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Hogs of War – “Sei innamorato, soldato?”

Il maiale è diventato sporco solo in seguito alle sue frequentazioni con l’uomo. Allo stato selvatico è un animale molto pulito“, recita una citazione di Pierre Loti. Chissà se la conosceva Bruno Bonnel, l’ideatore di Hogs of War.

 

Il gioco di oggi non è stato l’inventore di nulla e non spiccava per ragioni tecniche, artistiche o narrative; e per questo è stato dimenticato. Resta un titolo divertente, spassoso e intelligente; e per questo ho deciso di parlarne.

 

Niente di nuovo sul fronte occidentale…
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Hogs of War si basa su una meccanica particolare e non tanto diffusa che non ha mai finito per fare genere a sé, quindi per spiegarvelo a dovere dovrei imbottigliarmi in una discussione molto complicata e difficile da seguire. Visto che però sono pigro prenderò una strada molto più semplice.

Confido che sappiate tutti cos’è Worms. Voglio dire: Worms. Se oggi avete più di 18 anni e non avete mai giocato a Worms 2 o a un suo derivato è ufficiale, non avete avuto un’infanzia. Accidenti, c’è persino per Android. E tra l’altro sono ancora qui che mi chiedo perché invece che parlare un po’ di quello tutti spendono tempo e fiato rincorrendo giochini insulsi e mal fatti (la durata della cui fama è paragonabile a quella di Kesha), ad esempio quel mono-comando sviluppato in tre giorni con gli assett mezzi rubati da Super Mario Bros. 3 e il gameplay da quest’altro gioco ignoto. Ah, sì, giusto: perché la realtà è stronza.

Beh, per dirla in breve, Hogs of War è Worms 2 (o Armageddon, o World Party, o Reloaded che dir si voglia), solo in 3D, con anche dei veicoli, dove l’acqua toglie vita fintanto che la si attraversa invece che uccidere sul colpo e coi vermi rimpiazzati da maiali.

Bene, il mio lavoro è finito. Alla prossima.

 

 

Ok, ci ho provato.

Sul gameplay, però, ho davvero poco altro da aggiungere: si gioca a turni, durante i quali ognuno controlla uno dei propri maiali, con l’obiettivo di uccidere quelli avversari, e il turno termina quando si usa un attacco o quando il tempo scade (o se si è così cretini da farsi abbastanza male da soli). È veramente Worms, anche se con un arsenale leggermente diverso e ovviamente delle dinamiche adattate alla struttura 3D.

So che da un certo momento in avanti Worms stesso è diventato in 3D; la differenza è che se quella di Worms sembrava più che altro un’ultima spiaggia, del tipo “oramai non sappiamo più cosa inventarci e non abbiamo neanche più tanta voglia di provarci”, Hogs of War è un gioco visibilmente costruito apposta per essere giocato così, e per questo secondo me anche meglio bilanciato e con un senso proprio ben maggiore, nonché meglio piazzato nella propria epoca. Insomma, forse gli ultimissimi Worms sono più raffinati e curati, ma Hogs of War ha decisamente molta più anima.

 

**Qui non servono commenti**

 

Questa formula colpisce per la semplicità e il modo in cui chiede comunque al giocatore una discreta intelligenza tattica. Se le cose fossero facili chi inizierebbe per primo vincerebbe e basta; ovviamente non è così. Come in Worms varie armi funzionano in modi diversi: alcune sparano sempre dritto, altre hanno una traiettoria ad arco e una forza regolata da una barra da fermare al momento voluto, altre ancora si piazzano e poi esplodono dopo un certo tempo oppure per prossimità; bisogna poi ragionare non solo in termini di danni inflitti, ma anche di dove si andrà a spedire il nemico, nel caso di armi che generano esplosioni o spinte, e che chi spara non subisca contraccolpi.

L’acqua è diversa da quella di Worms perché come ho detto è attraversabile, anche se nel farlo si perde vita ad un ritmo sostenuto. Spedire qualcuno in acqua è quindi ancora tendente al fatale, ma in certi casi si possono prendere alcuni rischi calcolati, e vista ovviamente la differente conformazione della mappa (che non è scavabile e che non si trova “sopra” l’acqua, ma che ne contiene delle zone sparse in qua e là) è un bene, e il risultato finale è molto bilanciato.

Non possono mancare i rifornimenti. Piovono spesso sul campo delle casse contenenti armi o vita, chex il primo che le raggiunge si prede. Dato che normalmente ogni turno ha anche un tempo limite diventa importante decidere quanto impiegarne cercando di raccogliere nuovo equipaggiamento, col rischio di passare il controller all’avversario con un proprio maiale in una brutta posizione o di non riuscire neanche ad attaccare affatto prima che l’orologio raggiunga lo zero.

 

“Muori, porco tedesco!”
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Entrambe le versioni esistenti (PS1 e PC) permettono sia di giocare partite libere, con giocatori, mappe e regole completamente arbitrarie, sia di imbarcarsi nella campagna, che per una volta si chiama così a ragione, dato che è effettivamente una campagna militare.

