Un re, un imperatore malvagio, 7 divinità
Tutti i giocatori con più di 30 inverni alle spalle conosceranno benissimo quel luogo di perdizione affascinante e luminoso che era la sala-giochi: un ambiente spesso illuminato solo dagli schermi dei cabinati nei quali era possibile spendere interi stipendi in comode rate da 50 lire, che venivano irrimediabilmente risucchiate nelle fessure del videogioco di turno. Cast of The Godsends è un titolo che si ispira a quell’epoca, e in particolare a uno di quei videogiochi, Ghouls ‘n’ Ghosts, pietra miliare dei coin-op. Immediatezza, frenesia e un livello di sfida parecchio tosto è ciò che i videogiocatori dell’epoca ricercavano, ed è ciò che ricercano anche tutti quei nostalgici che, nonostante gli immensi passi avanti in questo campo, non riescono a non cedere al fascino di questa categoria di videogiochi, apparentemente immortale.
Salta, uccidi, ammazza, muori
Una volta scelto un cabinato libero, ben poco era il tempo a disposizione prima che alle proprie spalle si formasse una più o meno folto gruppo di viewers (visto Twitch, non hai inventato niente) sopravvenuti per ammirare le vostre gesta o semplicemente ad attendere il proprio turno per giocare. Non c’era quindi tempo materiale per introduzioni o altro tipo di elementi secondari, si veniva subito catapultati nel pieno dell’azione, alla faccia della trama. Cast of The Godsends non è da meno e ci offre solamente una tanto breve quanto incomprensibile animazione iniziale che ci racconta brevemente la “trama”: Zaraiima, imperatore malvagio, è stato imprigionato dalle 7 divinità. Dopo 7 secoli di reclusione finalmente l’imperatore è di nuovo libero, ma per completare il rituale di ritorno ha bisogno del figlio del re Kandar, che non solo viene derubato della prole, ma viene anche barbaramente ammazzato (perchè no). Le 7 divinità però intervengono riportando in vita il giovane re e aiutandolo a recuperare suo figlio e sconfiggere infine Zaraiima. Ricolma di clichè, ma è pur sempre un abbozzo di trama che va ben oltre ciò che è necessario a convincerci ad ammazzare caterve di mostri.
Cast of The Seven Godsends è sostanzialmente un action-platform in due dimensioni in cui potremo solamente saltare e sparare, cercando di arrivare indenni alla fine di ciascuno dei 7 livelli previsti. Disseminati lungo il percorso, irto di pericoli, troveremo anche dei potenziamenti, come armature e armi che ci faciliteranno, nei limiti del possibile, la vita. Ottenuti due power-ups consecutivi senza venire colpiti, riceveremo l’aiuto di una delle 7 divinità, che ci fornirà i suoi poteri. Uno degli elementi cardine del gioco che risulta essere però anche un serio punto debole, in quanto avere o non avere il potere divino a disposizione cambierà radicalmente la difficoltà degli scontri, soprattutto con i boss, scontri che potranno rivelarsi una passeggiata o una lotta ai limiti della frustrazione. Molto frustrante anche la risposta ai comandi, soprattutto per quanto riguarda il salto, visto che sono presenti parecchie sezioni platform dove il tempismo è fondamentale per la sopravvivenza. Molti salti, ahinoi, termineranno con la nostra ingiusta morte proprio a causa di questo problema, aumentando ulteriormente le difficoltà che dovremo affrontare per raggiungere il boss di fine livello. I boss, in totale, sono 12 (in ogni livello ce n’è uno a metà e uno alla fine), e per quanto ben realizzati soffrono inevitabilmente il gameplay sbilanciato generale, risultando al contempo imbattibili o innocui a seconda del potenziamento fortuito con cui siamo equipaggiati.
Tecnicamente parlando…
Il team di sviluppo nostrano che ha sviluppato il titolo è composto da 3 persone e chiaramente ciò nel prodotto completo si nota. A partire dal comparto grafico, ovviamente ispirato al passato, decisamente amatoriale e personalmente sgradevole proprio a livello artistico, esempio cruciale la scelta del font per l’interfaccia. Passando oltre il lato artistico del titolo non è possibile non notare l’evidente frame rate ballerino che salta, a piacimento, dai 30fps ai 60fps, dando l’idea che il gioco letteralmente vada al rallentatore nel primo caso, per poi aumentare repentinamente di velocità nel secondo. Un difetto davvero inaccettabile per un titolo che fa del tempismo e della precisione uno degli elementi chiave. Per quanto riguarda la longevità, infine, è bene sapere che non è possibile salvare la partita: come un vero e proprio coin-op il titolo va portato a termine tutto d’un fiato, in un periodo di tempo che va, a seconda della difficoltà scelta e delle vostre abilità, da un minimo di 2 ore fino anche a un pomeriggio intero.