Le proprietà intellettuali funzionano in un modo strano negli Stati Uniti, di questo penso ce ne si fosse già resi conto. La notizia che la richiesta di coprire con diritti d’autore la parola “candy” portata avanti da King.com a febbraio 2013 sta sostanzialmente venendo accolta porta però il tutto ad un livello inedito. La notizia è stata scoperta da Gamezebo e riportata da Kotaku, per poi finire ovunque.
Lasciatemi iniziare con l’assegnazione del giusto premio all’Ufficio Brevetti americano e a chiunque lì dentro abbia potuto pensare che fosse una richiesta sensata da approvare.
Ora, cosa significa tutto questo.
Per prima cosa, tutto ciò vale solo ed esclusivamente negli Stati Uniti. In Europa un accaparraggio così selvaggio di diritti d’autore e registrazione di brevetti non è all’oggi possibile, anche per via della differenza di fondo sulle leggi che regolano il copyright alla radice.
Questa non è neanche la prima volta in assoluto che si cerca di coprire col copyright una normale parola, e non è neanche la prima volta nel mondo dei videogiochi. Bethesda aveva cercato di affermare di possedere i diritti di “scrolls”, e “edge” è stata contestata ad EA per Mirror’s Edge dal fondatore di Edge Games, pur avendola alla fine persa. Questo caso per certi versi è simile, dato che tra la richiesta di vedersi assegnato un copyright e l’applicazione di tale norma alla realtà c’è una bella distanza.
In teoria il copyright copre l’uso della parola in qualsiasi contesto e con qualsiasi scopo, ma solo a patto che si possa dimostrare che il suo utilizzo è appunto una “copia” di quello fatto prima da chi è detentore dei diritti. In pratica, non è illegale usare il termine “candy”, è illegale “copiarlo” da un prodotto di King.com. La differenza è, come si evince, molto sottile, e dà spazio ad una sconfinata zona grigia. E le zone grigie sono terreno di caccia per gli avvocati, avvocati che non tutti possono permettersi.
Gli avvocati di King hanno già fatto reclamo ad Apple per la presenza di così tanti altri giochi nell’Apple Store contenenti nel titolo la parola “Candy”, e Apple ha già inoltrato i reclami ai singoli sviluppatori. È evidente che il senso di tutta la mossa è proprio questo, cercare di eliminare o obbligare a cambiare nome tutti i giochi nello stesso mercato di Candy Crush Saga per “evitare dispersione” coi titoli e fare contemporaneamente in modo sia che chi magari cercando Candy Crush capiti in qualcos’altro sia l’opposto, ovvero che cercando “candy” l’unico risultato o quasi sia il loro gioco.
Il copyright, come ho già spiegato, non “brevetta la parola” (il brevetto è una cosa molto diversa, non è applicabile a lemmi, solo a strutture concettuali astratte, e soprattutto non è in teoria brevettabile qualcosa di cui c’erano già dei precedenti, anche se non brevettati a loro volta), ma ne protegge la copia. King non riuscirebbe mai ad averla vinta con tutti coloro che hanno pubblicato il proprio gioco prima di Candy Crush, per la semplice ragione che è impossibile copiare qualcosa che ancora non esiste, come avrà davvero molte difficoltà a portare a termine le cause con tutti quelli che fanno un uso del termine palesemente sconnesso da quello del gioco in questione (in pratica, chi ha un gioco che non è esso stesso una mezza copia di Candy Crush Saga). Sarebbe poi impossibile anche solo provare a colpire grandi multinazionali (es. Sony e Microsoft), perché nella battaglia dei brevetti i loro portafogli sono di sicuro abbastanza forniti da far passare la voglia a King di provarci; in sostanza, molti grandi gruppi vivono una sorta di guerra fredda che non scoppia perché altrimenti tutti avrebbero da pagare a tutti, per una ragione o per un’altra, da tanto che è facile infrangere qualcosa e da quante proprietà intellettuali i gruppi più grandi detengono.
Ciò nonostante, molti piccoli studi e semplici privati senza i mezzi legali a disposizione di King.com potrebbero semplicemente decidere che il gioco non vale la candela, e quindi pur sapendo di essere nel giusto legalmente parlando potrebbero decidere che rinominare il proprio prodotto sarebbe la via più facile per evitare problemi e spese che non sarebbero in grado di sostenere.
Insomma, in definitiva altre stangate in vista per il settore indie dei videogiochi in USA, e di conseguenza per i videogiocatori americani. Paese della Libertà, noi qui ci teniamo ben strette le legislazioni europee.