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Candy Crush Saga vuole anche la parola “saga”, causa intentata a The Banner Saga

Con la notizia di ieri che King.com, il sito dietro a Candy Crush Saga, stava cercando di dimostrare di possedere i diritti d’autore sulla parola “Candy” e di far cancellare o rinominare tutti gli altri giochi nell’Apple Store a contenerla nel nome credevo avessimo toccato il fondo. Beh, ora stiamo scavando.

 

In meno di un giorno King.com si sta allargando, e a quanto pare i suoi avvocati stanno intentando una causa conto The Banner Saga per il fatto che contiene la parola “Saga” nel nome. Ad accorgersene è stato qualcuno su NeoGAF, che ha riportato integralmente il contenuto della denuncia. Per farla breve, le motivazioni portate avanti dagli avvocati di King sono che a fronte di un intero catalogo appartenente al sito con nomi che terminano in “Saga” la presenza di un altro gioco della stessa “fascia” e simile per tutta una sarie di ragioni tecniche che ha anch’esso il nome terminante in “Saga” potrebbe portare i clienti a fare confusione, e in sostanza “rubare mercato” ai titoli di King cercando di mascherarsi come uno di essi.

Ancora una volta è evidente che l’unico obiettivo di King è quello di far sparire dal nome di qualsiasi gioco suo concorrente parole che compaiono anche in quello del proprio gioco di punta, per attirare sempre più persone con il sistema di ricerca, e riuscire a colpire un gioco così in vista come The Banner Saga potrebbe bastare a spaventare tutti i produttori più piccoli e a metterli in riga con facilità.

 

A quanto pare, in ogni caso, il termine “Candy Crush Saga” non sembra essere a sua volta registrato, e questo potrebbe giocare a favore di Stoic (il team di The Banner Saga). I diritti d’autore non sono come un brevetto, non necessitano di deposito per esistere (in sostanza, se mi invento una parola e vendo un prodotto con quel nome posso dire di possederne il copyright anche se non sono andato in nessun ufficio a depositare nulla, basta dimostrare che sono stato io il primo ad usarla), ma l’assenza di una richiesta formale e di un conseguente riconoscimento previo questa causa di sicuro non rende le cose più semplici per King.

Agli sviluppatori di The Banner Saga comunque basterebbe, per esempio, convincere il giudice che il nome del loro gioco deriva dalla tradizione nordica o da qualche gioco simile precedente a cui hanno voluto rendere omaggio; questo in teoria renderebbe infondate tutte le pretese di King, perché come spiegavo nell’articolo di ieri il copyright non rende reato l’uso di qualcosa in assoluto, ma la copia di un altro modo in cui era già stato usato.

 

Il punto comunque non è questo; Stoic dovrà ingaggiare uno o più avvocati per difendersi, ed essendo uno sviluppatore con un minimo di notorietà e il cui gioco ha venduto parecchio probabilmente avrà i soldi per farlo. Ma… tutti gli altri, quelli più piccoli, realizzatori di sconosciuti giochi con le uniche colpe di contenere la parola “Saga” nel titolo e di essere venuti dopo il primo gioco di King a possedere quella parola? Loro potrebbero non poterselo permettere un avvocato, e comunque potrebbe non convenirgli cercare di combattere la battaglia in tribunare, e se si va avanti così finiranno per cambiare il nome ai loro giochi per evitare problemi.

King sta aprendo un bruttissimo precedente, che mi auguro nessun altro nell’industria abbia la faccia tosta di proseguire, o ci troveremmo costantemente davanti a cause congiunte intente a smontare qualsiasi gioco di piccole dimensioni con un nome in qualsiasi modo riconducibile a titoli più famosi, o anche solo appartenenti ad aziende più forti. Activision, Ubisoft, Electronic Arts, Take Two, Capcom, Konami, Square Enix, Sega, Microsoft, Sony e Nintendo, messi insieme, potrebbero in linea teorica avere da ridire praticamente contro qualsiasi titolo. Ma quello è il caso limite; pensiamo anche solo al campo mobile e casual: Zynga, di nuovo EA (il cui ramo EA Mobile nel 2012 era il più fornito in assoluto sul mercato), Gameloft, Disney Mobile, Namco Bandai… l’elenco è lungo, ed è ancora più lungo quello dei nomi di giochi di loro proprietà.

Speriamo che la cosa cada qui e non inizi man mano a trasformarsi in usanza comune, ma per essere al 100% sicuri che questo sia l’esito serve un precedente legale, cioè il tribunale deve decretare chiaro e tondo “il fatto che una comune parola appaia nel titolo di un videogioco non può in nessun modo impedire ad altri di usarla nei titoli dei loro giochi”. In ballo potrebbe esserci più di quanto molti si rendono conto, quindi cercherò di seguire la causa il più attentamente possibile.