruotate, e si ricomincia da capo. Se una fazione viene raggiunta e attaccata nella sua capitale si dovrebbe verificare un qualche evento speciale, a cui non credo di avere ancora assistito.
Se l’idea di fondo è carina, le meccaniche della Guerra di Fazioni sono un po’ troppo arbitrarie, e mancano totalmente di strategia. La parte che mi dà più da pensare è che ogni giocatore rema nella direzione della fazione che ha scelto come sua in senso lato quando ha aperto il gioco la prima volta (la si può comunque cambiare successivamente), ma il gioco non si cura di come vengono composte le squadre. Per fare un esempio, se gioco un match 4v4 magari saremo 2 Cavalieri, 1 Samurai e 1 Vichingo (in termini di fazione per cui combattiamo, non di classi scelte) contro 1 Cavaliere e 3 Vichinghi; a questo punto è evidente che se la squadra avversaria vince, e il fronte su cui si combatteva era Cavalieri contro Vichinghi, il Cavaliere vincitore sta in realtà rimanendo più indietro nella Guerra di Fazioni che se avesse vinto la squadra a lui avversaria.
Corazze scintillanti
Visivamente parlando, For Honor è piuttosto impressionante. Tutti gli ambienti e i personaggi sono costruiti con un livello di dettaglio maniacale, il design artistico è ottimo, e la resa della luce è molto solida. Unendo a questo una buona risoluzione mista a qualche forma di antialiasing (che fanno apparire l’immagine molto nitida e definita), un uso modico e calcolato del motion blur e un frame rate praticamente sempre inchiodato sui 30 fps, il risultato finale su PS4 è pulito, dettagliato, fluido e piacevole a vedersi. Il lavoro di animazione dei personaggi merita una menzione a parte, perché, in un gioco con così tanti movimenti di precisione, riesce a mantenersi il più scorrevole e naturale possibile senza intanto andare a rallentare e affaticare il gameplay con una sovrabbondanza di gesti.
Non c’è davvero molto altro da dire: dal punto di vista grafico For Honor è un gioco “terra terra”, ma che fa uso di tecnologie di alta qualità e asset ad alta definizione, e gode di un’esecuzione molto solida. Fa solo storcere il naso un numero ridotto di texture dei personaggi, palesemente ad una risoluzione un po’ troppo bassa, che si notano soprattutto giocando la campagna.
Il comparto audio del titolo è altrettanto competente, ma un po’ più semplicistico. La colonna sonora ha un uso limitato nel multiplayer, e durante la campagna ogni tanto lascia qualche silenzio imbarazzante, anche se le musiche di per sé non sono malvagie. For Honor è completamente parlato in italiano da un ottimo cast di doppiatori, ma la cosa che si sente più spesso e risalta di più sono gli effetti sonori, tutti appropriati e di alta qualità.
Deus vult
For Honor è un titolo decisamente particolare e originale, che potrebbe lasciare spiazzato chi si aspetta un semplice Action arcade alla Dark Souls oppure un mezzo MOBA con controlli in terza persona sul proprio personaggio. C’è un po’ di entrambi questi mondi, se si va a scavare a sufficienza, ma in For Honor il combattimento viscerale, ragionato e spietato è l’elemento che si mette, meritevolmente, più in vista.
Credo che ci siano alcune cose possibili da migliorare (e che forse saranno persino migliorate con qualche futura patch), ma questo è uno di quei tipici casi in cui bisogna soprattutto capire bene a cosa si sta andando incontro: un gioco prettamente multiplayer, e prettamente incentrato sul combattimento all’arma bianca con meccaniche fortemente posizionali e direzionali.
Una volta fatto questo non ho particolari crucci con For Honor, che per quello che vuole essere funziona egregiamente, e fornisce più che sufficienti contenuti e valori di produzione da giustificarne un prezzo da tripla A.