Il background di Hogs of War è molto basilare, ma non per questo stupido: gli eserciti di sei nazioni sono in competizione per conquistare Maialustralasia e i suoi ricchi giacimenti di sbobba. Il gioco è tutto una caricatura in veste tragicomica della Prima guerra mondiale, e i nomi degli stati fittizi tra cui bisogna scegliere rimandano dichiaratamente a Paesi reali: Hot Hogs (inglesi), Cochon (francesi), New Porkers (americani), Portostroika (russi), Krautentruppen (tedeschi) e per finire Suini Bellici (italiani).

Oltre che nell’ambientazione e negli equipaggiamenti la cosa si percepisce  nei “filmati di addestramento” che vengono riprodotti ogni tot di missioni, che fanno di gran lunga il lavoro migliore nel ricalcare e allo stesso tempo prendere in giro la reale propaganda degli eserciti coinvolti nel conflitto del ’14-18. Alcune frecciatine sono incredibilmente intelligenti e ben piazzate, ma temo che solo chi di suo sa qualcosa della reale epoca storica riuscirà a coglierle.

 

Forse non tutti sanno che la versione inglese di Hogs of War presenta alcune differenze da quella italiana. In primo luogo, i nomi di tutti gli eserciti erano diversi, e usavano altri giochi di parole sempre per rifarsi agli stessi Paesi: gli inglesi erano i “Tommy’s Trotters”, i francesi i “Garlic Grunts”, gli americani gli “Uncle Ham’s Hogs”, i russi i “Piggystroika” (l’unico nome rimasto uguale, solo effettivamente “tradotto” in italiano), i tedeschi i “Sow-A-Krauts” e gli italiani… non c’erano affatto, perché in tutto il mondo tranne che da noi il sesto esercito era quello del Giappone (in inglese, “Sushi Swine”). Se ci fate caso, infatti, dopo ogni vittoria conseguita nella campagna coi Suini Bellici il giornale sullo sfondo è scritto in Giapponese, lascito della versione originale che i traduttori non hanno probabilmente avuto modo di cambiare.

L’iper-caratterizzazione dei vari eserciti comunque c’era in inglese e rimane molto evidente anche nella nostra versione, con tante battute che non possono che fare sorridere. Ovviamente il meglio si ha coi maiali italiani, ognuno distinto da accenti ed espressioni regionali molto marcate, se non altro perché per gli altri si fa ironia sui tratti stereotipati del paese, ma non c’è tanta varietà. Non ho una lista e non voglio andare troppo fuori argomento, ma fidatevi che solo per quello varrebbe la pena di provare il gioco.

 

QUESTA l’hanno veramente azzeccata, glielo concedo

 

La campagna è arricchita da tanti dettagli interessanti, ad esempio il fatto che si possono promuovere e quindi potenziare i propri uomini man mano che si vincono le parite, ma non è esattamente una passeggiata, anche e soprattutto perché ogni maiale vi può morire un numero massimo di volte prima che lo perdiate per sempre, obbligandovi ad andare avanti con reclute probabilmente non potenziate. Sì, potete ripetere una partita tutte le volte che volete, ma ottenere sempre un risultato perfetto senza subire perdite andando avanti diventa parecchio difficile, obbligando ad essere iper-cauti all’inizio e a risicare le migliori vittorie possibili alla fine.

 

 

Sul versante grafico non credo servano discorsi particolari. È un gioco del 2000. Si vede. Ma si vede anche che la grafica è il più possibile pulita e chiara. Insomma, siamo talmente lontani da quegli anni che penso che solo chi non si fa affatto problemi per giochi tecnicamente molto arretrati non avrà nulla da dire, ma che quelle persone troveranno un titolo molto pulito e colorato, anche se innegabilmente spigoloso.

Per l’audio vale lo stesso giudizio: le musiche sono adatte e orecchiabili, anche se alla lunga diventano ripetitive, gli effetti sonori sono quel che sono e il doppiaggio italiano è valido, anche se si sente che (come succedeva spesso) ci sono pochi doppiatori che si ripetono molto, tutti comunque decisamente capaci.

Insomma, l’importanza degli aspetti tecnici in un gioco del genere lascia il tempo che trova, e penso che chi è interessato al gioco in sé e al suo senso dell’umorismo non si farà particolari problemi se le texture sono stiracchiate e gli alberi in due dimensioni.

 

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
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In definitiva, non credo che provandolo oggi per la prima volta rimarreste “stupiti” dal gioco in generale, ma è indubbio che della qualità c’è, e che non è difficile vederla. Se conoscete Worms non dovreste avrete molte difficoltà a capire Hogs of War, e l’umorismo di cui è pervaso è altrettanto, se non maggiore e meglio caratterizzato, di quello del precedente e più famoso titolo di Infogrames. Ma, d’altra parte, la stranezza della formula unita ad un ambiente e a dinamiche 3D non proprio user-friendly potrebbero far tentennare molti che devono imparare per la prima volta, e – vista la difficoltà – anche parecchio in fretta se vogliono andare da qualche parte.

Per questo: sì, vi consiglio il gioco, ma posso perfettamente capirvi se decidete di lasciar perdere. Questo treno potrebbe essere passato un po’ troppi anni fa per cercare di riprenderlo oggi.

 

Proprio per questo motivo vi ho trovato un video che unifica tutte le cinematiche di gioco, in italiano. Io lo lascio qui. Vedete voi cosa farne.

 

 

A presto.